Introduzione ai Promessi Sposi
Riflessioni su personaggi ed episodi de "I promessi sposi". «Desidero perciò proporre una lettura dei Promessi sposi che aiuti realmente i lettori a riconciliarsi con questo capolavoro che la riduttività dell'attuale didattica ha trasformato in un polveroso soprammobile».- Autore:
...E' stato detto che l'opera d'arte viene completata dal cuore di chi ne usufruisce perché riesce a guardarla con cuore commosso e non con un atteggiamento semplicemente riverente. E la commozione, - che è un con-muoversi, un con-dividere le stesse emozioni, le stesse intuizioni, le stesse verità eterne che un'opera d'arte sa comunicare -, è l'unico aspetto che, in tutta l' analisi tanto cara alla didattica di questi ultimi tempi, viene trascurata. Ed è così che i ragazzi, invece di essere invogliati a leggere, nell'attesa di qualcosa di vero e di corrispondente anche alle loro esperienze, vengono progressivamente allontanati da quello strumento, la lettura, che può aiutarli ad accostarsi alla realtà con un interesse vero.
Desidero perciò proporre una lettura dei Promessi sposi che aiuti realmente i lettori a riconciliarsi con questo capolavoro che la riduttività dell'attuale didattica ha trasformato in un polveroso soprammobile.
Sull'introduzione (Ma "la Storia" chi la fa?)
L'Historia si può veramente definire… E' davvero un esordio traumatico anche per il più volenteroso dei lettori che sarebbero tentati di interrompere la lettura molto prima di arrivare a quel famoso accidenti… che ha fatto desistere il Manzoni dal continuare la fatica di imitare un vecchio manoscritto secentesco dilavato e graffiato.
Ma andiamo con ordine: cosa mai avrà voluto comunicarci lo scrittore con questo tipo di approccio?
E val la pena di affrontare la lettura così impegnativa di questo ponderoso volume che è più croce che delizia dei nostri studenti?
Proviamo a vedere se può essere interessante tale lettura… senza cadere nella trappola, che Manzoni ha voluto ironicamente evitare, di scrivere un libro per giustificarne un altro.
A me sembra che, se si ha il coraggio di tradurre nell'Italiano oggi parlato quella paginetta di introduzione e se si fa anche lo sforzo di andare un po' più avanti, si capisce subito che l'autore cerca di stabilire un rapporto diretto con il lettore quasi ne volesse guadagnare la complicità.
Esordisce con quella che presenta come trascrizione da un vecchio manoscritto, ma che, pur rivelando le sue doti di rigorosa fedeltà alla mentalità del secolo che vuole presentare, gli fornisce anche lo spunto per lanciare i suoi strali ironici nei confronti del modo con cui viene concepita la Storia.
Già: la Storia... perché i suoi protagonisti devono essere sempre e soltanto Principi, potentati e qualificati personaggi?
Il popolo, ciascuno di noi con la sua umile quotidianità, perché non può essere anche lui protagonista?
Anzi, la domanda più interessante che può nascere è questa: come è possibile per ogni uomo, (e quindi anche per me) essere protagonista della Storia? Perché i tempi non sono cambiati: "così va spesso il mondo… voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo" dice Manzoni nel capitolo ottavo (a proposito dell'apparente prepotenza di Renzo). E ancor oggi la Storia la fanno i grandi o... i vincitori (quando addirittura non si giunge a riscriverla per motivi propagandistici); ma ciascuno di noi vuole essere protagonista riconosciuto, titolare esclusivo, almeno della sua umile vita, e vuole in qualche modo sentirsi fiero di aver fatto la sua piccola parte in quel breve spazio di tempo che il Destino gli ha riservato.
Non so se Manzoni fosse mosso da questo tipo di riflessioni; il fatto è che si confessa interessato dall'umile vicenda di queste genti meccaniche e di piccol affare e che desidera proporla ai suoi lettori.