I personaggi di G. K. Chesterton - Il politico 7 – Immanentismo, islamismo, progressismo e volontarismo
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E' la ricchezza la fonte della corruzione che stacca un uomo dalla sana tradizione del suo popolo. Dice Chesterton in “Ortodossia”:
“Sentirete eternamente [...] questa tesi: che l'uomo ricco non può essere comprato. La verità è che il ricco è comprato; è stato comprato, è comprato in quanto è ricco. [...] Un uomo che dipende dai lussi della vita, è un uomo corrotto, corrotto spiritualmente, corrotto politicamente, corrotto finanziariamente”. (GKC, Ortodossia, pag. 162)
La causa prima della debolezza di Lord Ivywood è dunque la sua ricchezza, la sua nascita aristocratica, il suo non essere membro vivo della tradizione, anzi il suo porsi attivamente contro di essa, perché essa separa e distingue. Causa prima, ma non causa tout court, o causa necessaria: non esistono per Chesterton cause necessarie e destini invincibili; e se Shakespeare poteva far sposare Romeo con la vecchia governante di Giulietta, gliene fosse venuto l'uzzolo, certamente Lord Ivywood poteva salvarsi, e poteva anche vincere (altrimenti che eroismo sarebbe quello dei buoni, dei sei protagonisti di “L'uomo che fu Giovedì” per esempio, se non fosse stato possibile per ognuno di essi essere davvero solo contro il male, e soccombere?). La sua caduta è segnata da un atto volontario, ha un momento preciso e un atto preciso, quando egli lascia il cugino Wimpole, membro del parlamento anch'egli ed amico dell'Osteria Volante, addormentato fuori dall'aula ove si discuterà della legge, mentre questi, vittima della famosa cena a base di ostriche, si era affidato a lui per non mancare alla assemblea e poter dire la sua parola in difesa delle osterie.
“Lasciando dietro a sé, non solo il dormiente, ma anche una sigaretta non accesa, il suo onore e tutta l'Inghilterra dei suoi padri”. (GKC, L’osteria volante, pag. 272).
Ribelle alla tradizione, anzi traditore anche della grandezza aristocratica dei suoi padri, Lord Ivywood cade vittima di una filosofia, che Chesterton giudicava l'esatto contrario del Cristianesimo, la sua negazione: la filosofia dell'immanenza. Immanentismo, islamismo, culto del Progresso e della Volontà formano un curioso miscuglio in Lord Ivywood.
“L'Est non è più l'Est e l'Ovest non è più l'Ovest. [..] L'Islamismo ha in sé la possibilità di divenire la più progressiva di tutte le religioni [...] Non è senza significato, io credo, che il simbolo di tale religione è il Crescente, qualche cosa che cresce. Mentre gli altri credi hanno emblemi che implicano più o meno una precisa finalità, per questo credo di speranza la sua stessa imprecisione è il suo orgoglio. E gli uomini cammineranno senza paura sopra nuovi e meravigliosi sentieri, seguendo la curva crescente...”. (Ibidem, pag. 100)
Il culto della volontà si esprime nella negazione dei limiti. Dell'islamismo piace a Lord Ivywood l'arte priva di forme determinate (a causa del divieto di effigiare Dio nelle sue creature), e l'adorazione del fato.
Negazione del limite e adorazione del fato potrebbero sembrare in contraddizione, ma in definitiva non lo sono: loro comune origine è la negazione di Dio, del Dio trascendente e Incarnato. Quando questo Dio sparisce dall'orizzonte, il mondo assume una valenza divina.
Allora nulla è male, come argutamente nota Chesterton:
“Se è vero, come è vero, che un uomo può provare un piacere squisito nello scorticare un gatto, un filosofo della religione non può che trarne una di queste deduzioni: o negare l'esistenza di Dio, ed è ciò che fanno gli atei; o negare qualsiasi presente unione tra Dio e l'uomo, ed è ciò che fanno tutti i cristiani. I razionalisti sembrano pensare chi vi sia una terza più razionalistica soluzione: negare il gatto”. (GKC, Ortodossia, pag. 22)
Questo è ciò che fa l'immanentismo: deifica il mondo, negando così il gatto, vale a dire la realtà del male.