I personaggi di G. K. Chesterton: l’ateo 3 – La debolezza filosofica dell’ateismo
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Questa è la differenza profonda tra l'ateo e l'indifferente. Entrambi vogliono che Dio sia scacciato dalla Sua creazione, ma per l’indifferente questo è un fatto già accaduto, privo di ragioni, non drammatico, una sostanziale accettazione del mondo, e quindi anche del suo male, per i propri fini di potere e di vantaggio. L'ateo vuole invece motivare la sua negazione, vuole che le sue ragioni siano ascoltate ed intese: la sua protesta contro Dio è una protesta contro il creatore per il male che permette. Il suo è un atto d'accusa a Dio, affine a quello di Giobbe, ma tinto dell'orribile presentimento che forse veramente Dio non c'è e l'uomo è solo nel suo mondo malato, è malato esso stesso, piagato dal Male, impotente davanti al Male del mondo. La consistenza profonda dell'ateismo di Turnbull è l'indignazione. Il suo ateismo è un tentativo della ragione di costituirsi senza Dio e di impadronirsi del mondo per sradicarne il male. Egli nega Dio come condizione per affermare l'uomo, la sua dignità, la sua ragione sola. Un tentativo destinato a fallire, perché è Dio la condizione che fa essere la ragione. L'inferiorità stessa, dal punto di vista filosofico, di Turnbull viene alla luce quando i due decidono di discutere (in una sorta di duello verbale) i rispettivi credi davanti ad una birra in una osteria. L'ateo non è un pensatore, benché possa essere, come Turnbull, un erudito. Egli non conduce fino in fondo i suoi pensieri, e così non si accorge delle contraddizioni in cui si involve. La discussione prende origine dall'esistenza della Natura, adorata da uno dei personaggi in cui si imbattono. E' sufficiente seguirla per poco per documentare ciò che dicevamo sulla debolezza filosofica dell'ateo: "Non credo alla Natura così come non credo ad Odino. La Natura è un mito; ed io non solo nego che essa ci guidi, ma non credo alla sua esistenza.[..] Sì, in senso rigoroso la Natura non esiste" (GKC, La Sfera e la Croce, pag. 113), afferma Turnbull, e motiva la sua asserzione osservando che è impossibile decidere dove finisca l'azione della Natura, perchè l'uomo che agisce sulla Natura, deviandola, è esso stesso un suo prodotto. MacJan riprende questa osservazione, osservando che se l'uomo può deviare il corso della Natura, ugualmente può fare Dio, compiendo atti sovrannaturali. Ciò fa insorgere indignato Turnbull:
"Ben inteso che il Sovrannaturale" disse "E' tutta un'altra cosa. E' molto più semplice, il Sovrannaturale non esiste".
"Giustissimo" ammise MacJan con aria stanca "avete detto la stessa cosa del naturale. Se il naturale non esiste, evidentemente non può esistere nemmeno il Sovrannaturale".
E nascose un leggero sbadiglio. Turnbull replicò rapidamente mentre un leggero rossore gli invadeva le guance
"Il ragionamento è carino, non lo nego; ma tutti sanno che c'è una differenza tra le cose che in realtà si producono abitualmente e quelle che non si producono mai. Ciò che è in contraddizione con le leggi della Natura..."
"...Che non esistono" interloquì MacJan mezzo addormentato. Turnbull picchiò con forza la mano sul tavolo gridando: "Iddio del Cielo!"
"...Che non esiste" mormorò in un soffio MacJan”. (Ibidem, pag. 114)
La stanchezza di MacJan è la stanchezza del filosofo, abituato ad un sistema di pensiero rigoroso, davanti ad un discorso che non conduce a nulla e cambia le sue premesse a seconda delle conclusioni che vuole raggiungere, senza curarsi dei rapporti che intercorrono tra di loro fuori della contrapposizione polemica, così che si nega l'esistenza delle ferree leggi di Natura, in accordo con le conclusioni degli scienziati e le simpatie degli spiritisti, ma le si riammettono prontamente quando si tratti di negare il miracolo cristiano: così che gli angeli sono una ridicola fola, ma la levitazione dei medium è ritenuta ragionevole espressione della superiorità dell'uomo sulla Natura materiale.