La Brianza di E. Corti 4 – Decadenza e speranza di ricostruzione

Il principale aspetto che caratterizza il vivere della Brianza d’anteguerra è quello etico-religioso; la conclusione del romanzo rende pertanto conto dello smarrimento di quel tipo di società radicata nella fede.
Autore:
Giacomino, Giovanna
Fonte:
CulturaCattolica.it

L’armonia di vita della terra di Corti è però destinata, nella parte conclusiva del romanzo, a scomparire. Attraverso i segni di un degrado non soltanto ambientale, l’autore presenta con lucidità i cambiamenti più significativi del vivere brianteo, in cui “la natura e l’opera dell’uomo felicemente armonizzavano”. (1) Il raffronto tra la Nomana di inizio racconto e quella dei primi anni ’70 alla vigilia del referendum sul divorzio avviene attraverso due nuovi protagonisti, Manno e Filippo detto Popi, figli di Ambrogio. La narrazione li segue durante un viaggio in macchina di ritorno da Milano a Nomana: la descrizione del nuovo paesaggio evidenzia una tendenza all’imbruttimento e alla disarmonizzazione. Così, ”la grande strada che attraversa la zona industriale a nord di Milano, tagliava ormai pochissimi sprazzi di campagna” (2), e “nel primo buio cominciavano a occhieggiare qua e là sui bordi della superstrada […] dei fuochi rossastri e fumosi, mediante i quali le prostitute segnalavano la loro presenza e disponibilità”. (3) Essi attraversano poi “il solito ponte a due arcate” sotto cui scorre il Lambro, fiume “da anni ridotto per gli scarichi indiscriminati ad una cloaca a cielo aperto”. (4) Le nuove case sorte attorno al vecchio nucleo del paese sono “senza confronto più comode e più ricche delle vecchie”, ma anche “incredibilmente disformi tra loro e disposte – qui come dovunque – con disordine perfino sorprendente”, tanto che “il paesaggio un tempo così bello ne veniva irrimediabilmente deturpato”. (5) Infine, l’auto dei due giovani risale “la vecchia via santa Caterina, non più acciottolata ma asfaltata”, (6) e dentro la corte di Sansone, Manno “non vide carri d’erba come si vedevano una volta in questa stagione, ma automobili”. (7)
Il trascorrere del tempo e il mutare delle condizioni di vita è un dato ineludibile in qualunque vicenda umana; per questo motivo, Corti “non si abbandona alla nostalgica rievocazione del tempo felice ormai trascorso, ma trova spazio per indagare le cause profonde del cambiamento”. (8) Il degrado ambientale riscontrato nel territorio è infatti riflesso e simbolo dell’evoluzione in negativo che ha coinvolto lo stile di vita positivo proposto dallo scrittore. Il principale aspetto che caratterizza il vivere della Brianza d’anteguerra è quello etico-religioso; la conclusione del romanzo rende pertanto conto dello smarrimento di quel tipo di società radicata nella fede. “Quella che Corti amaramente e lucidamente rappresenta è la fine di un’epoca di civiltà cristiana”, (9) spiega la Scaglione. Tuttavia, la narrazione non induce a un “malinconico ripiegamento nel rimpianto di ciò che non è più”: la descrizione di questi cambiamenti in negativo “ha l’intento dichiarato e il carattere forte della testimonianza di un exemplum”, un invito, cioè, a ricostruire partendo proprio dal modello narrato dallo scrittore. La Brianza, per tale motivo, è “il centro propulsivo e, insieme, la chiave di lettura dell’opera di Corti: essa è il luogo della memoria”. (10)

NOTE
1. E. Corti, Il cavallo rosso, op. cit., p. 1237
2. Ibi, p. 1232
3. Ibi, p. 1234
4. Ibi, p. 1236
5. Ibi, p. 1237
6. Ibidem
7. Ibidem
8. P. Scaglione, L’opera di Eugenio Corti…, op. cit., p. 85
9. Ibi, p. 92
10. Ibidem