Il mio volto 2 - Adriana Mascagni

Commenti "d'autore" a una canzone di grande bellezza
Fonte:
Tracce

don Julian Carron:
Allora, come mi viene incontro il Mistero? Attraverso il reale: persone, avvenimenti, circostanze. Ogni pezzo del reale è la modalità con cui Lui mi chiama, perché ogni cosa è segno. Segno di chi? Di Colui che è la radice, che ha preso possesso di tutto il reale nell’Ascensione: in Lui è la consistenza di tutto. «Amor, amore, onne cosa clama», «tutto diventa avvenimento nel suo ambito», tutto, non solo qualche pezzo del reale. Ma occorre un bel coraggio, amici, perché questo non rimanga soltanto parole, ma in ogni circostanza uno decida di percorrere questa strada fino all’origine, di affrontare ogni cosa, ogni circostanza, ogni tribolazione fino al Mistero. Tutta la nostra fatica dipende dal fatto che ci fermiamo prima.
Per questo mi piace tanto - e ringrazio la nostra Adriana Mascagni di questa canzone - Il mio volto, perché ci dice il metodo, ci dice che cosa vuole dire percorrere la strada della ragione: «Mio Dio, mi guardo ed ecco scopro che non ho volto; guardo il mio fondo e vedo il buio senza fine». Noi tante volte vediamo il buio e parliamo del buio. Non dobbiamo fare finta che non ci sia il buio, non dobbiamo fare qualche pensiero spirituale sul buio, non possiamo fare qualcosa “accanto” al buio: dobbiamo guardarlo in faccia! «Guardo il mio fondo e vedo il buio senza fine». Ma che cosa il buio non fa fuori? Che io mi rendo conto del buio, e allora «quando mi accorgo che tu sei», quando mi accorgo che questa circostanza, per brutta che sia, non è fatta da sé, quando passo un momento buio, anche in quel momento io vivo, e anche nel buio non mi faccio da me; nel buio ho una chiarezza solare: non mi faccio da me. «Solo quando mi accorgo che tu sei, come un’eco risento la mia voce», abbiamo cantato. Cioè, quando scopro che sono arrivato non al buio, ma a ciò che è più profondo del buio, quando mi accorgo che Tu sei, di un fatto mi rendo conto: che io «rinasco come il tempo dal ricordo», e tutte le chiacchiere che facciamo intorno al buio non lo fanno fuori, ma lo fa fuori questo riconoscimento, questo andare fino in fondo a questo Tu. E se uno di noi si vuole risparmiare questo, rimarrà nel buio. Perciò questa strada non ce la possiamo risparmiare, nessuno ce la può risparmiare, e per questo Cristo è andato fino al fondo del buio: perché noi possiamo guardare tutto. Altro che uno sforzo intellettuale! È semplicemente il riconoscimento del reale secondo tutti i fattori.

Adriana: Ero a un incontro di responsabili con don Giussani, uno dei primi, e ascoltavo - erano parole grandiose -, ma improvvisamente sono stata assalita da un pensiero terribile: "Io, chi sono?". Mi sfuggiva la consistenza di me: "Quando dico "io", cosa dico?". E più cercavo di definire questo e più vedevo soltanto buio, mi sfuggiva sempre di più. Intanto Giussani parlava e sentivo le sue parole, sentivo che parlava di Gesù, di Dio; presa da questo panico mi sono come buttata di nuovo nell'ascolto, e improvvisamente ho percepito che cosa volesse dire io: nell'affermare l'Essere, riscoprivo me stessa. Non so come, ma questo io c'era ancora e c'era più di prima. Ma anche questo mi ha fatto paura, perché è una vertigine. Eppure in questa vertigine c'è la certezza che io sono fatta, ci sono perché sono fatta, e allora l'unica cosa è lasciar spazio al desiderio di consegnarsi all'Essere per poter essere.