I personaggi di G. K. Chesterton: il poeta 4 – Il Poeta e i Pazzi
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La differenza tra gli atei e il pazzo è solo una differenza di grado. Addirittura la differenza è data solo dalla maggiore coerenza del pazzo. Essi hanno perso il significato della legge morale, egli ha perduto anche il rispetto della stessa. Per entrambi il mondo non è più il Creato, col suo ordine intrinseco e le sue leggi trascendenti; è diventato il mondo imbecille, in cui McJan sentiva che era impossibile vivere. I razionalisti non se ne sono ancora accorti, ma il loro mondo è folle. Il pazzo vive già questa condizione di insensatezza; l’omicida ha rettamente compreso che se Dio non c'è, tutto è lecito. Come constatava Elliot nei suoi “Cori della Rocca”, senza Dio non restano agli uomini che i tre dei: "L'Usura, la Lussuria e il Potere".
Tra il poeta e i pazzi c'è invece una somiglianza solo superficiale. Mentre il pazzo è immorale, il poeta, come l'innocente, è solo non convenzionale: “Ma sino a tanto che non avesse cattive intenzioni, non gli veniva neppure in mente il pensiero che vi potesse essere, in quello che stava facendo, qualcosa di cui vergognarsi”. (GKC, Il Poeta e i Pazzi, pp.105 e 106).
Il poeta vive in un mondo che non è quello prosaico, di tutti. Poiché vede le cose con realismo più profondo, l'esistenza gli appare non piatta ma tridimensionale: le cose non possiedono solo più la piatta banalità dell'uso. In questo il poeta è simile al pazzo.”Sono simile a lui [...] Ma sono diverso perchè grazie a Dio di solito riesco a trovare la via del ritorno. Il pazzo è colui che smarrisce la via e non sa più ritornare”. (Ibidem, pag. 65).
Il pazzo e il poeta vivono in un mondo che è "altro"; altro rispetto ad un mondo che è pensato avere in sé il proprio significato. Né l'uno né l'altro accettano i significati convenuti e per questo sono strani, estranei.
Ma mentre il pazzo vede il mondo nella sua insensatezza, dimostrandosi già più acuto dei razionalisti, il poeta vive nel mondo dei significati, mostrando a sua volta l'errore del folle. Il mondo non ha in sé il suo senso, e tuttavia non ne è privo. Come un segno, esso ha il suo significato in altro. Il significato lega l'Altro mondo al nostro, ed è la via che conduce il poeta dall'uno all'altro. Questo mondo che non può trovare in sé la sua spiegazione ultima, ha bisogno di qualcosa che lo completi. Tutti i poeti di Chesterton ripetono la medesima intuizione di Syme: noi vediamo solo il retro dell'arazzo e per questo i fili non si uniscono a formare un'immagine definita: l'immagine c'è, solo che è dall'altra parte. "Posso confidarvi un segreto?[...] Il mondo è capovolto. Siamo tutti capovolti. Siamo delle mosche che strisciano su un soffitto, ed è soltanto per una incessante azione della Misericordia di Dio che non precipitiamo". (Ibidem, pag. 32).
E' la versione di Gale della intuizione di Syme ne “L'uomo che fu Giovedì”: ed è anche l'intuizione che in tono pessimistico (e arbitrariamente pessimistico) svolge un poeta reale: così Montale in una sua poesia (E. Montale, Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1995, VI ris.):
“Forse un mattino andando in un aria di vetro
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, si accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi, ed io me ne andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto”
Se il mondo non è sufficiente in sé, esso o non esiste (cioè non ha valore, è ostacolo da superare come per il falso infinito di Lord Ivywood; oppure è sogno e arbitrio come per il pazzo, o inganno come per Montale, o semplice mezzo per l'affermazione di sé, come per il reo) o è alla mercé di Dio, sospeso a Dio, che ne è l'equilibrio, come Gale vede “Tutti gli uomini sospesi alla mercè di Dio” (GKC, Il Poeta e i Pazzi, pag. 33).
La occasionale stravaganza del poeta nasce dal cogliere qualcosa in più nel reale, che se fosse colto anche dagli altri, giustificherebbe quelle tra le sue azioni che scandalizzano i benpensanti perchè infrangono le abitudini, che non sono che significati arbitrari che surrogano nei più l'intuizione di quelli veri.