Lewis, C. S. - Le cronache di Narnia

Mondadori, Euro 20
Fonte:
CulturaCattolica.it

Su Narnia e il suo mondo fantastico

Ho appena finito di leggere i sette romanzi di C. S. Lewis del ciclo di Narnia.
E' difficile dire quanto per me siano stati belli… mi ricordano l'effetto che mi fecero "Le lettere di Berlicche" dello stesso autore, che per un anno accompagnarono le mie meditazioni quotidiane.
E' anche grazie al gustosissimo Berlicche che ho imparato a discernere tra ciò che era bene e ciò che era male e che spesso uno non riesce a comprendere, immerso come è nella mentalità scristianizzata del nostro tempo.
Ora, leggendo "Le cronache di Narnia" riconosco l'autore e ritrovo quell'interesse, stavolta pieno di stupore, per il modo così cristiano, seppur legato al mito, di concepire la realtà.
Devo dire che i primi romanzi della serie erano un'introduzione al mondo fantastico e fatato dove realtà e simbolo coincidono in modo così naturale che uno fatica a rendersene conto.
Negli ultimi invece è come se l'autore volesse accompagnare il lettore nell'affascinante avventura della scoperta del proprio destino bello.
Aslan, il Leone buono, potente e irresistibile, è sempre presente nel cuore e nel desiderio dei protagonisti, siano essi i bambini o gli animali parlanti, ma è sempre più spesso lontano fisicamente.
La memoria di Lui però dà forza e certezza nell'affrontare le situazioni più drammatiche, perché c'è sempre la certezza di un compito sostenuto dal suo aiuto… è la certezza che comunque si tratterà di una "storia a lieto fine".
Ho in mente situazioni veramente drammatiche che i protagonisti sono costretti ad affrontare per portare a termine delle imprese che Aslan, in una rapida comparsa, affida loro all'inizio dell'avventura.
E quel che stupisce è la fiducia straordinaria dei protagonisti, - così affascinante per bambini e grandi dal cuore rimasto bambino e fedele e a sé stesso -, quella fiducia, quella certezza che Aslan garantirà l'esito buono.
Come pure è incredibile il modo con cui Lewis spiega attraverso la vicenda dei nani, che hanno perso la capacità di fidarsi, in cosa consista l'inferno già in questa vita terrena.
L'Inferno, sembra dire Lewis attraverso il comportamento di queste creature rese ottuse dalla loro incredulità, è il non saper cogliere il significato profondo della realtà, che è infinita positività.
E il Paradiso non è altro che la Verità della realtà che già in questa terra è possibile cogliere in modo confuso.
Certo questa è la mia personale interpretazione, ma non credo si discosti da quanto pensava Lewis e certamente chi legge quelle vicende di bambini, fauni, centauri, driadi, animali parlanti di ogni specie non può immediatamente pensare a questo significato perché Lewis ha il potere, come anche negli altri suoi romanzi per adulti, di introdurci nel mondo da lui immaginato e accompagnarci con discrezione ma con decisione.
Ecco perché ritengo che questi romanzi del ciclo di Narnia siano preziosissimi soprattutto per l'educazione dei nostri bambini alla lettura. Tutti i valori cristiani vi sono rappresentati, non come leggi noiose da apprendere, ma come qualità positive di personaggi, che si fanno subito amare. Il che rende tali vicende come propedeutiche alla conoscenza del Cristianesimo in tutta la sua sconvolgente realtà: se i bimbi ritrovano nel Cristianesimo gli stessi valori che hanno accompagnato i loro eroi fantastici, non avranno nessuna difficoltà ad accoglierlo e riconoscerlo come la verità anche per la loro vita.
Vi è un solo pericolo: che i genitori e i nonni che leggono loro queste fiabe non ne siano altrettanto affascinati. Occorre perciò che anche genitori e nonni nel presentare questi romanzi ritrovino la loro fanciullezza perduta. Perché "Se non ritornerete come bambini, non entrerete mai".