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Cap. 29-30-31 La storia continua...

Fonte:
CulturaCattolica.it ©

In questi tre capitoli ritroviamo diversi nostri personaggi alle prese con i nuovi gravi eventi che sconvolgono la storia di quegli anni, in particolare la calata dei Lanzichenecchi che costringe gran parte della popolazione delle campagne ad un esodo forzato verso luoghi più sicuri. Ritroviamo don Abbondio, Perpetua, Agnese, il sarto, l'Innominato, sempre fedeli e coerenti con il loro carattere.
Ma nel capitolo 31 si apre un nuovo inquietante scenario: l'arrivo della peste.
Anche i governi dei nostri tempi difficilmente riescono a porre freno al diffondersi di un'epidemia: perciò non si può addebitare al malgoverno e all'incapacità delle autorità del tempo il diffondersi proditorio di tale flagello, tenuto conto anche delle conoscenze mediche e dell'imperizia oggettiva di chi aveva la possibilità di decidere.
Manzoni si limita a registrare con doloroso realismo le varie fasi del processo di avvicinamento di tale flagello sulla base delle testimonianze storiche non sempre coincidenti. I fatti erano e sono inesorabili e spesso ci vedono spettatori coinvolti, ma impotenti.
Interessante è il tentativo di censurare da parte delle autorità, inconsapevolmente ottimiste e assolutamente incapaci di fronteggiarlo, il male inevitabile: In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l'idea si ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste; vale a dire peste sì, ma in certo senso; non peste proprio , ma una cosa alla quale non si sa trovare altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto; ma già ci s'è attaccata un'altra idea, l'idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l'idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro.
Si tratta di un procedimento di graduale avvicinamento alla verità delle cose che impone la resa a chiunque spera di modificare la realtà in base al proprio tornaconto o al proprio vano progetto. E non è in fondo da imputare a malafede sfrontata: spesso è solo superficialità, mancanza di valutazione responsabile degli eventi, ignoranza di certi accorgimenti, e mille altri aspetti della nostra limitata intelligenza che cerca di districarsi davanti all'inevitabile. Manzoni lo sa e non ne approfitta per accusare o stigmatizzare certi comportamenti (il che sembrerebbe molto più intelligente, dignitoso e liberante), ma riconosce semplicemente e umilmente il nostro umano limite, lontano mille miglia da quel sì, sì, no,no evangelico, che molti o non conoscono o hanno totalmente dimenticato. Ecco infatti la conclusione del cap.31: Si potrebbe però, tanto nelle cose piccole come nelle grandi, evitare, in gran parte, quel corso così lungo e così storto, prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d'osservare, ascoltare, paragonare, prima di parlare.
Ma parlare, questa cosa così sola, è talmente più facile di tutte quell'altre insieme, che anche noi, dico noi uomini in generale, siamo un po' da compatire.
Noi uomini – dice Manzoni – siamo fatti così; ed è vano illudersi che esistano gli eroi senza macchia tanto cari anche ai moralisti del nostro tempo che, ignari della trave dei loro occhi, si scagliano contro le fragilità altrui… per dimenticare le proprie…