Il Cristo risorto e il suo ritorno glorioso

Fonte:
CulturaCattolica.it
Trasfigurazione di Cristo

Ovviamente, l’annuncio paolino di Cristo Risorto non è per nulla messo in ombra, in posizione marginale. Al re Agrippa, il procuratore Festo riassume il motivo per cui il suo singolare prigioniero ha destato il tumulto nel tempio unicamente nella questione «riguardante un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita» (At 25, 19).
Paolo presenta la risurrezione di Cristo come una verità sperimentata nella tradizione apostolica (alla quale egli stesso attinge), e documentata da innumerevoli testimonianze da lui puntigliosamente elencate (cf 1 Cor 15, 3-8). È l’avvenimento che qualifica la nuova religione cristiana, che Paolo non può tacere, anche sopportando il ridicolo da parte di rappresentanti della sapienza pagana (cf At 17, 31s).
Paolo annuncia Gesù come «il primogenito dei risorti» (Col 1, 18), come l’unico che ha sconfitto definitivamente la morte: «Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più poteri su di lui» (Rom 6, 9).
Quella di Cristo è anche la vittoria di tutta la famiglia umana sulla sua ”ultima nemica”, la morte (cf 1Cor 15, 26). E, con la consueta incisività, ricorda che senza Cristo crocifisso e veramente risorto, l’intera esistenza umana e cristiana non riuscirebbe a scampare dalla colpa e dalla morte: «Se Cristo non è risorto, è vana la nostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini» (1Cor 15, 17-19).
Ne deriverà che – essendo Gesù di Nazareth, morto e risorto, il cuore e il centro, la chiave di volta, del disegno del Padre – non c’è angolo di realtà che non abbia rapporto con Lui. Ovunque si trovi, poco o tanto che sia, tutto ciò che è vero – giusto – bello da Lui proviene e di Lui è partecipe. Soltanto in connessione con Lui, ogni realtà può essere ultimamente conosciuta e se ne può misurare il valore. Senza di Lui – a tutti necessario e sufficiente – non c’è che l’assurdità della insignificanza e il venir meno di tutte le speranze.

Del ritorno di Cristo, giudice e Signore, Paolo parla già nelle due lettere ai Tessalonicesi, le prime da lui scritte, da Corinto nell’inverno del 50-51 (cf 1Tes 4, 13 - 5, 11; 2Tes 2, 1-12). E lo fa nei termini e con le immagini della tradizione apocalittica giudaica e del cristianesimo primitivo (ladro, voce, tromba, angeli, nubi, fuoco), insistendo per un verso sulla imminenza imprevedibile di questa venuta, al punto da dare l’impressione che egli e i lettori la vedranno nella loro vita (cf 1Tes 4, 17) e quindi richiedendo più che mai la massima vigilanza nella perseveranza e sobrietà (cf 1Tes 5, 1-11. 25; Ef 5, 15-20); per altro verso (cf 2Tes 2, 1-12), calmando i suoi fedeli agitati da tale prospettiva, confusi da discorsi e scritti allarmanti, tentati di «vivere disordinatamente e senza far nulla» (2Tes 3, 12s).
Tra i segni riconoscibili che precederanno il ritorno del Signore, alla fine dei tempi, parla della apostasia di coloro che si lasciano distogliere dall’amore alla verità della fede (cf 1Tim 4, 1: 2Tim 3, 1; 4, 3s, ecc). Sarà provocata da un personaggio che porta tre nomi e si presenta come il grande nemico di Dio: è «l’uomo dell’empietà», «il figlio della perdizione», «l’avversario» (chiamato «Anticristo» in Gv 2, 18; 4, 3; 2Gv 7). Esso è lo strumento di satana, che già tanto opera nel «mistero dell’iniquità» (2Tes 2,7), il male; e, quanto all’ostacolo «che impedisce adesso la sua manifestazione» (2Tes 2,6), è incerto se sia l’impero romano o la predicazione del vangelo.
Cristo risorto «verrà a giudicare i vivi e i morti» (2Tim 4,1), ritornerà «un giorno a giudicare la terra con giustizia» (At 17, 31), dice Paolo agli Ateniesi. Ed ai Romani e Corinti, che si giudicano tra fratelli, chiede di rimettersi tutti al giudizio finale, nel quale «ciascuno renderà conto a Dio di se stesso» (Rom 14, 12; cf 2Cor 5, 10; 1Cor 4, 5; Rom 2, 16), a secondo di come avrà costruito sul «fondamento …che già vi si trova, che è Gesù Cristo» (1Cor 3, 11).
Colui che ritornerà alla fine dei tempi è il «Cristo Signore». « Per questo Cristo è ritornato alla vita, per essere il Signore dei morti e dei vivi» (Rom 14, 9). Ascendendo al cielo e sedendo alla destra del Padre, anche l’umanità di Gesù partecipa della potenza e signoria di Dio. La signoria di Cristo è «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione», perché il Padre «tutto ha sottomesso ai suoi piedi» (Ef 1, 21s; cf Fil 3, 21), «per riempire tutte le cose» (Ef 4, 10). Cristo è il Signore del cosmo e della storia, che in Lui trovano compimento, «ricapitolazione»: così che sia definitivamente «Cristo tutto in tutti» (Col 3, 11), perché «Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15, 28); tramite Cristo, «colui che detiene il primato su tutte le cose» (Col 1,18) e nel quale abita «ogni pienezza» (Col 1, 19; cf Ef 2, 23). Così sarà realizzato «nella pienezza dei tempi, il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose» (Ef 1,10). Ogni altro valore è «ombra delle cose che verranno, ma la realtà è Cristo» (Col 2, 17), il corpo del Risorto è la realtà essenziale e definitiva, il germe del nuovo universo.