I personaggi di G. K. Chesterton: assassini & co 3 – Una mente ristretta
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Una intelligenza limitata erra perché concentra tutte le sue aspettative di felicità in un fine inadeguato: “Non c’è niente di male ad avere delle ambizioni, soltanto che egli aveva delle ambizioni e le chiamava ideali“. (GKC, I racconti di Padre Brown, pag. 829)
La differenza tra l’ambizione e l’ideale che rende così foriero di cattive conseguenze il confonderle è che l’ambizione non ha il carattere della totalità, che ha invece per sua natura l’ideale. L’ideale è sempre totalizzante, l’ambizione è per sua natura circoscritta ad un certo ambito della vita. Trasformare una ambizione in un ideale vuol dire restringere, costringere l’intera vita in un ambito solo di essa, censurando gli altri e facendo di un particolare il tutto.
Infatti, la fatica che Padre Brown fa per catturare questo tipo di colpevoli deriva proprio dalla censura alla propria intelligenza cui deve soddisfare per immedesimarsi in loro, per attuare la loro stessa drastica autoamputazione: “La difficoltà in questi casi, consiste nel fatto che voi dovete restringere il campo della vostra mente [...] Nel momento in cui mi rendo conto delle intenzioni di una mente ristretta, io so già dove cercare il colpevole“. (Ibidem, pagg. 752-753)
Per questo motivo, i colpevoli sono spesso e più facilmente persone insospettabili nel senso che sono agli occhi della società rispettabili borghesi, perfettamente integrati nella società, non quelli che ai giorni nostri definiremmo emarginati. Non sono i poveri, ma i ricchi, quelli da cui bisogna guardarsi.
“L’ultima persona alla quale avrei pensato”, disse Devine.”La prima alla quale io pensai”, disse Padre Brown, “e tuttavia sarebbe stato giusto sospettare di chiunque. Amico mio, non vi sono buoni o cattivi soggetti o professioni. Qualunque uomo può essere un assassino come il povero John; qualunque uomo, anche lo stesso uomo, può essere un santo come il povero Michael. Ma se vi è un tipo che tende, a volte, a essere più empio di un altro, questo deve essere quella specie di uomo d’affari piuttosto brutale. Egli non ha idee sociali, per non parlare di religione, non ha le tradizioni di un gentiluomo né la fedeltà ad una classe di lavoratori. Ogni volta che John si vantava di aver fatto un buon affare, praticamente si vantava di aver truffato qualcuno.” (Ibidem, pag. 636)
Ne “Il rapido“ abbiamo un omicidio, un avvelenamento commesso da un rappresentante in un locale pubblico approfittando del fatto che il bancone rimaneva spesso privo di inservienti a causa dei lavori di ristrutturazione. Fin da quando vi entra, Padre Brown osserva che è una situazione ideale per un delitto.
L’assassino viene smascherato solo perché mentre si trovava dietro il banco, nei pochi secondi occorrenti per sostituire una bottiglia con quella avvelenata, un avventore è entrato e ha chiesto di essere servito, scambiandolo molto naturalmente per l’addetto al bar. Il suo bicchiere rimane sul bancone e viene notato da Padre Brown che comprende che egli è l’unico che abbia visto l’assassino e possa riconoscerlo. Anche qui l’assassino è il più insospettabile dei molti sospettati e il suo movente è coprire un imbroglio commerciale che la vittima stava per denunciare. Dopo il suo arresto il poliziotto amico di Padre Brown chiede: “Avete sospettato subito di Jukes?” “Beh, aveva un’aria troppo ricca”, rispose vagamente Padre Brown, “Sapete bene quando uno ha una voce ricca...io mi sono chiesto come mai costui poteva avere una voce così disgustosamente ricca, mentre tutti i suoi onesti colleghi l’avevano abbastanza povera. Ma credo di aver capito che era un imbroglione non appena gli vidi quella spilla luccicante sul petto.””Volete dire perché era una spilla falsa?” chiese Greenwood ancora dubbioso.”Oh, no. Perché era vera” disse Padre Brown“. (Ibidem, pag. 797)
Anche in questo caso, la premessa del delitto è uno squilibrio che lo precede, il mettere davanti a tutto il successo.