De Wohl, Louis - L’albero della vita
BURMilano, 2005
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Il cristianesimo è un fatto che ha generato una storia.
E’ proprio vero: dopo quei primi due, Andrea e Giovanni, intercettati per via da quello sguardo penetrante e ricco di misteriosa e affascinante promessa, il cristianesimo ha cominciato il suo percorso misterioso; per cui i padri l’hanno raccontato ai figli, i figli ai fratelli e agli amici, i soldati ai commilitoni, gli schiavi ai loro padroni, dalla Palestina, oscura e ribelle provincia dell’impero romano, alla gloriosa Roma; e da Roma a tutto il mondo conosciuti, di secolo in secolo, fino ad arrivare alla nostra mamma che l’ha comunicato a noi…
Da allora la comunicazione del cristianesimo è avvenuta per “contagio”, senza nessuna fatica né volontarismo, ma per la forza di un fatto che “prende” tutta la persona e la affascina al punto tale che cambia lo sguardo del fortunato destinatario; e chi ha cuore lo riconosce e si incuriosisce e a sua volta ne viene conquistato.
“L’Albero della vita” di de Wohl ci parla di una tappa di quella storia incredibile e bella che ci ha raggiunto attraverso i secoli con la stessa freschezza di allora. La freschezza e l’attualità che riconosciamo nel leggere le epiche vicende che hanno condotto al famoso editto di Costantino del 313 d.C. che ha sancito il riconoscimento ufficiale del Cristianesimo da parte dello stato romano.
Per un cristiano dei nostri giorni è di fondamentale importanza verificare che quel fatto e quella storia sono decisivi per rendere ragione della speranza che è in noi.
Per questo motivo il romanzo in questione è davvero avvincente quando ci pone davanti alle discussioni tra i credenti e coloro che ancora non lo erano. Quel che stupisce è la forza persuasiva della testimonianza di fatti realmente accaduti e per i quali tanti martiri hanno dato la vita o l’hanno messa a repentaglio. E la cosa è più attuale di quanto non si creda; se pensiamo alle persecuzioni anticristiane del secolo scorso e dei primi anni del nostro secolo.
Vi è un intero capitolo che vale la pena di leggere con molta attenzione, il XVI, perché ci si renda conto del fatto che le domande e le obiezioni dei non credenti sono sempre le stesse; e uguale è anche il modo di rispondere: non c’è bisogno di grandi capacità dialettiche quando uno deve raccontare un’esperienza. Ecco perché è importante nel cristianesimo farne reale esperienza… non bastano i principi astratti che spesso e volentieri si cristallizzano in dottrina.(Mounier)
Di questo capitolo cito alcuni passaggi che sono solo l’inizio delle interessantissime discussioni che seguiranno e sono un esempio di come anche noi possiamo rendere ragione della nostra fede.
E’ una scena indimenticabile in cui i cristiani del IV secolo sono chiamati a decidere se sacrificare all’imperatore o restare fedeli al loro Dio. Tra i cristiani c’è anche un vecchio amico di Costanzo Cloro, il legato Curione, che, messo davanti alla necessità di esprimere la propria appartenenza a Cristo, non può rinnegare il suo Dio.
Dopo il solenne gesto dell’adorazione all’imperatore di chi è rimasto pagano, Costanzo prende da parte il suo vecchio amico e c’è un dialogo bellissimo che trascrivo.
Dice Costanzo: “(…) Certo, sapevo che tu avevi delle simpatie per i cristiani, ma come mai, per tutti gli dei, ti sei unito a loro? Uno i cui antenati hanno combattuto a Zama, a Gergovia e a Farsalo...(…)” Risponde Curione: “Esatto (…) soltanto, non so come ciò potrebbe impedirmi di riconoscere la verità quando la incontro” Costanzo si agitò nella seggiola: “La verità.. la verità.. noi tutti credete di avere un diritto speciale alla verità (…) per quanto posso giudicare, si tratta di una nobilissima dottrina filosofica, ma..” “ Non è una dottrina filosofica” replicò il legato “E’ una serie di fatti. Una volta che li si conosce non resta che comportarsi di conseguenza” (pag. 198)
Da rilevare è senz’altro la posizione umana di Curione che gli ha permesso di riconoscere la verità anche in mezzo alle calunnie della propaganda imperiale (paragonabili alle falsità che si dicono attualmente del cristianesimo). Quindi se uno ha la mente aperta può trovare la verità anche in mezzo al fango delle calunnie e della maldicenza.
Interessante poi è la semplicità di Curione che non deve fare grandi ragionamenti ma semplicemente riferire dei fatti accaduti; e, contro i fatti, le discussioni non servono a cambiarli.
Seguono poi degli interessantissimi dialoghi tra schiavi e padroni, tra legionari e legati, veramente gustosi e gradevoli per l’immediatezza della comunicazione.
Il tutto sullo sfondo della provvidenziale vicenda che porterà la fiera e indomita Elena, madre dell’imperatore Costantino, a trovare L’albero della vita.