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I personaggi di G. K. Chesterton - L’investigatore 7- L’orgoglio di Holmes e l’umiltà di Padre Brown

Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
L'ultima differenza tra Sherlock Holmes e Padre Brown è quella tra orgoglio, l'immenso orgoglio intellettuale dell'uno, e umiltà, l'umiltà del piccolo dimesso prete dall'aria stolida.

Neppure la saggezza e la bontà di Padre Brown, come l'innocenza di Innocenzo Smith, sono senza prezzo: occorre un lavoro, una paziente conquista di sé. Ecco perché certe dottrine sono tanto pericolose: perché tendono a far ritenere questo lavoro inutile o superfluo. Quando Padre Brown si imbatte nel profeta in una nuova religione che adora il Sole e afferma di poter guarire tutte le malattie fisiche, egli chiede a Flambeau, divenuto onesto compagno di indagini:
"Ed è capace di guarire l'unica malattia spirituale?" domandò Padre Brown con seria curiosità.
"E qual è l'unica malattia spirituale?", domandò a sua volta Flambeau, sorridendo.
"Oh, quella di credere di essere in perfetta salute", rispose il suo amico.
(GKC, I racconti di Padre Brown, pag. 174).
Ancora al suo intervistatore egli spiega:
"Vi sono due modi di respingere il diavolo", egli disse, "l'uno è di averne orrore perché è così lontano, l'altro di averne orrore perché è così vicino. E vizio e virtù non sono così divisi come queste due virtù".
"Voi potete pensare che un delitto è orribile, perché non potreste mai commetterlo. Io, invece, lo penso orribile appunto perché potrei commetterlo".
(Ibidem, pag. 754).
La differenza tra queste due virtù è l'ultima differenza tra Sherlock Holmes e Padre Brown: è la differenza tra orgoglio, l'immenso orgoglio intellettuale dell'uno, e umiltà, l'umiltà del piccolo dimesso prete dall'aria stolida: non esibisce l'intelligenza neppure dai tratti del volto, il nostro umile Padre Brown. D'altra parte: "Le altezze sono state create per rivolgere lo sguardo ad esse, non per guardare da esse. [...] L'umiltà è madre di giganti. Si vedono grandi cose dalla valle; solo piccole cose dal picco". (Ibidem, pag. 170).
Ritorniamo così al perché tocchi a questo piccolo prete occuparsi così spesso di crimini: semplicemente perché è il suo lavoro, il suo mestiere di prete, guarire il male. La sua umiltà e la sua fede lo pongono in condizione di padroneggiare la realtà naturale, quella comune a tutta l'umanità, la colpa e il delitto, e quella sovrannaturale, la giustizia di Dio e il perdono di cui egli è il dispensatore. Egli è l'uomo veramente razionale e veramente libero, cui Dio ha dato il mondo come eredità e l'eterno come promessa. Ed egli “continua a camminare per la sua strada col suo passo pesante e l'ombrellone, amando la maggior parte della gente che incontra ed accettando il mondo come suo compagno, ma mai come suo giudice”. (Ibidem, pag. 775).