Il lavoro missionario di Paolo

Fonte:
CulturaCattolica.it
Bartolomeo Vivarini, Pietro e Paolo

L’attività missionaria, cui Paolo dedicherà i più che 25 anni che gli restano da vivere, contava dei precedenti che in qualche modo gli avevano preparato la strada.
Nello stesso ambito pagano, i predicatori stoico-cinici erano soliti uscire dal chiuso delle scuole e contattare la gente sulle piazze, con intenzioni più o meno disinteressate e con alterni successi.
Anche nell’ambito giudaico, tramite le sinagoghe, non mancavano coloro che – coscienti dei valori dell’ebraismo, quali il monoteismo e l’eccezionale fede di Abramo – erano animati da uno zelo fin eccessivo, dal quale già aveva messo in guardia Gesù: « Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito» (Mt 23, 15).
Perfino nell’ambito della Chiesa primitiva, i primi credenti di lingua aramaica avevano suscitato comunità cristiane in Giudea e Galilea (cf At 8, 1; 9, 31).
I giudei cristiani di lingua greca, dopo il martirio del loro capo Stefano, avevano portato il primo messaggio cristiano in Samaria con la predicazione del diacono Filippo (cf At 8, 5-8) e soprattutto nella Siria: con l’autorevole apporto di Barnaba (cf At 11, 19-24), a Damasco, a Tarso e in particolare ad Antiochia, erano già sorte comunità nelle quali – con la stessa fede in Cristo morto e risorto – convivevano ex giudei e coloro che non si consideravano vincolati al riposo sabbatitco, alla circoncisione, all’astinenza da cibi contaminati (i cosiddetti ”timorati di Dio”).

a) Da subito nelle sinagoghe

Non appena gli tornarono le forze, il neoconvertito si mise a predicare nelle sinagoghe: destando generale meraviglia, va’ proclamando Gesù di Nazareth come Figlio di Dio, cioè il Cristo (cf At 9, 19-22).
Poco tempo dopo, si reca nel regno arabico dei Nabatei (forse una zona presso il Mar Morto, dove si sono rifugiate comunità essene, non conformiste, ”elleniste”), sempre per annunciare Cristo Salvatore (cf Gal 1, 15-17).
Tre anni dopo, torna a Damasco (cf Gal 1, 17), da dove fugge nottetempo, calato dalle mura in un canestro, per sottrarsi ad una congiura che lo voleva morto (cf At 9, 23-25; 2Cor 11, 32s).
Compie una prima fugace visita a Gerusalemme (cf At 9, 26-29), dove trova Giacomo e Pietro, con il quale si confronta per 15 giorni (cf Gal 1, 18-24). Alla sua predicazione reagiscono i giudei di lingua greca, tanto che i cristiani ritengono meglio condurlo a Cesarea, donde partisse per Tarso.
Da Tarso, tre anni dopo, andrà a riprenderlo Barnaba, per introdurlo nella vita della Chiesa di Antiochia, allora 3a città dell’impero, con 500.000 abitanti, sede del governatore romano. I due stanno insieme per un anno, incrementando il numero dei convertiti, che proprio lì per la prima volta vengono chiamati ”cristiani” (At 11, 25s).
Torna poi a Gerusalemme e consegna al Tempio il ricavato di una colletta, in segno di unità e continuità con l’ebraismo. Siamo nel 43 d.C. e secondo alcuni è l’anno in cui va posto il ”Concilio di Gerusalemme”. La principale difficoltà incontrata da Paolo, agli inizi della sua predicazione, sarà sempre il pregiudizio e la diffidenza degli stessi cristiani che l’avevano subìto come accanito persecutore, e il rifiuto dei giudei irritati dal suo tradimento della religione dei padri e dal superamento netto delle osservanze richieste dalla Legge.