Liberi Liberi - Vasco Rossi

L'amara erba della noia
Fonte:
Centro Culturale Rebora

Le domande fondamentali della vita alla lunga non possono essere tacitate e soffocate: prima o poi la vita vissuta come evasione da quelle domande si rivela vuota e inconsistente, perché il cuore è strutturalmente esigenza di verità e di pienezza. Negare ad oltranza ogni possibilità di risposta agli interrogativi fondamentali significa entrare nella disperazione.
E' il senso della drammatica confessione di Miguel Mañara, il protagonista dell'omonima opera di Oscar V. Milosz.

"Miguel Mañara è il vero don Giovanni, storicamente esistito alla metà del Seicento. E' il don Giovanni spagnolo che ha dato origine a tutti i personaggi di don Giovanni inventati successivamente. E' ricco, in tutti i sensi, di tutte le doti e le possibilità immaginabili e, perciò, è arrogante senza termine: a lui tutto è dovuto e al suo piacimento e alla sua opinione tutto deve servire.
La violenza, nel senso più scaltro e mascherato, è la legge della sua vita. I cavalieri della corte del re lo stimano "il meglio" fra di loro, e sì che è molto più giovane, avendo la metà, almeno, degli anni degli altri.
All'inizio dell'opera, in un festino dato in suo onore, c'è un dialogo in cui lo provocano a ricordare tutte le sue bravate e soprattutto, naturalmente, tutte le sue bravate e le sue avventure con le donne, di qualunque rango. E lui risponde.
Ma al culmine dell'ammirazione conclamata degli altri - avevano gridato: "Gloria a Mañara, nel più profondo degli inferni!" - improvvisamente Miguel dice:

"Scorgo con piacere, Signori, che tutti mi volete bene, e mi commuove molto quel voto che fate, così di buon grado, di vedere la mia carne e il mio spirito bruciare di una nuova fiamma, altrove, ben lungi di qui.
Vi giuro sul mio onore e sul capo del vescovo di Roma che il vostro inferno non esiste affatto; vi giuro che non è mai bruciato altro che nella testa di un matto Messia o di un cattivo frate.
Ma noi sappiamo che esistono, nello spazio vuoto di Dio, mondi illuminati da una gioia più calda che la nostra; terre inesplorate e bellissime e lontane, infinitamente lontane da questa, sulla quale noi stiamo.
Scegliete allora, vi prego, uno di questi remoti pianeti pieni di incanto, e speditemi là, questa stessa notte, attraverso la porta vorace della tomba.
Perché il tempo è lungo, Signori, ed io sono stranamente stanco di questa cagna di vita.
Il non guadagnar Dio, senza alcun dubbio, è cosa ben dappoco, ma perdere Satana è dolore grande e smisurata sciagura, in fede mia.
Ho trascinato l'amore nel piacere, e nel fango, e nella morte; fui traditore, blasfemo, boia; ho portato a termine tutto quello che un povero diavolo d'uomo può intraprendere, ed ecco: ho perduto Satana! Satana si è ritirato da me. Mastico l'erba amara dello scoglio della noia.
Ho servito Venere con rabbia, poi con cattiveria, e finalmente con nausea. Oggi le torcerei il collo sbadigliando. E non è la vanità che parla per bocca mia.
Non mi atteggio, io, a carnefice insensibile. Ho sofferto, ho molto sofferto. L'angoscia mi ha chiamato con un cenno, la gelosia mi ha parlato con la sua voce sommessa, la compassione mi ha afferrato alla gola. al punto che furono questi i miei piaceri meno bugiardi.
Ah! Sì! La mia confessione vi stupisce: odo ridere. Sappiate allora che non ha mai commesso l'atto veramente ignobile chi non ha mai pianto sulla sua vittima.
Certo, nella mia giovinezza, sono andato, proprio come voi, in cerca della miserabile gioia, del'irrequieta straniera che vi fa dono della sua vita e non vi dice il suo nome.
Tuttavia nacque ben presto in me il desiderio di inseguire quello che mai voi conoscerete: l'amore immenso, tenebroso e dolce.
Più di una volta mi illusi di averlo afferrato: altro non era che un fantasma di fiamma. Lo stringevo, gli giuravo abbandono per l'eternità, ed egli mi bruciava le labbra e mi copriva il capo con la mia stessa cenere e, quando riaprivo gli occhi, l'orribile giorno della solitudine era là, il giorno così lungo della solitudine era là, con un povero cuore tra le mani, un troppo povero dolce cuore, leggero come il passerotto d'inverno.
Ed una sera, la lussuria dallo sguardo vile, dalla fronte bassa, sedette sul mio giaciglio e mi contemplò in silenzio come si guardano i morti.
Una bellezza nuova, un nuovo dolore, un nuovo bene di cui presto saziarsi, per meglio assaporare il vino di un nuovo male, una nuova vita, un'infinità di nuove vite, ecco cosa mi occorre, Signori: semplicemente questo e null'altro.
Ah! Come colmarla, questa voragine della vita? Che fare?
Perché il desiderio è sempre presente, più forte, più pazzo che mai. È come un incendio del mare, che avventi la sua fiamma dove maggiore è la profondità del nero nulla universale!
E' un desiderio di abbracciare le possibilità infinite!
Ah! Signori! Che cosa facciamo, noi, qui? Che cosa guadagniamo, qui?
Ahimè! Quanto è breve questa vita per la scienza! E quanto alle armi, questo povero mondo non avrebbe di che alimentare gli oscuri appetiti di un padrone come me; e quanto alle buone azioni, voi già sapete quali cani rognosi, quale notturna sporcizia maleodorante siano gli uomini; e voi certo sapete che un Re è ben povera cosa, quando Dio se ne è andato." (Le mie letture, pp. 133-135).

È ciò che Giussani descrive nel paragrafo intitolato la perdita della libertà. Perché la libertà è concepita oggi come assenza di legami, possibilità di fare ciò che si crede. Ma l'esperienza mostra che la libertà è un'altra cosa: è il compimento del desiderio di infinito. E' nel legame autentico con un Tu che mi compie che io sperimento la mia vera libertà. Vasco Rossi descrive bene l'epilogo di una ricerca errata della libertà, o meglio di una falsa libertà.

Testo della canzone

Ci fosse stato un motivo per stare qui
ti giuro sai sarei rimasto sì
e son convinto che se fosse stato per me
adesso forse sarei laureato e magari se lei
fosse stata con me adesso sarei sposato.
Se fossi stato, ma non sono mai stato così,
insomma dai adesso sono qui, vuoi che dica anche
se soddisfatto di me in fondo in fondo
non sono mai stato, soddisfatto di che, ma
va bene anche se qualche volta mi sono sbagliato...

Eeh! Liberi liberi siamo noi però liberi da che
cosa, chissà cos'è?, chissà cos'è! Finché eravamo
giovani era tutta un' altra cosa, chissà perché?,
chissà perché! Forse eravamo stupidi, però adesso
siamo cosa, che cosa... che? ... che cosa... se...
quella voglia, la voglia di vivere, quella voglia
che c'era allora chissà dov'è!... chissà dov'è!

Che cosa è stato, cosa è stato a cambiare così
mi sono svegliato ed era tutto qui,
vuoi sapere anche se soddisfatto di me
in fondo in fondo non sono mai stato
soddisfatto di che?... Ma va bene anche se
se alla fine il passato è passato...