Cap. 13 La curiosità di Renzo
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Spinto dalla curiosità, Renzo, da semplice spettatore, si trasforma in attore dentro la confusione di quel giorno di san Martino a Milano.
E qui si impone una riflessione.
Sembrerebbe che la curiosità sia una caratteristica negativa, viste le conseguenze per il povero Renzo. In realtà, se si escludono gli aspetti morbosi e inutili di questa peculiarità dell’uomo, occorre tener presente che essa è un aspetto irrinunciabile della nostra natura; tanto che, se si censurasse la curiosità, non solo l’uomo non crescerebbe come singolo, ma l’intera umanità si sarebbe dovuta privare di tutte quelle invenzioni e scoperte che le hanno permesso e le permettono il progresso.
Come in tutte le cose, ciò che è originario nel cuore dell’uomo ha una positività intrinseca, che può essere vanificata solo dalla nostra libertà che ne fa un uso inadeguato.
Renzo è aperto alla realtà, la guarda con curiosità e attenzione, e, finché rimane semplice spettatore, si limita a dei giudizi improntati al buon senso. Tale buon senso, non ancora smaliziato, lo porta però a lasciarsi coinvolgere in modo imprudente dalla marea della folla. Il suo primo passo è quell’ “Oibò! vergogna!” detto davanti allo spettacolo del vecchio malvissuto, che, spalancando due occhi affossati e infocati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa, agitava in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi, con che diceva di voler attaccare il vicario a un battente della sua porta, ammazzato che fosse. E a questo punto le cose precipitano: la folla, come un animale impazzito, lo identifica con un servitore del vicario,(…) una spia e vorrebbe farlo a pezzi; ma una provvidenziale scala, che s’avanza a balzelloni e serpeggiando sorretta da improvvisati trasportatori, crea un diversivo, e Renzo ne approfitta per sgattaiolare e tornare al proposito di recarsi al convento per aspettare padre Bonaventura.
Ma ecco un’altra novità per gli occhi di Renzo non resi ancora guardinghi dal pericolo appena scampato: l’arrivo di Ferrer in carrozza per ridurre al massimo le conseguenze di quel tumulto inferocito contro il povero Vicario di provvisione. Il suo avanzare in mezzo alla confusione si rivela abbastanza difficile, anche a causa dei sentimenti contrastanti della folla: da un lato coloro che si rendono conto della pericolosità della situazione e dall’altro coloro che fan di tutto per ispinger le cose al peggio.
Renzo naturalmente appartiene all’“anima buona” della folla, e, comprendendo che Ferrer interviene per salvare il Vicario da un sicuro linciaggio, fa di tutto per agevolare il lento avanzare della carrozza.
Ed è così che finisce per dimenticare il motivo per cui era a Milano.
Un’altra osservazione.
Viene spontaneo paragonare questo agitarsi informe di quella folla milanese a certe manifestazioni multicolori e grottescamente allegre e irresponsabili dei nostri tempi, non estranee a degli episodi di violenza gratuita e pericolosa. C’è però una differenza, – che non giustifica comunque la violenza dell’una o dell’altra parte -, ed è che a Milano nel 1628 la gente era davvero affamata e non aveva altro modo per farsi sentire. Ora invece i nostri manifestanti sono sazi e soddisfatti e protestano in nome di pure ideologie, che tutt’al più riescono a solleticare una sensibilità narcotizzata dai mass media, ma li lasciano sostanzialmente sazi e soddisfatti. Se poi sono studenti – non tutti, perché qualcuno che ragiona riesce a sopravvivere, nonostante tutto – le suddette ideologie offrono un bel pretesto (sempre che ne siano stati informati) per disertare le lezioni che, notoriamente, sono più noiose e impegnative di un corteo multicolore e vociante che li aiuta a dimenticarsi di esistere.
Si può dire che mentre allora a Milano il concorso di popolo era determinato da una reale necessità e quindi era in gran parte spontaneo, anche se poi il temperamento dei singoli finiva col dar vita alle due anime della folla, ora sono da ritenere credibili solo quelle manifestazioni realmente pacifiche che nascono da bisogni veri e ignorati; ma purtroppo tali manifestazioni, chissà perché, non trovano ospitalità nei mass media.