Saulo, il persecutore dei Nazareni
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Trasferitosi da adolescente a Gerusalemme, dove già risiedeva una sua sorella sposata e con un figlio (cf At 23, 16), Saulo si mise alla scuola dell’ottimo rabbino Gamaliele il Vecchio (cf At 22,3), «stimato presso il popolo» (At 5, 34), del quale si scriverà che «con la sua morte cessò l’onore della Legge e sparirono la purità e l’astinenza» (Mishnàh, Sot. 9, 15). Con lui Saulo conobbe bene la Legge scritta integrata dalla Legge orale, basata su minuziose e varie applicazioni alla vita quotidiana.
Non abbiamo indizi di qualche contatto diretto con Gesù di Nazareth, crocifisso attorno all’anno 30, anche se non si esclude che Saulo fosse a Gerusalemme per la Pasqua di quell’anno.
Il suo primo contatto con la persona di Gesù avvenne tramite la testimonianza dei cristiani di Gerusalemme; non però con tutta la comunità, bensì soltanto con il gruppo dei giudeo-ellenisti di Stefano e compagni. Ad un fariseo «zelante» (Fil 3,6) come lui, era insopportabile sentire quegli eretici deviazionisti del movimento pro Gesù «pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio» (At 6,1): un nuovo ”cammino” che poneva al centro non più la Legge di Dio, ma la persona di Gesù, crocifisso e risorto, dal quale proveniva anche la remissione dei peccati.
Il passaggio dalla polemica verbale all’azione punitiva (anche nei confronti dei cristiani giudeo-ellenisti di Damasco, Tarso, Antiochia) sarà così descritto da lui stesso: «Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri» (Gal 1, 13s).
La sua divenne una persecuzione sempre più furente e devastante: «In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture e a bestemmiare e, infuriando all’eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere» (At 26, 11; cf anche At 8, 3; 9, 10-21). In preda a fanatismo, arrivava a flagellare e a verberare i cristiani (cf At 22, 4s. 19; 26, 11), infliggendo loro quelle stesse pene che lui stesso subirà dopo la conversione (cf 2Cor 11, 24s). A distanza di anni, proprio perché aveva perseguitato la Chiesa di Dio, si riterrà «l’infimo degli apostoli» (! Cor 15, 9).
In questo contesto, Saulo svolge la sua parte nella persecuzione nella quale il diacono Stefano muore martire (cf At 6, 8 - 7, 60). I particolari sono di Luca: «Proruppero in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane chiamato Saulo. E così lapidarono Stefano mentre pregava e diceva ”Signore Gesù, accogli il mio spirito”. Poi piegò le ginocchia e gridò forte: ”Signore, non imputar loro questo peccato”. Detto questo morì. Saulo era fra coloro che approvavano la sua uccisione» (At 7, 59; 8,1). E nella «violenta persecuzione » (At 8,1) che segue «Saulo intanto infuriava contro la Chiesa ed entrando nelle case prendeva uomini e donne e li faceva mettere in prigione» (At 8,3).
Più che un persecutore, Saulo sembra personificare la persecuzione.
Poco dopo lo vediamo impegnato ad estirpare la mala erba cristiana spuntata anche fuori Gerusalemme. Al Sommo Sacerdote i Romani riconoscevano forse una certa giurisdizione anche su tutte le comunità giudaiche fuori dalla Palestina, compreso il diritto di estradizione: «Sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al Sommo Sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne seguaci della dottrina di Cristo che avesse trovati» (At 9, 1s) Ma sulla via di Damasco - dove gli ebrei occupavano un intiero quartiere - l’attendeva l’agguato di Dio.