“Il Cavallo Rosso” di E. Corti - Ambrogio Riva 2

Ricomincia la vita metodica. Ambrogio lavora nella fabbrica del padre come amministratore. Nel 1950 arriva la crisi che determinerà i seguenti otto anni. Nel 1956 muore don Carlo Gnocchi, abbracciato al crocefisso, consumato dal cancro.
Autore:
Tressoldi, Alessia
Fonte:
CulturaCattolica.it

Alla fine della guerra Ambrogio ricomincia a frequentare i corsi in università, dove incontra Fanny, con cui esce spesso nelle pause. A Milano intanto scoppiano le manifestazioni antimonarchiche. Anche a Nomana i rossi iniziano a tenere comizi e cortei, contro gli alleati, sul fatto che manca il cibo e lavoro, per il proletariato contro i capitalisti, e in questo modo gettano fango anche sul padre di Gerardo e sulla sua fabbrica. Questi discorsi non attecchiscono a Nomana, dove i lavoratori rimangono grati ai propri datori di lavoro.
E’ lampante ormai il bisogno di giovani che si buttino in politica, con la Democrazia Cristiana. Ambrogio non si tira indietro e neppure l’amico Luca, che diventa segretario di partito a Nomana. Il Forestiero (il reclutatore comunista) infatti nelle ultime assemblee era solito creare un clima di terrore, facendo volteggiare sopra le teste dei partecipanti la sua pistola, mentre disquisiva. Ambrogio che ha vissuto la guerra, decide che è il momento di dare una mano ad Agazzino e così scende in campo. Alle prime elezioni amministrative nella primavera del 1946 il partito di ispirazione cristiana dimostra di essere l’unico in grado di tener testa a quelli di ispirazione marxista.
In quel periodo torna a fare visita a Nomana Colomba, la fidanzata di Manno, che dopo lo shock iniziale per la perdita dell’uomo amato, si è ripresa ed è sempre più bella. Ambrogio rimane affascinato da questa creatura, così da lasciare talvolta lo studio per poter passare più tempo con lei e la sorella Francesca, facendo delle passeggiate e giocando a tennis. Anche Colomba sembra corrispondere ad Ambrogio, tanto che non perde occasione di importunarlo mentre studia. Ad Agosto, con la fine dell’estate anche Colomba se ne va, e lascia per sempre la villa “I Dragoni”, che è comprata da Gerardo, in vista dei matrimoni dei figli.
A settembre Ambrogio si reca con la sorella Francesca in stazione centrale a Milano per accogliere Michele, tornato dalla Russia. Anche Michele riprende immediatamente gli studi e in questo modo incentiva Ambrogio, trainandolo nella preparazione degli esami. In estate si laurea e oltre alla famiglia e a Fanny, si presenta anche Colomba, che gli annuncia l’imminente matrimonio con un industriale. Ambrogio e Colomba non si vedranno per molti anni in seguito, perché Colomba risveglia sentimenti, che per il bene del rapporto con Fanny, vanno evitati. Due settimane dopo le elezioni generali del 1948 Ambrogio e Fanny si fidanzano e intanto ristrutturano la villa de “I Dragoni”, dove andranno ad abitare. In agosto si sposano e il matrimonio viene celebrato da don Carlo Gnocchi. Per la luna di miele si recano a Napoli e nei suoi dintorni, Amalfi, Positano e Capri. Nel viaggio di ritorno si fermano a Perugia per far visita al sottoufficiale Paccoi, l’uomo che aveva salvato Ambrogio, portandolo abbracciato fuori dalla valle della morte e dal quale era stato separato allo smistamento in Italia.
Ricomincia la vita metodica. Ambrogio lavora nella fabbrica del padre come amministratore. Nel 1950 arriva la crisi che determinerà i seguenti otto anni. Nel 1956 muore don Carlo Gnocchi, abbracciato al crocefisso, consumato dal cancro. La crisi della ditta termina solo nel 1958. Gerardo ha settant’anni e Fortunato ne ha abbastanza di fare l’imprenditore, così diviene commerciante di immobili.
Nel 1968 Ambrogio prende le redini della ditta. In questi anni deve combattere contro l’assenteismo e le continue lotte dei lavoratori, che gli impediscono di fare il suo lavoro e di poter concedere degli aumenti. Ha avuto tre figli: Manno di 15 anni, Filippo di 14 e Orsetta di 11 anni. Mentre la moglie e i figli sono al mare, Ambrogio riceve una chiamata da Colomba, che gli propone di vedersi, dopo vent’anni. E’ vedova ed è in villeggiatura con i figli ad Alagna. L’incontro tra i due, sebbene siano passati venti anni, è carico di emozioni: proprio per questo motivo Ambrogio l’aveva evitata per così tanto tempo. Colomba è ancora splendida, si tiene in forma giocando a tennis, ed è un’ottima padrona di casa. Parlano del lavoro, dei figli e del marito defunto. Ambrogio la invita a cena e in quell’occasione parlano apertamente di ciò che non si erano mai detti da giovani, dell’attrazione che provavano l’uno per l’altro, e lui ammette che ancora adesso è tentato. Pensa alla moglie, Fanny, che è rimasta molto provata dalla crisi della fabbrica, lei, abituata al lusso e alla bella vita, ma arriva alla conclusione che non ha sprecato la vita, che è contento di ciò che ha avuto. Pensa allora all’onda dilagante dei preti permissivi, che avevano smesso di perseguire l’ideale cristiano, e a preti come don Mario e don Gnocchi, ai preti veri, che parlavano lo stesso linguaggio di duemila anni fa, i portavoce di Dio, e così scampa alla tentazione, riaccompagna Colomba e si riavvia a casa con molte domande a cui non sa dare risposta, ma avendo negli occhi e nel cuore il dolore dei figli se si fosse lasciato soggiogare dal male e dal disordine.