Eugenio Corti – L’opera 3 - Uno sconosciuto di successo
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La storia letteraria di Eugenio Corti (1) è, come sottolinea Paola Scaglione, quella di un “successo ufficiale sempre rimandato”. (2) La principale modalità di diffusione delle opere di Corti, in Italia come anche all’estero, è infatti quella del passaparola dei singoli lettori che se ne fanno promotori verso gli amici, mentre egli è sostanzialmente ignorato dai critici e dalla cultura “che conta”.
La sistematica esclusione dello scrittore cattolico dai grandi mezzi di comunicazione ha inizio, come già accennato in precedenza, con la rappresentazione teatrale della tragedia Processo e morte di Stalin. Si tratta dell’unica occasione in cui Corti si cimenta nel lavoro per il teatro: l’opera riscuote autorevoli apprezzamenti da esperti quali il critico letterario e docente dell’Università Cattolica milanese Mario Apollonio, il drammaturgo Diego Fabbri e Luca Pietromarchi, ambasciatore d’Italia nell’URSS all’epoca di Crusciov.
La messa in scena dell’opera a Roma nel 1962, tuttavia, non rende giustizia alla vigorosa tragicità del testo. Racconta Corti:
“[…] il regista scelto da Diego Fabbri era molto spaventato all’idea delle reazioni dei comunisti, perciò ha evirato la rappresentazione, trasformandola da dramma in lettura scenica. I vari personaggi hanno letto ciascuno la propria parte senza muoversi dal rispettivo leggio: quello non era più teatro, ma lettura drammatizzata. Così l’impatto sullo spettatore è stato molto meno vigoroso di come avrebbe dovuto essere […]”.(3)
L’avversione ideologica fa sì che la già concordata ripresa televisiva della tragedia venga annullata, e anche la diffusione del testo stampato risulta difficoltosa. Nonostante ciò, la rappresentazione crea agitazione nel mondo della cultura e della politica. In particolar modo essa offre all’autore la possibilità di stabilire dei contatti con alcuni esuli dell’Est, i quali si impegnano a tradurre l’opera di Corti e a diffonderla attraverso l’autoeditoria clandestina (4) ; il testo circola così nel samizdat.(5)
Lo scrittore ha ricevuto più di una conferma del fatto che la sua esclusione dal mondo editoriale e audiovisivo fosse dovuta a motivazioni di ordine ideologico. È un fatto che invita a riflettere, fa notare Paola Scaglione, soprattutto perché, anche di recente, alcuni autori dichiaratamente cattolici hanno pubblicato le proprie opere presso case editrici potenti e famose. Corti si spiega così la causa della propria emarginazione:
“Io attacco sistematicamente gli errori della cultura dominante, molti altri non lo fanno: i grandi editori appartengono tutti a quella cultura e, dunque, mi vedono come uno a loro avverso. Poi credo dia fastidio la sistematica costanza con cui le mie pagine segnalano i crimini – i milioni di vittime – prodotti da quella cultura. […] Dato che in Italia tutte le grandi case editrici hanno tendenze pro-marxiste […], un editore importante che mi pubblicasse si tirerebbe addosso la tacita avversione degli altri, sebbene ai loro occhi io sia molto piccolo”. (6)
NOTE
1. Il titolo di questo paragrafo è ripreso dall’articolo “Corti, uno sconosciuto di successo” di Andrea Sciffo, 7 giorni, del 16/11/1999, reperibile all’indirizzo internet www.eugeniocorti.it all’interno della sezione “Recensioni e articoli”
2. P. Scaglione, Parole scolpite…, op. cit., p. 55. Nel precedente libro I giorni di uno scrittore, l’autrice parlava a tal proposito di un “successo negato”. Cfr. P. Scaglione, I giorni di uno…, op. cit., p. 47
3. Ibi, pp. 127-128
4. La prima edizione in russo è del 1964, quella in polacco del 1969.
5. La vicenda legata alle vicissitudini della rappresentazione teatrale di Processo e morte di Stalin, della mancata ripresa televisiva e dell’incontro con gli esuli dell’Est è raccontata da Corti, in forma quasi del tutto autobiografica, attraverso il personaggio di Michele Tintori nell’ultima parte de Il cavallo rosso.
6. P. Scaglione, Parole scolpite…, op. cit., p. 55