Cap. 25 Donna Prassede
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Quando nel romanzo compare donna Prassede, non può non venire in mente qualche nostra vecchia zia un po' brontolona e saccente, alla quale in fondo vogliamo bene, anche se… preferiamo stare alla larga, se possibile: è il risultato di alcune sapienti pennellate con le quali il Manzoni tratteggia questo indimenticabile personaggio, messo là apposta a… perseguitare la povera Lucia.
L'avvio è come di consueto molto tranquillo e assolutamente non fa presagire questo ulteriore dramma per la nostra protagonista femminile: "Poco distante da quel paesetto, villeggiava una coppia d'alto affare…ma poi arriva subito la frecciatina: Era donna Prassede una vecchia gentildonna molto inclinata a far del bene" [naturalmente il Manzoni riporta i giudizi di quel popolo che nella sua semplicità si basava unicamente sulle apparenze… e le cose non sono molto cambiate: tutti i tempi si assomigliano!]. Ma leggiamo subito dopo il giudizio benevolo e anche tagliente dell'autore: "mestiere certamente il più degno che l'uomo possa esercitare; ma che purtroppo può guastare, come tutti gli altri". Certo che se il far del bene diventa un mestiere part time, può guastare. E vediamo ora l'affondo quasi impietoso, se non fosse in un contesto così pacifico e inoffensivo: "Per fare il bene, bisogna conoscerlo; e, al pari d'ogni altra cosa, non possiamo conoscerlo che in mezzo alle nostre passioni, per mezzo de' nostri giudizi, con le nostre idee; le quali bene spesso vanno come possono. Con le idee donna Prassede si regolava come dicono che si deve fare con gli amici: n'aveva poche; ma a quelle poche era molto affezionata: Tra le poche, ce n'era per disgrazia molte delle storte; e non eran quelle che le fossero men care…"
Una gentildonna come lei, dunque, molto inclinata a far del bene, e certamente abbastanza partecipe degli eventi del tempo, appena sa di Lucia e della sua prodigiosa liberazione, decide di avere anche lei la sua piccola parte in questi fatti così inusitati. A dire il vero, il suo proposito non è del tutto gratuito e disinteressato; il suo bravo interesse l'aveva anche se in assoluta buona fede: Oltre il bene chiaro e immediato che c'era in un'opera tale, donna Prassede ce ne vedeva, e se ne proponeva un altro, forse più considerabile, secondo lei; di raddrizzare un cervello, di metter sulla buona strada chi n'aveva bisogno.
Ed ecco la nobile missione di raddrizzare il cervello e mettere sulla buona strada la povera Lucia: fin da quando aveva sentito la prima volta parlar di Lucia, s'era subito persuasa che una giovine che aveva potuto promettersi a un poco di buono (…), qualche magagna, qualche pecca nascosta la doveva avere. Dimmi chi pratichi e ti dirò chi sei: ancora il solito proverbio, che altrove abbiamo definito come espressione della mediocrità di un popolo, e che qui diventa ancor più evanescente perché si basa su delle premesse alquanto labili: il "sentito dire" generico delle notizie sensazionali che via via si arricchiscono di particolari di assoluta fantasia.
Risulta inoltre interessante lo sguardo che donna Prassede ha nei confronti di Lucia; sguardo fortemente condizionato da quelle passioni, quei giudizi, quelle idee, poche ma tenaci, che ormai facevano parte della sua forma mentis. Ed ecco una descrizione di Lucia assolutamente superficiale, ma ritenuta esauriente dalla anziana e testarda nobildonna: non che in fondo non le paresse una buona giovine; ma c'era molto da ridire. Quella testina bassa, col mento inchiodato sulla fontanella della gola, quel non rispondere, o rispondere secco secco, come per forza, potevano indicar verecondia; ma denotavano sicuramente caparbietà: non ci voleva molto a indovinare che quella testina aveva le sue idee.
Dove sta l'errore di donna Prassede? E come evitare un simile errore di valutazione?
Il primo errore consiste nel fatto che la nostra nobildonna parte da un'ipotesi negativa nel giudicare i fatti; e questo è un punto di partenza che chiude il cuore e l'intelligenza alla comprensione della realtà.
Quanto all'errore di valutazione, c'è da rilevare una notevole imprudenza, nonostante l'età avanzata, nel valutare sulla base di pregiudizi non verificati seriamente.