Eugenio Corti – La vita 3 - Gli anni della guerra (1941-1945)
“Avevo chiesto di essere destinato al fronte russo per farmi un'idea di prima mano dei risultati del gigantesco tentativo di costruire un mondo nuovo, completamente svincolato da Dio, anzi, contro Dio, operato dai comunisti".- Autore:
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Agli inizi del febbraio 1941, Corti si presenta alla caserma del Ventunesimo reggimento artiglieria divisionale a Piacenza per un primo addestramento di sei mesi; seguiranno altri sei mesi alla Scuola allievi ufficiali di Moncalieri, in provincia di Torino, dove diventa sottotenente. Nel frattempo inoltra la richiesta di essere destinato al fronte russo:
“Avevo chiesto di essere destinato a quel fronte per farmi un’idea di prima mano dei risultati del gigantesco tentativo di costruire un mondo nuovo, completamente svincolato da Dio, anzi, contro Dio, operato dai comunisti. Volevo assolutamente conoscere la realtà del comunismo; per questo pregavo Dio di non farmi perdere quell’esperienza, che ritenevo sarebbe stata per me fondamentale: in questo non sbagliavo“. (1)
In una recente intervista, lo scrittore indica ancora una volta le motivazioni di questa passione per la Russia, spiegando:
“Nella biblioteca dell’università mi imbattei in un fascicolo di Esprit, la rivista diretta da Emanuel Mounier. Io non lo conoscevo, ma sapevo che era amico e allievo di Jacques Maritain, e Maritain era allora l’avanguardia della cultura cattolica mondiale, così volli leggerlo. C’era scritto che non era vero che il comunismo russo era la peste, che a dipingerlo così erano i fascisti e le “demoplutocrazie”, ma i comunisti in realtà erano più cristiani di noi. Se lo dice questo qui che è allievo di Maritain, mi dissi, bisogna andare a vedere“. (2)
Corti riesce ad entrare nel primo decimo della graduatoria al termine della Scuola ufficiali, ottenendo in questo modo il diritto di scegliere il reparto a cui essere assegnato. Agli inizi del giugno 1942 raggiunge così il reggimento sul fronte russo. Per un mese il fronte non si muove, poi la grande avanzata dal Donez al Don, e infine di nuovo sei mesi di stasi.
Il 16 dicembre ha inizio l’offensiva russa sul Don e il 19 la ritirata: quella sera stessa il Corpo d’armata del sottotenente Corti si ritrova chiuso in una sacca. “Ci era arrivato l’ordine di lasciare il Don senza che fosse stato distribuito il carburante per gli automezzi“, racconta Corti, “abbiamo, perciò, dovuto abbandonare tutto il materiale, senza poter salvare un solo cannone né le tende e neppure i viveri“ (3). Questi sono i ventotto giorni più drammatici della vita del futuro scrittore, che lasceranno il segno per sempre. Solo la sera del 16 gennaio del 1943 pochi superstiti riescono ad uscire dall’accerchiamento russo, dopo aver sostato tre giorni nella valle di Arbusov, ribattezzata “Valle della morte”, aver affrontato la tremenda marcia di cinquantasei ore per arrivare a Cercovo e altre tre settimane di accerchiamento nella città.
Eugenio viene caricato su un treno-ospedale (“si trattava, in realtà, di carri bestiame “attrezzati a ospedale”, un vero disastro...”(4); e trasportato a Leopoli, in Polonia; in seguito viene trasferito in un ospedale di Merano. Torna infine alla casa paterna, ma fatica ad uscire con la mente dall’inferno vissuto durante la ritirata:
“Nelle prime settimane dopo il rientro, certe notti cadevo in preda a incubi: credevo di essere ancora nella sacca. Vaneggiavo al punto che mia madre è venuta a dormire per qualche tempo nella mia stanza“. (5)
Nel tentativo di tornare alla vita normale, il ventiduenne Corti cerca di riprendere gli studi, ma il 26 luglio 1943 rifiuta la licenza che i medici dell’ospedale di Baggio volevano accordargli per le sue condizioni di salute e torna a combattere: “sono un ufficiale e devo fare la mia parte: se c’è da sostenere un’ultima difesa, non è decente che io la lasci sostenere solo dagli altri“.(6) Rientra così in caserma a Bolzano e viene poi trasferito a Nettunia. Da qui, in seguito all’armistizio dell’8 settembre, Corti riesce a sfuggire alla cattura da parte dei Tedeschi e attraversa a piedi l’Italia, in compagnia dell’amico Antonio Moroni di Bergamo, per riunirsi all’esercito regolare che si stava ricostituendo in Puglia. Dopo un periodo nei campi di riordinamento, Corti entra volontario nei reparti nati per affiancare gli Alleati nella liberazione dell’Italia. Prende così parte nel 1944 alla risalita dell’Italia con il Corpo italiano di liberazione, il 20 aprile 1945 partecipa allo sfondamento della linea gotica e rimane alle armi fino al settembre 1945, presidiando in Veneto, Trentino e Alto Adige. La vita militare di Eugenio Corti si conclude nel settembre del 1945, data in cui viene congedato e può fare ritorno alla propria casa.
NOTE
(1) P. Scaglione, Parole scolpite…, op. cit., p. 20
(2) “Ecco perché mi hanno messo al bando“, intervista a Eugenio Corti del 19/04/2007, a cura di Roberto Persico, in Tempi n. 16, p. 47
(3) P. Scaglione, Parole scolpite…, op. cit., p. 21
(4) Ibi, p. 22
(5) Ibi, p. 23
(6) Ibidem