Il terzo viaggio di Paolo
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Il terzo viaggio (At 18, 23 - 21,16) dura 5 anni, dal 52/53 al 57 d. C.. Con i mezzi di allora, l’Apostolo percorrerà 2500/3000 Km, ma l’itinerario non è sicuro. Dapprima riattraversa la Galazia e la Frigia per ”confermare nella fede ” (At 18, 23) le chiese fondate nel 1° e 2° viaggio. Poi la tappa più importante - 2 anni e 3 mesi – fu quella di Efeso, capitale della provincia romana di Asia, 300/400mila abitanti, teatro principale di 25.000 posti, crocevia di molte carovaniere; il tempio di Artemide–Diana era considerato una delle 7 meraviglie del mondo (cf At 19, 27) e vi fiorivano magia e superstizione.
Infatti, nel timore che le conversioni cristiane danneggiassero il commercio degli idoli, l’orefice Demetrio monterà la sommossa dei fabbricanti e dei mercanti; la calma fu riportata a fatica, e con la consueta motivazione da parte dell’autorità romana, preoccupata soltanto di sedare disordini (cf At 19, 24-41).
Ad Efeso Paolo battezza ”nel nome del Signore Gesù”, e li conferma con l’imposizione delle mani, 12 discepoli che avevano ricevuto soltanto il battesimo penitenziale di Giovanni Battista, senza mai aver sentito parlare di Spirito Santo (cf At 19, 1-7). Servendosi della collaborazione di molti compagni (tra i quali Timoteo, Epafra, Erasto, Gaio, Aristarco e Tito), Paolo coordina l’evangelizzazione di «tutti gli abitanti della provincia di Asia» (At 19, 10), la parte cioè di cui Efeso era il centro, comprendente le 7 città citate in Ap 1, 11. Opera anche guarigioni prodigiose; lo imitano in questo degli esorcisti ambulanti giudei, ma senza esito; anzi, si convertono anche molte persone che avevano esercitato arti magiche (cf At 19, 11-20).
Dopo essersi forse recato ancora a Corinto nei 3 mesi invernali (per stroncare estremismi giudaizzanti), tornato ad Efeso, Paolo riparte, intenzionato ad attraversare la Macedonia e raggiungere la Grecia. Tre mesi dopo, il solito complotto giudaico lo costringe a tornare ad Antiochia di Siria senza attraversare la Macedonia. Preceduto e accompagnato dai suoi collaboratori, salpa da Filippi e in 5 giorni giunge a Troade. Durante una prolungata assemblea eucaristica serale, nel primo giorno della settimana che vi trascorse, ridona la vita al ragazzino Eutico, che – vinto dal sonno – era caduto da una finestra situata al 3° piano (cf At 20, 7-12).
In seguito, la compagnia di s. Paolo – che aveva fatto vela per Asso, dove aveva imbarcato l’apostolo che vi si era recato a piedi – tocca Mitilene e Samo e giunge a Mileto. Qui Paolo sollecita a raggiungerlo i principali «anziani delle Chiese» da lui fondate. A loro rivolge il terzo dei grandi discorsi ricordati negli Atti (in Atti 13, la sintesi della predicazione ai giudei; in Atti 17, la sintesi di quella ai pagani). Lo si può ritenere il suo testamento pastorale, redatto da s. Luca che era presente: ricorda il suo ministero in Asia (At 20, 18-20) e presagisce la sua morte (vv 22-27); raccomanda vigilanza (vv 28-30), disinteresse e carità (vv 33-35). Una testimonianza che destò commozione in tutti e che ci consegna un suo splendido profilo di padre autorevole (cf At 20, 17-38).
Siamo nell’anno 58 d. C. e Paolo ha fretta di essere a Gerusalemme per la Pentecoste. Ogni giorno un nuovo porto: Cos, Rodi, Patara. Su un’altra nave giunge a Tiro; la settimana dopo, parte per Tolemaide, il giorno dopo per Cesarea. Tutti lo sconsigliano di salire a Gerusalemme, perfino un profeta di nome Agabo giunto dalla Giudea. Ma Paolo si mostra irremovibile: « Io sono pronto non soltanto ad essere legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore». «Smettemmo di insistere: sia fatta la volontà del Signore!» (cf At 21, 13s).
A Gerusalemme viene accolto e ospitato da Mnasone di Cipro, discepolo della prima ora; fa visita a Giacomo e agli anziani, consegna il ricavato di una nuova colletta; Giacomo gli consiglia di recarsi al tempio, per assolvere a un voto e per tranquillizzare i tradizionalisti. È qui che viene riconosciuto dai giudei della provincia di Asia; questi sollevano un violento tumulto nei suoi confronti, per sedare il quale interviene dalla torre Antonia il tribuno romano, che non trova di meglio che incarcerarlo nella fortezza. Prima però gli concede di difendersi dalla folla inferocita con un discorso in ebraico; e viene a sapere che questo prigioniero è cittadino romano (cf At 21, 15-22, 29). È ormai cominciata la ”passio Pauli” (At 21-28), che con quella di Gesù avrà più di una somiglianza.