Cap. 9 Il primo incontro con la signora

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Decisamente difficile questo primo incontro per la povera Lucia, che davvero merita la definizione su cui ci siamo soffermati precedentemente: omnia munda mundis!
Il fatto è che Lucia ha avuto la gran fortuna di arrivare ai suoi diciotto, vent'anni, con il privilegio che ad alcune creature viene concesso di essere risparmiate dalla vita, nonostante le circostanze molto probabilmente avverse: esiste infatti una misteriosa condizione di "innocenza" che è molto simile a quella dei bambini e che è totalmente inconsapevole di sé.
Ebbene è come se si creasse intorno a queste creature come una barriera che le difende dal male che corrompe l'anima, anche in circostanze oggettivamente pericolose. La loro anima è proprio un mistero e non è detto che, per il fatto che non ne conosciamo, siano frutto della fervida immaginazione del Manzoni.
Lucia è così. E lo scopriamo in modo particolarmente evidente in occasione del suo primo incontro con la monaca di Monza, che per il momento si presenta al lettore come la signora.
Sorvolo sui particolari così acutamente descrittivi del misterioso carattere di questo personaggio, per portare l'attenzione sul rossore di Lucia e quello della signora.
Ad una prima lettura questo arrossire di Lucia, per noi che siamo così poco abituati al pudore, sembra quasi infastidire. Ma poi c'è un altro rossore a cui non avevamo pensato, ed è appunto quello della signora.
Ma è bene riportare almeno alcuni particolari essenziali.
Lucia e Agnese arrivano, accompagnate dal cappuccino amico di padre Cristoforo, al monastero di Monza: viene loro presentata una monaca che viene descritta con molta minuzia dall'autore, ma che non colpisce per la sua singolarità le due donne, poco avvezze ad aver a che fare con le monache. E d'altro canto, cosa potrebbero stare a sottilizzare due esuli come Lucia ed Agnese? Esse desiderano solo un rifugio e sanno di potersi fidare di un amico di padre Cristoforo come si fidano di lui. Capiscono però di aver a che fare con una persona importante, e sono là tutte intimidite a tentar di rispondere alle domande indiscrete della giovane monaca; la quale insiste, incuriosita dalla vicenda di Lucia, e vorrebbe sentire da lei come sono andate le cose.
"Lucia diventò rossa, e abbassò la testa",
dice Manzoni, e la mamma, per toglierla dai pasticci, tenta di rispondere al suo posto. Viene zittita dal padre guardiano, che le ha accompagnate e che riferisce velocemente la loro situazione in modo da non apportare turbamento alle orecchie purissime di una suora. Davanti a questa sottolineatura del cappuccino ecco che arrossisce anche la monaca. Ma Manzoni, che non si lascia sfuggire nulla, osserva: "Era verecondia? Chi avesse osservata una rapida espressione di dispetto che accompagnava quel rossore, avrebbe potuto dubitarne; e tanto più se l'avesse paragonato con quello che di tanto in tanto si spandeva sulle gote di Lucia".
Capiamo così che esistono due modi di arrossire; e tra noi è molto più conosciuto, se non addirittura apprezzato, il secondo tipo di rossore…


Un altro particolare importante, di questo primo incontro tra Lucia e la giovane monaca, è il modo addirittura dolce con cui la religiosa la tratta: con la sua "innocenza", - così evidente per chi non è stato risparmiato dalla vita, ma la sofferenza ha reso profondamente sensibile -, la nostra giovane riesce ad aprire uno spiraglio nel cuore dell'infelice monaca…
Proprio come Lodovico che, divenuto fra Cristoforo, con la sua sola presenza, era riuscito a trasformare il clima del banchetto, preparato dalla famiglia dell'ucciso per umiliarlo, in un'occasione di conversione.