“Il Cavallo Rosso” di E. Corti – Sintesi della trama 2

I componenti della famiglia Riva riprendono le caratteristiche dei fratelli e dei genitori dell’autore, così come la loro casa a Besana/Nomana, una fabbrica del secolo scorso trasformata in abitazione.
Autore:
Giacomino, Giovanna
Fonte:
CulturaCattolica.it

Nel romanzo, gli industriali di estrazione popolare sono rappresentati soprattutto dalla famiglia di Ambrogio, i Riva. I componenti della famiglia Riva riprendono le caratteristiche dei fratelli e dei genitori dell’autore, così come la loro casa a Besana/Nomana, una fabbrica del secolo scorso trasformata in abitazione. Rivela lo scrittore:
Quella di Gerardo Riva è la figura di mio padre tale e quale; era veramente sua la “fissa” di creare sempre nuovi posti di lavoro. Allo stesso modo Giulia è mia madre. Quando, nel romanzo, faccio pronunciare a questi due personaggi parole che in realtà i miei genitori non hanno mai avuto occasione di pronunciare, gliele faccio rigorosamente dire alla maniera loro”. (1)
Anche i fratelli di Corti rientrano, come ispirazione, nel romanzo; essi però sono più che altro dei modelli, dai quali l’autore spesso si distacca per necessità narrative. Così, innanzitutto, dei dieci figli reali della famiglia l’autore ne utilizza solo sette, perché “dieci erano troppi rispetto alla media delle famiglie degli industriali paolotti di allora”. (2) Lo stesso Corti viene escluso, così come la sorella Angela, la più brillante tra loro (“un simile personaggio non poteva entrare nel libro, perché troppo esemplare: non mi serviva”) (3) e il fratello Francesco, di cui però sono presenti le battute umoristiche e il modo di parlare sempre scherzoso.
Ambrogio, protagonista maschile indiscusso de Il cavallo rossoinsieme all’amico Michele Tintori e al cugino Manno, deriva dalla fusione del fratello di Corti Achille (che, come Ambrogio nel romanzo, porta avanti con capacità l’industria paterna) e del cognato Galeazzo Riva, marito della sorella Pina, da cui viene ripreso anche il cognome per la famiglia. Così per tutti gli altri fratelli e sorelle di Ambrogio, tra cui ad esempio Rodolfo, che deriva da padre Corrado, fratello numero nove dello scrittore e missionario in Africa, e Francesca, che come la sorella Caterina sposerà il figlio degli industriali che entrano nel romanzo con il nome di Marsavi (anagramma del reale cognome Vismara).
Un ruolo particolare all’interno del romanzo è ricoperto dalla sesta sorella di Ambrogio, Alma. Di lei Corti dice: “è il personaggio che amo di più: spero che sia il più amato anche dal lettore”. (4) Per la sua religiosità, Alma riprende Pina, la sorella descritta da Corti come la più “paolotta”, ovvero cattolica praticante, di tutti loro. Per la mentalità pratica e l’aspetto fisico (la “statuina di marmo”, soprannome dovuto alla sua tendenza a non esternare le proprie emozioni), Alma è invece Vanda, moglie dello scrittore.
Con la famiglia Riva del romanzo vive anche il cugino Manno, altro personaggio a cui Corti è particolarmente legato e figura molto amata anche dai lettori. Il nome Manno deriva dal tedesco Mann , “uomo”, ed è stato scelto dall’autore per la sua concisione e sonorità e perché esso è un nome antico, usato nel Medioevo. Il riferimento storico di questo personaggio è particolare. Manno è infatti ispirato a Giuseppe Cederle, ufficiale vicentino caduto nella prima battaglia contro i Tedeschi a Montelungo, l’8 dicembre 1943. Cederle, che era studente di Lettere all’Università Cattolica di Milano (5), aveva la convinzione di essere destinato da Dio a un compito particolare; sarà, questa, la caratteristica principale di Manno.
Corti non ha però conosciuto Cederle di persona. Di lui e della sua opera di trascinatore durante la guerra di liberazione ha avuto notizia da alcuni soldati; in seguito, affascinato da questa eroica figura, l’autore si è documentato attraverso alcune pubblicazioni dell’esercito. Per questa ragione, la descrizione fisica di Manno (capelli color biondo tizianesco, aria distinta) è di fantasia: essa riprende un tipico uomo veneto, a sottolineare il fatto che Cederle fosse di Vicenza. La sua collocazione come cugino orfano in casa Riva, infine, deriva dal fatto che un cugino dello scrittore, vicino di casa e figlio unico, da ragazzo stava sempre con i fratelli Corti, tanto da essere considerato uno della famiglia.
Manno, ragazzo intelligente e sensibile, appassionato alla cultura greca e studente di architettura, è il primo ad essere chiamato alle armi, essendo il maggiore dei fratelli Riva. Viene spedito in Africa, sul fronte libico, da cui riuscirà a scappare nel 1943 in modo molto avventuroso con un viaggio su una motozattera, destinazione Sicilia. Si tratta anche in questo caso di un episodio realmente accaduto: il riferimento è al rimpatrio dell’unico figlio maschio della famiglia Badoni di Lecco, citata nel romanzo sotto il nome di Daboni, che ha poi perso la vita in una successiva drammatica circostanza (6). La vita da soldato di Manno non termina però qui: dopo una serie di vicissitudini, egli combatterà la sua ultima battaglia, proprio come Cederle, nella zona di Montelungo, uno degli avamposti di Montecassino, collaborando in maniera decisiva alla risalita dell’Italia.

NOTE

1. P. Scaglione, Parole scolpite…, op. cit., p. 170
2. Ibidem
3. Ibidem
4. Ibi, p. 172
5. Il suo nome è ora allineato con gli altri nella lapide che ricorda i ragazzi morti per la patria, nel secondo chiostro dell’Università Cattolica di Milano. Accanto al suo nome c’è la sigla M.O.V.M. (medaglia d’oro al valor militare). Cfr. ibi, p. 97
6. Per approfondimenti cfr. ibi, p. 175