Cap. 17 La Provvidenza

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Ah! Ne son proprio fuori!”, “Sta lì, maledetto paese”, “Ah mondo birbone! Basta; quel che Dio vuole”, “… E poi, la Provvidenza mi ha aiutato finora; m’aiuterà anche per l’avvenire”: queste le parole che affiorano nella mente di Renzo appena si sente al sicuro nella Terra di san Marco.
Come si vede il pensiero di dipendere da un Dio che ha a cuore il nostro umano destino, non è frutto di paure incontrollate, ma dimensione nella autocoscienza di Renzo. E questo Dio si esprime e si manifesta nella sua autocosapevolezza come Provvidenza.
In questa seconda parte del capitolo la Provvidenza viene più volte citata con fiducia da Renzo; cito almeno una delle frasi: E poi la Provvidenza m’ha aiutato finora; m’aiuterà anche per l’avvenire. E’ come se Manzoni volesse sottolineare proprio in questo capitolo che c’è un Destino buono per tutti e che interviene misteriosamente come Provvidenza; ma lo fa dire al suo personaggio. Pensiamo infatti alla scena che si presenta a Renzo all’uscita da un’osteria dove si era fermato per rifocillarsi prima di arrivare alla casa del cugino Bortolo: Nell’uscire, vide, accanto alla porta, che quasi v’inciampava, sdraiate in terra, più che sedute, due donne, una attempata, un’altra più giovine, con un bambino, che, dopo aver succhiata invano l’una e l’altra mammella, piangeva, piangeva; tutti del color della morte: e ritto, vicino a loro, un uomo, nel viso del quale e nelle membra, si potevano ancora vedere i segni d’un’antica robustezza, domata e quasi spenta dal lungo disagio. Tutt’e tre stesero la mano verso colui che usciva con passo franco, e con l’aspetto rianimato; nessuno parlò: che poteva dir più una preghiera? “La c’è la Provvidenza!” disse Renzo; e, cacciata subito la mano in tasca, la votò di quei pochi soldi: li mise nella mano che si provò più vicina, e riprese la sua strada. La refezione e l’opera buona (giacché siam composti di anima e di corpo) avevan riconfortati e rallegrati tutti i suoi pensieri. Certo, dall’essersi così spogliato degli ultimi danari, gli era venuto più confidenza per l’avvenire, che non gliene avrebbe dato il ritrovarne dieci volte tanti. Perché, se a sostenere in quel giorno que’ poverini che mancavano sulla strada, la provvidenza aveva tenuti in serbo gli ultimi quattrini di un estraneo, fuggitivo, incerto anche lui del come vivrebbe; chi poteva credere che volesse poi lasciare in secco colui del quale s’era servita a ciò, e a cui aveva dato un sentimento così vivo di sé stessa, così efficace, così risoluto?
Credo che davanti a queste parole ci sia solo da tacere e riflettere: come è corrispondente alla nostra umana natura il sapere che c’è un Destino buono, una Provvidenza, che con i suoi fili misteriosi si occupa di una famigliola affamata usando gli ultimi spiccioli di un esule, e nello stesso tempo ridonando fiducia e speranza in un esito buono dell’intricata vicenda a colui che s’è reso strumento di essa! Come è bello sapere che non siamo soli in questo infinito mare dell’esistenza e che non siamo in balia di forze estranee e ostili, ma teneramente e discretamente guidati da una mano sicura e affettuosa!
Non può non ridestarsi nel cuore di ciascuno, alla lettura di queste righe, una dolce nostalgia di un bene che avvertiamo come perduto nell’aridità e nel cinismo dei nostri anni. E il nostro cuore non può essere così assetato di una risposta alle sue attese, se questa risposta non c’è.
Il nostro mondo ormai scristianizzato vorrebbe censurare quella domanda costitutiva e forse un po’ ci riesce, ma poi la domanda si ripropone in modo sempre più invadente e doloroso, e certi episodi, certi fatti la fanno emergere in modo prepotente.