I personaggi di G. K. Chesterton - Il politico 8 - La confusione tra mezzi e fine
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Allora il mondo è aperto alla azione della Volontà deificata, ma essendo ritenuto esso stesso divino e facilmente più forte dell'uomo, la sua azione diventa quella del Fato, il suo meccanismo l'unica realtà solida e fondante. Immanentismo e negazione del male è l’ingenua fede nel Progresso, in un processo automatico in cui tutto è giustificato perché mezzo verso un fine, fine però impreciso e mai presente. Immanentismo e negazione del male, nonché negatrice del limite è la religione della Volontà. In quanto all'islamismo esso è preso di mira perché affermando l'unicità e la trascendenza assoluta di Dio tende a limitare l'importanza della controparte umana, a cadere nel fatalismo. Musulmano è il comico "guru" di Lord Ivywood: ed è emblematico che egli sia incapace di agire, benché sia il suggeritore dell'azione del Lord, sia nel proibire l'alcol, sia nel promuovere l'arte informe, l’arte decorativa che rifugge dal ritrarre oggetti precisi, sia nel sostituire al copricapo dei poliziotti il fez arabo. Anzi, la trasformazione stessa dell'intera Inghilterra è dal guru letta non come un radicale stravolgimento, quindi una azione, ma nei termini di una restaurazione, cioè di una sostanziale immobilità: secondo le sue deliranti teorie la cultura inglese è di chiarissima derivazione araba: le osterie inglesi per esempio hanno spesso nomi come Bull o L'uomo verde, prova certissima che derivano da oasi di tipo arabo; infatti in arabo usignolo, tipico abitante delle oasi e piacevole simbolo cui intitolare un luogo di ristoro si dice Bul-bul, mentre l'uomo verde é contrazione dell'uomo dal turbante verde, accenno all'usanza di ornarsi di tale copricapo dopo il pellegrinaggio rituale alla Mecca: tali le sue deliranti teorie. Conseguenza principale dell'immanentismo è l'incapacità di agire:
“Il panteismo implica essenzialmente che una cosa è altrettanto buona quanto un’altra; mentre l'azione implica essenzialmente che una cosa sia grandemente preferibile ad un’altra”. (GKC, Ortodossia, pag. 183)
Identico è così sotto le varie maschere il procedimento che paralizza queste posizioni, il segreto della loro debolezza e della pazzia di Lord Ivywood: esse, tutte, deificano il mezzo, e così facendo perdono di vista la libertà e il vero fine. Mezzo è il mondo, cosicché ad adorarlo si perde la necessaria distinzione tra bene e male, ed anche la nozione di un uso da farne, di una volontà libera, per cui ci si sottopone ciecamente alle sue leggi, irrigidite dal determinismo in un cieco meccanicismo. Mezzo è la volontà, che se adorata in sé uccide ogni scelta, giacché ogni scelta è frutto della volontà, ed essendo in questa concezione tutte ugualmente indifferenti, è perso il criterio per compierne una piuttosto che un’altra.
Vittima di questa filosofia, Lord Ivywood investe tutte le sue energie in questo progetto di trasformazione dell’Inghilterra. Tuttavia la sua non è mai una vera azione: è sempre un intervento volto a cambiare la legge. La sua azione stessa, come la sua ragione, è astratta. Il suo protagonismo oscura inoltre un interrogativo che è lecito porsi. Qual è l'interesse finale di Lord Ivywood? A chi realmente conviene la sua azione? Quando infine il popolo insorge sotto la guida di Pump, Dalroy e Wimpole, non contro di lui marcia l’improvvisato esercito, ma a sorpresa, guidato da Dalroy, assalta la villa del vicino, dove si nasconde il vero nemico, il capo dei Turchi. Filippo Ivywood è infine retrocesso dall'intuitivo Dalroy al suo vero ruolo di semplice pedina. La attiva capacità di male di Lord Ivywood, la grandezza eroica della sua figura non maschera la sua essenziale debolezza, originata, come abbiamo visto, dalla sua estraneità alla tradizione, attivamente scelta dalla sua libertà e che si esplica come una adorazione dei mezzi che lo sottopone inevitabilmente ai fini altrui. Così anche egli è alla fine, come Barker, seppure tutto ad un altro livello, uno sconfitto. Sconfitto doppiamente nella sua ambizione, in primo luogo poiché solo pedina dei Turchi, in secondo luogo perché materialmente sconfitto da Dalroy e dai suoi compagni. Incapace di accettare la realtà che non ha mai voluto guardare per ciò che essa realmente era, si rifugia nella follia.