Cap. 27 Don Gonzalo
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Il cap. 27 si apre con un doveroso cenno alla guerra per il Ducato di Mantova, che, nonostante possa sembrare una noiosa cornice, offre però lo spunto per una riflessione sulle umane miserie; anche perché Manzoni, laddove mancano delle sicure fonti, pur sempre rispettando la realtà dei fatti (non riscrivendo la Storia, come qualcuno ultimamente s'è preso il vezzo di fare), è costretto a inventare, come tutti gli storici: fortuna che c'è avvezzo! : ha detto lui stesso ironicamente in altra occasione.
Molto realistica perciò risulta la figura di don Gonzalo che aveva messo, con gran voglia, l'assedio a Casale; ma non ci trovava tutta quella soddisfazione che s'era immaginato: che non credeste che nella guerra sia tutto rose: troppe complicazioni per il povero don Gonzalo, certo abituato a ben altre soddisfazioni e a credere che le cose basti progettarle perché abbiano un effetto soddisfacente. Il che non è un difetto che solo lui aveva, dal momento che facilmente si tende a credere che i sogni, o i progetti accuratamente architettati, abbiano la possibilità di sicura realizzazione.
Ma la realtà non la facciamo noi con le nostre pur brillanti idee e con le nostre attente programmazioni. Possiamo contribuire a modificarla, certo, ma in misura quasi sempre di gran lunga inferiore ai nostri progetti. Perché ci sono tutta una serie di elementi, come l'intervento di altre libertà in azione o l'accadere dell'imprevisto, che ci spiazzano da ogni parte.
Simpatica è decisamente anche quell'altra debolezza del nostro insoddisfatto condottiero, che, essendo governatore di Milano, deve provvedere ai tumulti di san Martino, e naturalmente non può riconoscere apertamente che le sue forze e capacità sono quelle che sono, per cui davanti al Residente di Venezia (…) venuto ad esplorare (…) nella sua faccia e nel suo contegno come stesse dentro di sé (notate tutto: ché questa è politica di quella fine!), non potendo dire espressamente: Non ho paura il che sarebbe come non dir nulla, trova il vecchio espediente di fare il disgustato, di querelarsi, di reclamare. E Renzo ne paga le conseguenze perché, usato come capro espiatorio per tutti i tumulti, viene fatto ricercare… almeno in un primo momento.
In seguito il nostro don Gonzalo, avendo ben altro per la testa, non si occupò più d'un affare così minuto e Renzo poté riavere una relativa libertà.
Se ci si pensa c'è da rabbrividire: la sorte di una persona, la sorte di ciascuno di noi è legata agli oscuri meandri della coscienza, nostra o degli altri, che fa e disfa senza pensare alle conseguenze del suo agire… E con la nostra superficialità collaboriamo al destino del mondo, nel bene come nel male.
Non c'è nulla che possa sfuggire a questa legge dell'esistenza. Tutti collaboriamo, volenti o nolenti, al destino del mondo.