Cap. 24 Lucia lascia il castello
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E’ incredibile! ma è proprio una grazia che noi spesso non siamo a conoscenza dell’evolversi degli avvenimenti che poi accadono, a nostro favore o apparente sfavore, anche senza il nostro concorso. E’ una grazia perché ci viene risparmiata l’incertezza dell’attesa di tutta una serie di piccoli fatti che convergono nella mente di Dio verso la soluzione buona da Lui immaginata.
Il che accade per Lucia, alla quale, in questa prospettiva, si può dire che venga risparmiata un’ulteriore angoscia legata all’esito della visita del suo carceriere al cardinal Federigo.
E’ lì, in quella stanza, buia dell’inquietudine del castello, che passa da un’angoscia che si stempera in preghiera ad un provvidenziale assopimento. Non ha nemmeno voglia di nutrirsi: il pasto eccezionale, con il vino riservato agli ospiti di riguardo che l’Innominato le fa portare, riesce soltanto a rallegrare la vecchia del castello che non ha mai visto nulla di simile. E’ proprio vero che il bene più grande è la libertà, anche fisica come sa chi per lei vita rifiuta (Dante,Purgatorio, I, v.72)… ma è per noi quasi una nozione di altri tempi e siamo un po’ come Esaù che per un piatto di lenticchie vendette la primogenitura! Oppure troviamo degli astuti compromessi…
Lucia è una semplice paesana (e ricordiamo quell’omnia munda mundis, detto per lei da padre Cristoforo) e, come tutte le persone semplici e vere, vive semplicemente e in modo vero il suo attaccamento alla libertà senza esserne cosciente: ed è davvero un bene, perché quando si comincia a teorizzare la si finisce sempre in ideologia, cioè in utopia.
Nel suo immediato desiderio di libertà la giovane pensa unicamente a supplicare Dio, la Madonna (ricordiamo il suo voto) e ogni tanto volge lo sguardo a quell’ambiente grigio che la tiene prigioniera, nell’attesa spasmodica che accada quel che ha mendicato. Il che non toglie che ogni minimo cambiamento, come il sopraggiungere della donna incaricata di portarle del cibo, sia per lei un’ulteriore angoscia. Come un inizio di angoscia accompagna l’arrivo imprevisto di don Abbondio con la buona donna del paese vicino, incaricata di accoglierla nei primi tempi della liberazione. Naturalmente chi accompagna i due salvatori da Lucia è l’Innominato che ora è quasi paralizzato dalla vista del male che ha fatto a quella fanciulla spossata da una notte di angoscia; e che finalmente acquista la capacità di guardare quel volto affannato dal patire prolungato; guardare, capire e esplodere in un timido e inusitato è vero(…) perdonatemi! Bernanos, già citato, ci suggeriva che solo in Dio uno può conoscere sè stesso: l’Innominato ora che ha visto il volto buono bel Mistero nell’accoglienza affettuosa del cardinal Federigo, ora si conosce, vede la verità della sua persona e di colei alla quale ha fatto così tanto male e non ha esitazione a chiedere perdono: anche lui non è uno che teorizza sulle cose, ma le vive con intensità umana.
In queste prime righe del capitolo 24 compare un altro personaggio, la buona donna, moglie del sarto del paese, che viene incaricata di andare con Don Abbondio e l’Innominato a liberare Lucia. E’ evidentemente una donna pratica e piena di fede vera, che la rende capace di immedesimarsi nello stato d’animo della giovane rapita: lo si capisce dalla delicatezza con cui accoglie Lucia, dalle parole di incoraggiamento decise e affettuose che le dice e, soprattutto da quel suo saper tenere a freno la naturale curiosità di conoscere quale segreto nasconda tutta quella vicenda, che solo l’interessata conosceva nella sua interezza… o meglio, conosceva in modo senz’altro più dettagliato di quanto non si comprendesse dai fatti straordinari che si erano verificati.
Solo che Lucia non era nemmeno in grado di formulare un quadro anche minimamente verosimile della situazione: e chi lo sarebbe stato? Noi ne siamo informati grazie all’autore che ci ha raccontato i fatti… ma i personaggi… sono personaggi e devono fare la parte che l’autore loro assegna…
Della curiosità della donna Manzoni generosamente e realisticamente afferma: “Dire che questa buona donna non provasse molta curiosità di conoscere un po’ più distintamente la grand’avventura nella quale si trovava a fare parte, non sarebbe la verità. Ma bisogna dire a sua gloria che, compresa d’una pietà rispettosa per Lucia, sentendo in certo modo la gravità e la dignità dell’incarico che le era stato affidato, non pensò neppure a farle una domanda indiscreta, né oziosa: tutte le sue parole, in quel tragitto, furono di conforto e di premura per la povera giovine.
Ed è talmente compresa dal compito che le è stato affidato, che si accorge subito che Lucia ha bisogno di mangiare e di ristorarsi ed è a questo bisogno che ella provvederà.