Weigel, G. - La Cattedrale e il Cubo

Europa, America e politica senza Dio
Rubbettino, Euro 14

Ho ricevuto questo breve testo di George Weigel: siccome avevo letto la sua preziosa e documentata biografia di Giovanni Paolo II (Testimone della speranza, Ed. Mondadori) l’ho letto con interesse e non posso nascondervi la sorpresa nell’addentrarmi in uno studio, pur nella sua brevità, affascinante.
Per invitarvi a leggerlo non ho trovato di meglio che riportarvi alcune «Perplessità» a cui tenta con il suo studio di dare risposta.
È un testo da non perdere.


  • Perché, dopo il 1989, gli europei non hanno condan­nato il comunismo in quanto mostruosità morale e politi­ca, e perché il solo giudizio politicamente accettabile sul comunismo è stata l’osservazione anodina che «non fun­ziona»?

  • Perché, per venire al presente, gli uomini di Stato europei continuano a difendere alcune finzioni nella politica mondia­le: come ad esempio quella per cui Yasser Arafat era interessa­to alla pace con Israele; o quella secondo cui il protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici sarebbe stato osservato rigo­rosamente dalle nazioni che sottoscrissero l’accordo di Kyoto; o quella per cui i leader dell’Iran devono essere presi alla let­tera quando garantiscono che non produrranno armi nuclea­ri; o ancora quella secondo cui, in termini politici, esiste una sorta di grande «comunità internazionale», la cui massima espressione è il Consiglio di Sicurezza dell’ONU così come è attualmente configurato?

  • Come si spiega la fiducia dell’Europa nelle organizzazioni in­ternazionali? Per quale ragione, come ha affermato lo storico John Keegan, gli europei all’inizio del XXI secolo spesso espri­mono «una filosofia dell’intervento internazionale che in pra­tica rifiuta l’azione e si rifugia nella credenza che tutti i con­flitti di interesse debbano essere risolti attraverso la consultazione, la conciliazione e l’intervento delle agenzie internazio­nali?».

  • Da dove nascono le correnti preoccupanti di irrazionalità nella politica europea contemporanea? Per quale motivo un tedesco su cinque (un terzo dei quali con età inferiore ai trent’anni) crede che gli Stati Uniti siano responsabili dell’11 settembre, e circa 300.000 francesi, uomini e donne, han­no fatto diventare un best-seller il libro L’incredibile menzo­gna: nessun aereo è caduto sul Pentagono, in cui l’autore, Thierry Meyssan, sostiene che le Twin Towers del World Trade Center siano state abbattute da un militare statunitense, usando aerei controllati a distanza? Perché la folla di un con­certo rock a Dublino, nel giugno del 2004, ha applaudito il popolare cantante Morrisey quando ha annunciato la morte di Ronald Reagan? E perché poi ci fu un’ovazione ancora più grande quando lo stesso Morrisey disse che avrebbe preferito che fosse stato George W. Bush a morire? Per quale motivo, secondo i sondaggi, il 25% dei francesi (il 30% dei quali con età inferiore ai trentacinque anni) voleva che Saddam Hus­sein, un noto sterminatore di massa, vincesse la guerra in Iraq?

  • Perché gli elettori in Spagna hanno dato di fatto una vitto­ria alla politica della concessione (appeasement) nelle elezioni del marzo 2004, alcuni giorni dopo che alcuni membri di Al Qaeda avevano ucciso centinaia e ferito migliaia di persone nell’attentato alla stazione ferroviaria di Madrid?

  • Perché la produttività europea è in declino e la Germania, da sempre nota come il motore economico dell’Unione Euro­pea, ha un prodotto interno lordo pro capite equivalente al­l’Arkansas e solo leggermente più alto del West Virginia e del Mississippi? Perché la Svezia ha un livello notevolmente più alto di popolazione che vive sotto il livello della povertà (sti­mato su un’entrata annuale di 25.000 dollari) rispetto agli Stati Uniti?

  • Perché, nel processo di allargamento dell’Unione Europea, l’Europa si sta allontanando dalla democrazia e si sta sempre più legando alle catene della burocrazia, con i funzionari di Bruxelles che calcolano la precisa circonferenza dei pomodori e prescrivono le idonee procedure alimentari per le porchette sarde? [...]

  • Perché le corti europee aspirano ad una più estesa giurisdi­zione internazionale, che potrebbe rivelarsi un ostacolo rispetto alle misure accordate democraticamente in altri Paesi (co­me nel caso di Pinochet, quando un giudice spagnolo cercò di rovesciare la decisione democratica del popolo cileno in meri­to alla sorte dell’ex dittatore)?

  • Perché l’Europa va verso quella che il filosofo politico Pier­re Manent definisce «depoliticizzazione»? Perché, come affer­ma Manent, l’Europa «si narcotizza con l’umanitarismo per dimenticare che politicamente conta sempre di meno»? Per­ché Manent ha «l’impressione che oggi la massima ambizione degli europei sia quella di diventare gli ispettori delle prigioni americane?».

