Mistero della Chiesa, corpo e sposa di Cristo Risorto

Fonte:
CulturaCattolica.it
san Paolo,Cattedrale di Parma

Nella visone paolina della salvezza, la natura e la funzione della Chiesa riveste importanza di
tutto rilievo: è la modalità che Cristo ha scelto per proseguire, dopo Pentecoste, la sua opera di redentore nel tempo e nello spazio; è l‘organismo vitale in cui lo Spirito inserisce e fa crescere l‘uomo nuovo; di norma, è la vita della Chiesa, la testimonianza dei credenti, a suscitare l‘interesse o almeno l‘interrogativo su Gesù, per accoglierlo o rifiutarlo.
Nella esperienza personale di Paolo, il tema della Chiesa è posto addirittura a partire dalla sua conversione, quando la voce del Risorto identifica con se stesso i cristiani che Saulo va a perseguitare a Damasco (cf At 9, 4s); e a quella comunità ecclesiale rimanda, perché sia iniziato alla nuova vita ricolmata dallo Spirito (cf At 9, 10-19; 22, 10-16). Paolo si era convertito nel contempo a Cristo e alla Chiesa. Per questo il suo comportamento persecutorio nel confronto dei cristiani sarà da lui giudicato come il peggior crimine (cf 1Cor 15,9; Gal 1, 13; Fil 3,6).
Tutto l‘insegnamento seguente confermerà la persuasione di come sia impossibile ormai separare Cristo Risorto dalla sua Chiesa, dove è presente e continua ad agire «l‘uomo Cristo Gesù, il solo mediatore tra Dio e gli uomini» (1Tim 2,5); costituendo con Lui quella comunione vitale nello Spirito, che s. Agostino chiamerà il “Cristo totale” (Tract. in Joh. 21, 8). Nelle “Grandi Lettere” (Galati, Corinzi, Romani), le due immagini principali preferite da Paolo per illustrare «questo mistero grande, in riferimento a Cristo e alla sua Chiesa» (Ef 5, 31) sono quella del corpo e quella della sposa, mai adeguatamente distinti, essendo anch‘essi «non più due, ma una sola carne» (Gn 2, 24).

Nella sua identità più profonda, la Chiesa è il “nuovo” Corpo di Cristo, suo Capo (cf 1Cor 6, 15-17; 10, 16s; 12, 12-27; Rom 12, 4s; Ef 1, 18-23; 4, 12; 5, 23-28; Col 1, 15-18. 24; 3, 11, ecc). Nessun altro autore cristiano del 1° secolo definirà la Chiesa come “corpo di Cristo”.
La rilevanza e la frequenza dell‘immagine del corpo alla quale Paolo ricorre per presentare il mistero ecclesiale non consente di considerarla marginale. Anche se nel magistero paolino non sempre è distinguibile ciò che è proprio del corpo di Gesù Crocifisso, del corpo Eucaristico e del corpo ecclesiale: organici e vitali i nessi reciproci, anche se non totalmente sovrapponibili.

Il significato del rapporto Cristo-Chiesa, secondo Paolo, risulterà più chiaro tenendo presente la funzione che la cultura semita e greca attribuivano al corpo nei confronti dell‘io vivente dell‘essere umano: il corpo è la componente che lo situa in un luogo e in tempo preciso, gli dona visibilità riconoscibile e gli consente di esprimersi, di comunicare e di operare incisivamente nella realtà che lo circonda.
Paolo utilizza l‘apologo classico che paragonava la società ad un corpo solidale, nonostante le sue membra siano distinte (cf 1Cor 12, 12-27). Ma natura e caratteristiche del Corpo “mistico” di Cristo non sono semplicemente riducibili ad una metafora di Paolo; appartengono invece alla sua visione di fede, che – con realismo accentuato nelle lettere della cattività – identifica sempre più il mistero del Corpo di Cristo con lo stesso mistero della Chiesa (cf Ef 1, 22s; 3, 20s; 5, 23; Col 1, 18-24).