I personaggi di G. K. Chesterton: il maniaco 2 – Discorsi astratti
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Il maniaco non riflette, schematizza.
Egli non cerca d’altronde di comprendere i motivi del duello o le convinzioni dei duellanti: ogni volta che McJan o Turnbull intervengono egli affibbia loro una etichetta e riprende il suo discorso propagandistico senza mai entrare nel merito della obiezione.
“Naturalmente, uno di voi è giovanissimo e l’altro è un romantico. Ebbene: sapete cosa dico sempre alla gioventù, io?”. (GKC, La Sfera e la Croce, pag. 83) esordisce; e già la prima schematizzazione vacilla, perché Turnbull non è giovane e deve essere assimilato a questa categoria con il ricorso al suo supposto romanticismo.
“I giornali scrivono che voi vi volete battere per qualche cosa che ha una certa attinenza col cattolicesimo romano. Ma sapete voi che cosa dico sempre io ai cattolici romani?” (Ibidem, pag. 84) continua il predicatore. Quando MacJan corregge la sua affermazione operando una distinzione tra due realtà che egli faceva equivalere “Ah, voi siete un casista” disse l’omaccione scuotendo la testa “E sapete voi che cosa dico sempre io ai casisti?” (Ibidem, pag. 85)
Insomma, il suo atteggiamento è tale che egli sembra non entrare mai in rapporto con chi ha davanti ma solo con un’idea astratta, colta come pretesto per ripetere l’ennesima volta un discorso del tutto teorico preparato a tavolino con le sue diverse varianti a seconda del destinatario. La sua incapacità di rapporto e di comprensione reale non è per nulla casuale: è frutto di quel bizzarro connubio di teorie che egli professa. Il rifiuto della violenza fino al rifiuto del confronto e il rifiuto dei dogmi ovvero delle certezze si radicano l’uno nell’altro, per quanto il primo sia privato dal secondo di ogni possibile fondazione. Il maniaco è colui che non sa tenere insieme tutti i fattori della realtà e ne sceglie uno, affermandolo contro tutti gli altri. Il pacifista vuole sopra ogni cosa la pace; ma sacrificando tutto alla pace, egli sacrifica la pace stessa. La sua pace infatti, la pace che egli vuole non può essere per lui che una sorta di edulcorazione che toglie alle cose e ai concetti la loro identità, li snatura per poterli confondere e considerare simili, togliere l’opposizione tra loro privandoli dell’identità. Egli non vuole vedere, per usare una immagine biblica, il leone giacere accanto all’agnello; egli non sa concepire una tale unione e si accontenta allora di dire che la distinzione tra leone e agnello è solo frutto di un malinteso e che essi sono in realtà lo stesso animale. Il pacifista maniaco non sa concepire la pace che come unità nell’indistinzione. Egli è nemico di tutte le cose dai contorni precisi, come un fanatico, e di tutti i concetti definiti che ammettono distinzioni sottili. Quando MacJan distingue tra l’omicidio e lo spargimento di sangue, egli trova che sono le stessa cosa per cui si può usare il termine che si vuole. Non occorre litigare sulle parole, osserva e MacJan insorge: “Perché non litigare sopra una parola? A che servirebbero dunque le parole se non fossero così importanti da disputare per esse? E perché, allora sceglieremmo una parola piuttosto di un’altra, quando non ci fosse alcuna differenza tra loro? Se voi chiamate una donna scimmia invece di angelo, credete voi che non sorgerà un litigio da una parola? Se voi non volete discutere sopra la parole, su che cosa discuterete voi? Mi esprimerete il vostro pensiero muovendo le orecchie?”. (Ibidem, pag. 85).