Fino al martirio

Fonte:
CulturaCattolica.it
San Paolo fuori le mura, interno

Da altre fonti sappiamo che, al termine dei 2 anni di ”custodia libera”, Paolo venne assolto e addirittura prosciolto. Nessuno, infatti, si era presentato a confermare le accuse (da farsi entro 9 mesi per i prigionieri italici, entro 18 mesi se provenienti d’oltre mare). Da Roma avrebbe scritto le lettere ai Colossesi, agli Efesini e ai Filippesi – dette le lettere della cattività –, la 2° a Timoteo e il biglietto a Filemone.
Liberato che fu, poté forse realizzare il suo desiderio di spingersi in Spagna, estremo confine dell’occidente (cf Rom 15, 22-24). La missione rimase senza frutto ed egli pensò di ritornare ad Efeso e in Macedonia. È certo che nel 66/67 è di nuovo a Roma e stavolta costretto in ”custodia publica”, forma di prigionia dura, insieme anche ai delinquenti peggiori, all’interno di un pretorio romano (cf Fil 7. 13. 22).
L’arresto è forse avvenuto a Troade e all’improvviso, se in seguito pregherà il prediletto Timoteo di recuperargli mantello di viaggio, pergamene e libri, rimasti nella casa di un certo Carpo (cf 2Tim 4, 13).
Ormai le forze gli vengono a mancare, non sa nascondere la delusione perché nella prima udienza è stato lasciato solo a difendersi. Soltanto il fedelissimo Luca gli è rimasto accanto, mentre gli avversari sono tornati in forza, tanto che si trova ancora in catene. E a Timoteo fa qualche nome:
«Alessandro, il ramaio, mi ha arrecato molto male. Il Signore gli renderà conto secondo le sue opere. Anche tu guardati da costui, perché ha molto avversato le nostre parole» (2Tim 4, 14s).
La Lettera ai Corinti di papa Clemente Romano (96 d. C.), con numerose altre fonti posteriori, ci testimoniano che l’Apostolo delle genti – alla fine degli anni 60 (verso il 68), sotto Nerone – subisce il martirio per decapitazione: quella di un ”civis romanus” doveva essere eseguita fuori città e quella di Paolo avviene sulla via Ostiense a 3 miglia dalle mura, presso le Acque Salvie, dove oggi sorge l’Abbazia delle Tre Fontane. Così leggiamo: «Per la gelosia e la discordia, Paolo fu obbligato a mostrarci come si consegue il premio della pazienza…Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, e dopo esser giunto fino agli estremi confini dell’Occidente, sostenne il martirio davanti ai governatori; così partì da questo mondo e raggiunse il luogo santo, divenuto con ciò il più grande modello di perseveranza» (Ai Corinti, 5).
All’indomito testimone di Cristo la morte non era giunta inaspettata, come aveva confidato ancora a Timoteo: «Quanto a me, il mio sangue sta per essere versato in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (2Tim 4, 4s); «Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1, 21). Gli restava soltanto un dubbio: che il suo lavoro missionario fosse ancora di qualche utilità per sostenere la fede delle comunità cristiane che aveva disseminato in tutte le regioni del mondo allora conosciute (cf Fil 1, 21-26), esclusa Alessandria d’Egitto.

A s. Paolo fuori le mura: Paolo è qui!

Dopo la decapitazione alle Acque Salvie, Paolo venne sepolto sempre sulla via Ostiense, secondo la tradizione nella tomba della Matrona Lucilla. Durante la persecuzione di Valeriano (257-258) il corpo venne traslato, insieme a quello di Pietro, nelle catacombe di s. Sebastiano, lungo la via Appia Antica.
Nel IV secolo, ottenuta da Costantino la libertà religiosa e sotto papa Silvestro, le spoglie di Pietro tornarono in Vaticano, mentre quelle di Paolo vennero rideposte nell’antico cimitero sulla via Ostiense. Nel 320 Costantino costruì le due prime basiliche apostoliche sui sepolcri di Pietro e di Paolo, in modo che le reliquie dei co-fondatori della Chiesa restassero il fulcro dei riti e della devozione; vennero consacrate entrambe il 18 novembre del 324 (della chiesa edificata sulla tomba di s. Paolo non è rimasto nulla).
Nel 390. gli imperatori Teodosio, Valentiniano II e Graziano chiesero di ampliare la basilica, che venne significativamente ricostruita sul modello e più grande della basilica costantiniana di s. Pietro. Ai tempi di Valentiniano II (386) avvenne il posizionamento del sarcofago, contenitore di reliquie, il contatto con le quali era possibile attraverso una feritoia di 10 centimetri (serviva a ”mettere in comunicazione con l’altare” ed a introdurre ”brandea”, pezzi di tessuto che divenivano reliquie a loro volta).
La sontuosa basilica costantiniana fu completata da Teodosio, da Onorio I e dalla sorella Galla Placidia. Leone Magno ne ricostruì la navata destra, crollata nel terremoto del 433. L’edificio subirà l’incursione dei longobardi, dei saraceni e nel 1500 dei lanzichenecchi. Verrà fedelmente ricostruita nel 1854, dopo che il furioso incendio del 15/16 luglio 1823 l’aveva disintegrata.
In tutti questi secoli, su due lastre di marmo risalenti al IV secolo, - in piano, sotto l’altare papale, a circa 40 centimetri dal sarcofago - i pellegrini hanno potuto leggere l’inequivocabile scritta: PAULO APOSTOLO MART(yri). I lavori per sopraelevare la pavimentazione del presbiterio e per edificare altari fissi (l’ultimo fu quello di Gregorio Magno, attorno al 600) hanno mirato a uniformare l’altare della basilica paolina a quello di s. Pietro: al ciborio di Arnolfo di Cambio corrisponde quello del Bernini.
I pellegrini, cattolici e non, dell’Anno Santo 2000 chiesero agli archeologi di indagare per meglio poter venerare le reliquie del formidabile annunciatore di Cristo. Gli scavi del 2002 e 2003 porteranno al sarcofago a forma di tetto risalente al 390. Basterebbe ora introdurre, dalla feritoia chiusa sul fondo da un sottile strato di malta, una microtelecamera per portare alla luce imprevedibili nuove scoperte.
Circa 2500 pellegrini ogni giorno varcano oggi la soglia di S. Paolo fuori le mura, per rinnovare la memoria di Paolo. Si arriva all’altare della ”Confessione”, accompagnati da una artistica catechesi visiva sui co-fondatori della Chiesa e dell’intera sua storia: all’esterno, sui battenti murati della Porta Santa sono narrati 12 episodi della vita di Pietro e Paolo; all’interno, sull’antico portale bizantino, 54 pannelli bronzei raccontano la vita di Gesù e degli apostoli; 36 affreschi ottocenteschi sostituiscono il ciclo duecentesco delle storie di s. Paolo di Pietro Cavallini; lungo il perimetro delle navate del transetto, 294 medaglioni a mosaico ritraggono le serie dei papi da Pietro a Benedetto XVI (18 sono ancora vuoti).
Gli archeologi che proseguono l’esplorazione del sottosuolo vanno scoprendo – sotto e nei dintorni del sepolcro di Paolo – una necropoli pagana, come attorno alla tomba di Pietro sulla collina del Vaticano.