La Brianza di E. Corti 3 – Il tipo umano brianteo

"Ecco, io ho cercato di rendere il tipo umano che conosco di più, quello in mezzo al quale sono nato e in mezzo al quale vivo, che è quello della Brianza".
Autore:
Giacomino, Giovanna
Fonte:
CulturaCattolica.it

L’inizio del romanzo, come si è visto, dà quindi spazio alla vita quotidiana nella sua semplicità e pacatezza: “per essere aderente al reale ho introdotto nel libro quanto più possibile il quotidiano, sia nei suoi aspetti più elevati […] sia nelle sue abiezioni” (1), spiega Corti. Questo avvio della trama svolge inoltre un’altra importante funzione all’interno dell’opera:
Proprio la tranquilla lentezza dell’apertura dà la misura esatta del dramma che investirà i protagonisti del romanzo, accrescendo – tanto evidente appare il contrasto – l’effetto drammatico degli episodi legati alla guerra”. (2)
La guerra, fino ad ora rimasta un argomento appena accennato nei discorsi dei personaggi e nei dolorosi ricordi di Ferrante, entra prepotentemente nella narrazione; alcuni amici coetanei di Stefano e Ambrogio il giorno seguente dovranno partire per il servizio militare. Da questo momento in poi il pacifico mondo brianteo, ideale comunità di affetti dei giovani protagonisti, sarà obbligato a confrontarsi con il mondo esterno, presentato come spazio di oppressione e negatività. (3)
Come detto, infatti, la Brianza raccontata da Corti ha anche una precisa descrizione fisica (si noti, in particolare, la presenza costante di alcuni tratti ambientali che conferiscono al romanzo una ciclicità narrativa e terminologica) (4), ma essa è contraddistinta in modo ben più significativo da una specifica identità culturale. Lo stesso Corti riconosce nella realtà del mondo brianteo uno dei tratti fondamentali de Il cavallo rosso, e ne rivela la motivazione profonda:
Per come vedo io le cose, si può rendere la realtà di qualunque tipo di uomo si vada a prendere. Uno può parlare del pigmeo e del mondo dei pigmei in Africa, e l’altro può parlare degli eschimesi, ambientare il suo libro tra gli eschimesi o da qualsiasi altra parte, purché conosca veramente bene gli eschimesi, conosca veramente bene i pigmei. Allora, se li conosce bene, viene fuori l’uomo in veste di pigmeo, d’eschimese o d’americano, o d’italiano o di brianteo; se lo conosce bene viene fuori l’uomo in assoluto. Ecco, io ho cercato di rendere il tipo umano che conosco di più, quello in mezzo al quale sono nato e in mezzo al quale vivo, che è quello della Brianza”. (5)
In questo modo, descrivendo il tipo di uomo che ha potuto conoscere più a fondo, quello brianteo, Corti riesce a raccontare con verità ogni uomo: viene fuori, appunto, l’uomo in assoluto.

NOTE
1. P. Scaglione, Parole scolpite…, op. cit., p. 160
2. Ibi, p. 162
3. Un primo, simbolico riferimento al mondo esterno come luogo di disordine si ha già nelle prime pagine, attraverso il pensiero di Ferrante che ragiona sulle parole fiduciose del figlio Stefano: “«La guerra ad ogni modo non c’è ancora» osservò Stefano […] «e finché non c’è, uno può sempre sperare.» Ferrante annuì, ma pensava: ‘Non c’è, no. Però sono già in guerra gli altri: i tedeschi, i francesi, e…insomma gli altri. E nelle città, anche a Milano, ci sono quelle carogne di studenti e il resto della marmaglia che fanno le dimostrazioni per entrarci. Anche allora, nel ‘15, è cominciata così’.” E. Corti, Il cavallo rosso, op. cit., p. 9
4. Diversi sono gli esempi; tra questi, un primo tratto ricorrente del paesaggio brianteo è rappresentato dalle montagne. Più precisamente, il territorio della Brianza è delimitato, a settentrione, dalla cerchia delle Prealpi lombarde, che fanno da sfondo a numerose scene del romanzo. Tra queste montagne spiccano le cime familiari allo scrittore, il Resegone, le due Grigne e il San Primo: il fondale dei rilievi prealpini costituisce l’aspetto visivamente più significativo del paesaggio. Un ulteriore elemento ricorrente nella narrazione è il fiume Lambro, il quale collega la Brianza a Monza, città che delimita il confine meridionale delle terra di Corti e in cui il territorio agreste cede il passo all’ambiente urbano. Ne è un chiaro segnale proprio il Lambro, che mentre sotto il grande ponte d’Incastigo – nel cuore della Brianza - scorre limpido, a Monza diventa d’un colore sporco e quasi plumbeo. Esso compare ogni qualvolta un personaggio del romanzo compie questa tragitto ed assume, nell’ultima parte del romanzo, il ruolo di indicatore del cambiamento, anche ambientale, avvenuto in Brianza. A livello lessicale, inoltre, torna con frequenza il riferimento alle colline della Brianza e, più in generale, al paesaggio verde. Il verde è il colore preponderante usato da Corti nelle descrizioni della sua terra; molto significativamente in apertura del romanzo, oltre al colore dell’erba falciata da Stefano e Ferrante ne è verde perfino l’odore, l’umore e la poltiglia rimasta sulla falce. Ulteriori aspetti ricorrenti nelle descrizioni paesaggistiche riguardano la vegetazione e i volatili descritti dall’autore. Per approfondimenti circa la ciclicità del Cavallo rosso e i significati di tali elementi, cfr. P. Scaglione, L’opera di Eugenio Corti…, op. cit., pp. 51-91
5. Colloquio personale con l’autore del 13/09/2007.