Condividere per annunciare

Fonte:
CulturaCattolica.it
Paolo Uccello, San Paolo, san Francesco, san Gerolamo

Prefiggendosi di recare l’annuncio evangelico ai più lontani - geograficamente e culturalmente, giudei o pagani che siano - il missionario Paolo ha cura innanzitutto di accostarli, immergendosi nella loro condizione e situazione, facendosi il più possibile “come loro”, ma sempre per proporre meglio Cristo Gesù Salvatore. È; questo, del resto, la modalità seguita da Cristo con l’Incarnazione: «Nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge» (Gal 4, 4); «Pur essendo di natura divina, … spogliò se stesso, … divenendo simile agli uomini» (cf Fil 2, 6-8).
Fino a che punto e con quanta generosità, lo ricorderà ai Corinti: «Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnare il maggior numero,… Giudeo con i Giudei,… come uno che è sotto la legge… Con coloro che non hanno la legge sono diventato come uno che è senza legge,… pur essendo io nella legge di Cristo. Mi sono fatto debole con i deboli per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventare partecipe con loro» (1Cor 9, 19-23; cf 2Cor 11, 29).

Una non trascurabile conferma di questo stile apostolico ci è data dalla costante preoccupazione di non gravare economicamente sulle comunità fondate.
Egli ne avrebbe diritto: «E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge, senza cibarsi del latte del gregge?» (1Cor 9, 7-18; cf 2Cor 11, 7-10; 12, 14; Gal 6, 6; 1Tes 2, 9; 2Tes 3, 8s).
Tuttavia, «ci affatichiamo con le nostre mani» (1Cor 4, 12), esercitando il mestiere di fabbricatori di tende, come farà nel laboratorio di Aquila, del quale era ospite (cf At 18, 3). Lo ricorderà perfino nel suo testamento spirituale: «Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20, 33s).
Questo totale disinteresse, al servizio della libertà della Parola, gli impedì di accettare aiuto alcuno, eccetto che dai filippesi (cf Fil 4, 10-19; 2Cor 11, 8s; At 16, 15) e lo spinse a raccomandare anche ai suoi collaboratori e fedeli di lavorare per provvedere alle proprie necessità (cf 1Tes 4, 11s; 2Tes 3, 10-12) e a quelle dei bisognosi (cf At 20, 25; Ef 4, 28).

Il desiderio di farsi tutto a tutti lo rende attento alle modalità di approccio e alla gradualità con cui proporre i contenuti stessi, pur non sottacendo mai la novità evangelica. Si direbbe che il missionario Paolo sia già attento alla necessità di “inculturazione” del messaggio. Ciò traspare sia quando si rivolge ai Giudei nella sinagoga (prima tappa di annuncio, ogni volta che raggiunge una nuova città), sia quando si imbatte sulle piazze con i pagani (dai quali va subito in cerca, dopo il rifiuto dei primi).