God - John Lennon

In “God” Lennon sembra volersi liberare, buttando via il proprio passato, da ogni legame idolatrico, ma enuncia una affermazione di “Dio” assolutamente riduttiva.
Fonte:
CulturaCattolica.it

La canzone “God” (Dio) fa parte del quinto album solista di Lennon, “John Lennon/Plastic Ono Band”, pubblicato nel 1970 dopo quattro LP sperimentali. In quel periodo “terribile – La fine dei Beatles aveva lasciato tutta una serie di strascichi e di menate, la campagna della pace mi aveva stancato ed esaurito pazzamente” (1), John scoprì per caso “The Primal Therapy: The cure for Neurosis”: una specie di psicoterapia tendente a distruggere i blocchi all’origine delle nevrosi, e a lasciar fluire i sentimenti e le sensazioni. Nell’album sopra citato si riversa ampiamente il lavoro psicologico di John; ne fanno fede i titoli elementari e “primari” delle canzoni: Madre, Dio, Guardami, Isolamento, Amore, Ricordati, Non cedere, Ho trovato, Mia madre è morta. In “God” Lennon sembra volersi liberare, buttando via il proprio passato, da ogni legame idolatrico, ma enuncia una affermazione di “Dio” assolutamente riduttiva: “Dio è un concetto con cui misuriamo il nostro dolore”. (Dio non è un concetto. Dice giustamente L. Giussani a questo proposito: “Non si può domandare che cosa rappresenti la parola “Dio” a chi in Dio dice di non credere. E’ qualcosa che occorre sorprendere nell’esperienza di chi quella parola usa e vive seriamente”). (2)
Riecheggiano qui tutti gli ateismi e gli antiteismi della storia, quelli che vedono in Dio il limite e quasi la controparte dell’uomo e della sua libertà. Così John elenca tutta una serie di “dei” in cui dichiara di non credere più: la magia, i Tarocchi, gli I-Ching, la Bibbia, Gesù, Buddha, i Mantra, i Gita, e persino gli idoli della sua adolescenza: Elvis Presley, Bob Dylan e addirittura i Beatles!
Che cosa rimane? “Credo solo in me, in Yoko e in me, e questa è la realtà”. Assenza, Negazione, Negatività: come si può credere nell’uomo, se lo si taglia dalla sua radice divina?
E quindi amaro e disincantato è il finale della canzone: “ Il sogno è finito/cosa posso dire?/Il sogno è finito./ Ieri sono stato il tessitore di sogni/ ma ora sono rinato/ sono stato il tricheco/ ma ora sono John./E così cari amici/Dovete solo sopportare/Il sogno è finito.”
Oltre alla confusa e turbinosa vicenda della fine dei Beatles, concorrono in questo “atto di non-fede” i trascorsi sanguinanti di una vita traumatizzata fin dall’infanzia, un temperamento strano, dolente ed introverso, cinico e trasgressivo ma anche indifeso e disorientato. John ha conosciuto il Cristianesimo attraverso la struttura ecclesiale anglicana, vissuta da lui come un coacervo di formalismi e di regole esteriori, ben poco connessa col desiderio di felicità. Per citare Olivier Clément, si è trovato di fronte “un pietismo impaurito dalla vita, privo di qualsiasi dinamismo di trasfigurazione”(3) Questo non giustifica sicuramente il disprezzo antireligioso di cui spesso Lennon faceva mostra, ma induce a uno sguardo di misericordia sulle contraddizioni di una vita labirintica. John in seguito compose una canzone dedicata al figlio Sean, in cui lo invitava a pregare ogni sera prima di dormire, e si espresse così nella sua ultima intervista, andata in onda alla RKO Radio proprio il giorno della sua tragica morte, l’8 dicembre 1980: “Dobbiamo ringraziare Dio, o chiunque ci sia lassù, per essere tutti sopravvissuti. Siamo sopravvissuti al Vietnam, al Watergate, al tremendo sconquasso del mondo. Noi fummo ai vertici negli anni Sessanta. Adesso è cambiato. Mi incammino verso un futuro sconosciuto: ma sono ancora qui e fin quando c’è vita c’è speranza”. Alcune ore dopo, i drammatici colpi di Mark Chapman ponevano fine alla sua vita.

NOTE
1. In JOHN LENNON Canzoni e musica– Intervista di A.D. Capisani – Lato Side 1981, pag. 68.
2. L. GIUSSANI, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli 2001, pag. 5.
3. Cfr. OLIVIER CLÉMENT, La rivolta dello Spirito, Jaca Book 1980, pag. 35.