  • Per quale motivo molti intellettuali europei sono «cristofobici», come sottolinea il professore di Diritto internazionale J.H.H. Weiler (un ebreo osservante)? Perché le forti caricatu­re del cristianesimo (l’Eucaristia scimmiottata in televisione come uno «snack» religioso, Cristo sulla croce dipinto come un distributore di carta igienica) sono tollerate nella cultura popolare europea ad un livello di diffamazione che non sareb­be mai permesso nei confronti dell’ebraismo e dell’Islam?

  • Per quale ragione numerosi leader politici europei si ostinano a fa­re in modo che la nuova costituzione dell’Europa includa un atto deliberato di amnesia storica, in cui millecinquecento an­ni di contributi del cristianesimo alla concezione europea dei diritti umani e della democrazia vengono deliberatamente ignorati, o meglio negati?

  • Perché, oltre alla sua «cristofobia», l’intellighenzia europea è così innamorata del presente e così sprezzante della tradizione religiosa e laica, come ha messo in evidenza il filosofo france­se Remi Brague? Come si spiega il suo culto della contempo­raneità?

  • Per quale ragione in alcune parti d’Europa regna un preoc­cupante approccio alla morte? Perché molti francesi preferiro­no continuare le loro vacanze estive durante l’ondata di caldo che colpì l’Europa nel 2003, lasciando i loro genitori senza se­poltura o depositati in scomparti refrigerati, che divennero presto stracolmi? Perché la morte è diventata sempre più ano­nima in Germania, con l’assenza di notizie di morte sui gior­nali, nessuna cerimonia funebre in Chiesa, nessun memoria­le laico, «come se», ha osservato Richard John Neuhaus, «non ci fossero decessi»? Che cosa pensare della compagnia svedese Promessa, che pubblicizza un servizio in cui la cremazione è rimpiazzata da una sorta di «compostaggio umano», dal mo­mento che il defunto viene immerso e congelato nell’azoto li­quido prima di essere ridotto in briciole da onde ultrasuono e poi liofilizzato e usato come fertilizzante?

  • Ma soprattutto — è questa la domanda più urgente — perché l’Europa sta perpetrando un suicidio demografico, spopolan­dosi sistematicamente e portando a quello che lo storico in­glese Niall Ferguson ha definito il più grande «calo prolunga­to nella popolazione europea dalla Peste del XIV secolo»?

  • Perché diciotto Paesi europei registrano un tasso di cre­scita naturale negativo (il che significa più morti che nascite)?
    Perché nessun Paese dell’Europa occidentale ha un tasso di natalità al livello di sostituzione? (Quest’ultimo, secondo i demo­grafi, è di 2,1 bambini per donna; per quanto riguarda il 2004, il tasso di natalità della Germania è stato di 1,3, quello dell’Italia dell’1,2, quello della Spagna dell’1,1 e quello della Francia dell’1,7, leggermente più alto grazie all’immigrazione musulmana). [...]
    Perché il 42% degli italiani sarà ultrasessantenne entro il 2050, quando, secondo i trend attuali, circa il 60% della po­polazione italiana non avrà fratelli, sorelle, cugini, zie o zii?
    Perché la popolazione pensionata dell’Europa aumenterà del 55% nei prossimi venticinque anni, mentre la sua popola­zione lavorativa diminuirà dell’8%?

  • E, di nuovo, perché gli europei, siano essi politici o persone comuni, sulla base di questi fenomeni non sono in grado di giungere all’ovvia con­clusione che è imminente la bancarotta dei loro sistemi di Welfare sociale, di assistenza sanitaria e pensionistica? Perché, per citare ancora Niall Ferguson, il problema fondamentale dell’Europa è la «senescenza»?

  • Cosa succede quando un intero continente, ricco e sano come mai lo era stato prima, non è in grado di creare un fu­turo nel senso più elementare del termine, cioè creando una nuova generazione?

  • Perché molti europei negano che questi fattori demogra­fici - che non hanno paragone nella storia dell’uomo, salvo guerre, epidemie o catastrofi naturali — siano la realtà caratte­ristica del loro XXI secolo?


Queste domande non possono trovare una risposta soddisfa­cente soltanto in riferimento all’esperienza dell’Europa del XX secolo, né attraverso il rimando alle infamie europee. Dobbia­mo sollevare un interrogativo più profondo, e domandarci perché in Europa si è prodotto il XX secolo così come l’abbiamo conosciuto. Perché un secolo iniziato con previsioni ottimisti­che di un’umanità in progresso, che avrebbe raggiunto nuovi vertici di civilizzazione, ha prodotto in Europa, in quattro de­cenni, due guerre mondiali, tre sistemi totalitari, una Guerra Fredda che ha minacciato la catastrofe globale, oceani di san­gue, montagne di cadaveri, Auschwitz e i Gulag? Che cosa è successo e perché?