Cap. 11 La vicenda continua...

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Qualcuno ha detto: “Se Dio non esiste, tutto è permesso” e le vicende della prima parte di questo undicesimo capitolo sono totalmente dimentiche dell’esistenza di quel Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola (Manzoni, 5 maggio). L’autore preferisce, stavolta, non intervenire di peso con le sue considerazioni, limitandosi il più possibile a presentare i fatti. Quasi tutti i personaggi finora conosciuti, coinvolti, volenti o nolenti, nella vicenda delle nozze clandestine, compaiono, ognuno con il proprio temperamento che Manzoni rispetta totalmente; anche se ogni tanto introduce qualche similitudine o qualche brevissimo giudizio che tradiscono tutta la comprensione che egli ha dell’animo umano.
In tutta questa prima parte del capitolo nel quale davvero “Dio se c’è, non c’entra” (C. Fabro), l’unica notazione articolata e ironica riguarda… l’amicizia: “Una delle più grandi consolazioni di questa vita è l’amicizia, e una delle consolazioni dell’amicizia è quell’avere a cui confidare un segreto. Ora, gli amici non sono a due a due, come gli sposi, ognuno, generalmente parlando, ne ha più d’uno: il che forma una catena, di cui nessuno potrebbe trovar la fine. Quando dunque un amico si procura la consolazione di deporre un segreto, dà a costui la voglia di procurarsi la stessa consolazione anche lui. Lo prega , è vero di non dir nulla a nessuno, e una tal condizione, chi la prendesse nel senso rigoroso delle parole, troncherebbe immediatamente il corso delle consolazioni…” e su questo tono continua l’autore per un bel po’ con sguardo divertito. La sua bonomia, che non manca mai, è come un grande toccasana che ci riconcilia con questi personaggi e con la loro umanità così poco eroica, ma vera in tutta la sua fragilità.


La seconda parte del capitolo ci riporta da Renzo che, dopo la dolorosa separazione da Lucia, raggiunge Milano. Naturalmente il suo viaggio non lo vede semplice spettatore del panorama, ma tutto assorto a ripensare a quel birbone responsabile dei suoi guai. Lo conosciamo, e non ci è difficile immaginare le sue riflessioni che passano dalla rabbia e desiderio di vendetta al ricordo della preghiera fatta con padre Cristoforo, Lucia e Agnese prima della separazione. Gradevolmente Manzoni ci descrive il suo stato d’animo sottolineando che quando vedeva “un’immagine [sacra], sul muro, si levava il cappello, e si fermava un momento a pregar di nuovo. Tanto che, in quel viaggio, ebbe ammazzato in cuor suo don Rodrigo, e risuscitatolo ameno venti volte”.
Una piccola osservazione in merito: le immagini sacre dovevano essere allora abbastanza numerose e importanti, se riuscivano a interrompere il flusso dei pensieri tumultuosi del nostro giovane, costringendolo a levarsi il cappello e a pregare. La loro presenza dunque in qualche modo aiutava la memoria di ciò che era ritenuto essenziale per la vita, cioè il rapporto col sacro. Ora tali immagini sono quasi completamente in disuso, quando addirittura non si pretende di eliminarle perché ritenute offensive nei confronti di chi non appartiene o rifiuta la cultura cristiana che è alla radice della nostra storia…
E’ proprio un mistero che si sia perduta anche la consapevolezza di avere un’identità da difendere per poter affrontare dignitosamente il dialogo con tutti… quell’identità che non rifiuta le proprie radici, ma che è un punto di riferimento saldo cui attingere, anche per prenderne le distanze; perché non si può prendere le distanze da ciò che non si conosce…


Come scopriremo insieme al nostro campagnolo, la situazione a Milano è in subbuglio, ma Renzo non sa ancora che quello è un giorno in cui le cappe s’inchinavano ai farsetti.
Gradevolissime le riflessioni di Renzo che, stupito, vede tutta quella farina buttata per le strade, e addirittura trova dei pani freschi e profumati per terra. Infine, alla vista di un originale e sconcio trio, padre , madre e figlio stracarichi di farina e di pane che schiamazzano tra di loro e scambiano informazioni con altri che vanno alla caccia di un analogo bottino, si rende conto che quello era un giorno di conquista, vale a dire che ognuno pigliava a proporzione della voglia e della forza, dando busse in pagamento.