Io Vagabondo - Nomadi

Fonte:
Centro Culturale Rebora



Negli anni del movimento "hippy" l'ideale di vita di molti giovani era diventato quello del vagabondaggio. Questo ideale sorgeva da una parte come tentativo di uscire da una società ipocrita e incapace di rispondere alle domande dei giovani, dall'altra dal tentativo di affermare così la ricerca di qualcosa che potesse corrispondere veramente a se stessi. In realtà non è nel vagabondaggio che può essere intravista la risposta ricercata, ma in un serio impegno con la realtà, con la vita.

Come diceva Chesterton:
"La vita quotidiana è la più romantica delle avventure, ma solo l'avventuriero lo sa scoprire".
Così quella ricerca dell'Infinito - che è il valore insito nell'uomo della canzone che si stente compagno di Dio nell'avventura della vita - si realizza in quella quotidiana ricerca e attesa cui la vita ci chiama. Vedremo come questa ricerca e questa attesa non sono vere se non diventano domanda.

Testo della canzone

Io un giorno crescerò e nel cielo della vita volerò
ma un bimbo che ne sa, sempre azzurra non può essere l' età
Poi, una notte di settembre mi svegliai, il vento sulla pelle
sul mio corpo il chiarore delle stelle
Chissà dov' era casa mia e quel bambino che giocava in un cortile

Io vagabondo che son io, vagabondo che non sono altro

soldi in tasca non ne ho ma lassù mi è rimasto Dio

Sì, la strada e ancora là, un deserto mi sembrava la città
Ma un bimbo che ne sa, sempre azzurra non può essere l' età
Poi, una notte di settembre me ne andai, il fuoco di un camino
non è caldo come il sole del mattino
chissà dov' era casa mia e quel bambino che giocava in un cortile

Io vagabondo che son io...