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G. K. Chesterton – La vita 5 – Defensor Fidei

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
Si conclude con questa puntata la biografia di un personaggio straordinario

La conseguenza più importante del conflitto fu però, come avevamo anticipato, la morte del fratello Cecil. Fu un colpo gravissimo per Chesterton, tanto da muoverlo a scrivere e pubblicare una lettera, indirizzata ad uno dei fratelli Isaacs, dai toni durissimi ed assai insoliti per lui. Tutti quelli che lo conoscevano erano concordi nel riconoscere nella cordialità il suo tratto più caratteristico, e per quanto graffianti fossero le sue satire, esse sempre e quasi istintivamente seguivano la massima cattolica di colpire il peccato e non il peccatore.
Ci sembra il caso di inserire qui alcune parole su quello che viene definito l’antisemitismo di Chesterton. Molti hanno cercato di lavarlo da questa accusa, un po' semplicisticamente, affermando che era sentire comune ai tempi in cui viveva. Molti hanno cercato di farlo ancora più semplicemente attribuendolo alla nefasta influenza di Hilaire Belloc. In effetti l'amicizia tra i due durava dall'infanzia e la loro collaborazione intellettuale era tale, che Shaw prese a parlare del Chesterbelloc come di un essere unico, un animale favoloso con quattro gambe e quattro braccia, in cui la scalpitante parte anteriore era Belloc, e la restia parte posteriore era Chesterton. E' vero che Chesterton, ferratissimo quando si trattava di letteratura o di arte, nei suoi giudizi storici si lasciava spesso guidare dal più esperto amico, così come nel campo della politica. E' anche vero che se di antisemitismo si trattava, era una sorta di antisemitismo impersonale, poiché nella vita privata egli aveva molti amici ebrei. Personalmente non credo che si trattasse di un odio razzista quanto del congiungersi di due fattori, un giudizio sociologico che era forse in parte un pregiudizio, e un giudizio storico, che si dimostrò orribilmente esatto. Il suo giudizio dal punto di vista sociologico si basava sull'evidenza della diversità tra il popolo ebraico e quello inglese. Diversità priva di connotazione positive o negative; egli non faceva propria nessuna delle teorie che motivavano l'avversione agli ebrei con questa o quella causa storica: riandando ai tempi della scuola in cui si era fatto paladino dei ragazzi ebrei perseguitati dai compagni di scuola, osservava che nessun ragazzino, all'oscuro di storia, economia e sociologia, aveva mai avuto la minima difficoltà a distinguere tra ragazzini inglesi e ragazzini ebrei. Gli ebrei formavano, nel suo giudizio, un corpo riconoscibile all'interno del più vasto organismo nazionale; un corpo che aveva inoltre più affinità con gli altri analoghi, sparsi nelle varie nazioni, di quanto ne avesse con la nazione che abitava. Questa situazione rappresentava un pericolo, non solo o non tanto per la nazione inglese, quanto per gli stessi ebrei.
In qualsiasi momento questa distinzione, riconosciuta ma non ammessa, poteva sfociare in una aperta persecuzione, questo era il giudizio storico che si rivelò esatto. Se non si voleva la persecuzione occorreva che fosse chiara e ammessa la distinzione e chiari i motivi della convivenza: occorreva una politica di privilegi in Inghilterra, secondo la versione di Belloc; occorreva che gli ebrei avessero una loro nazione, era la soluzione di Chesterton. Non si può negare che le parole di Chesterton fossero a volte pesanti, specie quando il problema della presenza degli ebrei nella società si confondeva con il problema del predominio dell'alta finanza, in cui accadeva che fossero implicati molti ebrei. Ancor più, quando gli ebrei erano rappresentati dai fratelli Isaacs, coi quali fu effettivamente quasi feroce. La questione è complessa, ma certo è paradossale chiamare antisemita un uomo che avvisava del pericolo che di lì a poco, in modo orribile, si sarebbe rovesciato sul popolo ebreo. Chesterton non poté vedere l'enormità della tragedia, morendo nel 1936; ma mentre il mondo sembrava intenzionato a chiudere gli occhi, era l'"antisemita" Chesterton che scriveva
Sono agghiacciato dalle atrocità hitleriane. Alle loro spalle non vi è alcun motivo né alcuna logica. Si tratta, con tutta evidenza, dell’espediente di un uomo che dovendo cercare un capro espiatorio, ha trovato con sollievo il più famoso capro espiatorio della storia europea: il popolo ebraico. Sono più che convinto che, adesso, Belloc e io moriremo difendendo l'ultimo ebreo d'Europa”. (M. Finch, G.K Chesterton, Ed. Paoline, Milano, 1990, pag. 361).
La morte del fratello significò anche per Chesterton assumersi la direzione della rivista, lavoro che lo occuperà per il resto della vita. Dalla costola della rivista di Cecil e poi sua, “The Eye Witness” poi "The New Witness", che diventerà infine, con grande angoscia di Chesterton, "G.K.'s Weekly". nacque la lega distributista, un associazione che vedeva nella redistribuzione delle terre, confiscate dai latifondisti all'epoca delle "Enclosures", la salvezza dall'epoca industriale. Essa cercava di tradurre in pratica i principi della enciclica papale "Rerum Novarum". Tuttavia non c'era accordo tra i suoi membri su quale strada si dovesse seguire e la lega di cui il giornale era divenuto portavoce sembrava esaurirsi in stizzose e inconcludenti contrapposizioni interne, mentre il suo capo, Chesterton, non cessava di occuparsi esclusivamente dell’aspetto teorico, lasciando ai suoi seguaci di stabilire la rotta dal punto di vista pratico. La lega ebbe un certo successo soprattutto negli USA e in Canada, ma non sopravvisse al suo fondatore. Nel frattempo i Chesterton viaggiavano: giri di conferenze li condussero in Canada, due volte negli Stati Uniti, ove Chesterton era popolarissimo, in Irlanda, in Polonia, in Palestina e a Roma. Questi viaggi si traducevano in libri e articoli. Intanto Chesterton andava riflettendo su quel passo a lungo meditato. Per lungo tempo aveva tentato di convincere sua moglie; ma essa che pur lo seguirà nella fede cattolica, aveva i suoi tempi e non poteva certo cambiare fede solo per compiacere il marito. Tuttavia il confronto con lei chiariva a Chesterton i termini della questione ed infine nel 1922 egli compì il grande passo. La sua conversione al cattolicesimo segna tuttavia non tanto un cambiamento, quanto una definitiva sanzione di un processo insensibile che ha portato Chesterton sempre più vicino alla religione del successore di Pietro, tanto che poche differenze si possono trovare nei suoi scritti anteriori o posteriori a tale data. Non fu tuttavia un avvenimento indolore: ma la fase di entusiasmo e di raffreddamento dell'entusiasmo, le gioie e i pericoli che ogni convertito deve affrontare furono avvenimento personalissimo, che ebbe scarso influsso nella sfera del pensiero, nella quale già da tempo Chesterton si trovava in pieno accordo con l'ortodossia cattolica. Gli ultimi anni furono spesi in battaglie politiche e nello snervante sforzo di mantenere in vita il giornale, oltre che nella stesura di opere di più chiaro intento apologetico. Quando si spense il 14 giugno 1936, i giornali inglesi che ne dettero l'annuncio non vollero pubblicare per esteso il telegramma di condoglianze del Santo Padre perché in esso si attribuiva a Chesterton un titolo, quello di Difensore della Fede, che in Inghilterra spetta unicamente al re.