Con Giussani. La storia e il presente di un incontro

È un libro fondamentale per conoscere e approfondire la figura di mons. Luigi Giussani attraverso la memoria di una persona, mons. Luigi Negri, che ha condiviso con lui, fin dai primi giorni, la storia del Movimento di Comunione e Liberazione
Fonte:
CulturaCattolica.it

Sono pagine nelle quali l’autore si sofferma in modo particolare sull’incontro avvenuto con don Giussani alla fine degli anni Cinquanta, nelle aule del liceo Berchet. Una memoria carica di ricordi personali e, soprattutto, di una «gratitudine, commossa e lieta». Allo stesso tempo il volume è però anche una lettura approfondita di ciò che è scaturito da questo incontro e offre riflessioni e considerazioni che possono, ancora oggi, aiutare a comprendere e a vivere l’esperienza di fede nata dal carisma di Giussani.

Il motivo per il quale l’attenzione è rivolta agli anni degli inizi è dichiarato dallo stesso Negri: «lì si sono poste le basi di ciò che si è svolto in seguito, secondo il susseguirsi di incontri e avvenimenti che certamente non erano neanche lontanamente immaginabili allora». Viene descritto il modo con il quale Giussani è entrato nella vita degli studenti: egli ha saputo esercitare su di loro un grande fascino, richiamandoli a riscoprire sé stessi come uomini, a partire dalle grandi domande del senso religioso, e allo stesso tempo a verificare personalmente la piena corrispondenza e, quindi, la ragionevolezza della fede in Cristo. Una verifica personale che – l’autore lo ribadisce in più di un’occasione – avviene nella comunità cristiana, in virtù della dimensione sacramentale della Chiesa, nella quale è possibile vivere il cristianesimo come esperienza. Così egli descrive, in un passaggio significativo, il modo nel quale questo avvenimento è diventato vero per sé: «Quando frequentavo il Berchet ero già cattolico, praticante, ma fu solo imparando a vivere il cristianesimo come esperienza, all’interno della comunità che nacque intorno a Giussani, che incominciai a legare definitivamente a me la religiosità. Il cristianesimo al Berchet divenne un fatto reale nella scuola con il nostro porci; un fatto perché era una presenza unitaria, socialmente evidente, sebbene non riconducibile a nessun’altra aggregazione sociale, “una entità etnica sui generis”, come san Paolo VI definì la Chiesa». E aggiunge, precisando che quella di Giussani non fu una scelta pastorale ma di carattere cristologico ed ecclesiologico: «È il metodo proprio della Chiesa “perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20)».

Proprio perché «la comunità è sempre stata per Giussani il luogo dove si cresce nell’esperienza cristiana in un confronto serrato con la vita», Negri evidenzia come un altro termine chiave, per la sua storia come per la storia del Movimento, sia stato fin dalle origini la parola “ambiente”: «Non era pensabile per Giussani che, come cristiani, non fossimo presenti nell’ambiente in cui vivevamo, grande o piccolo che fosse, le aule del Berchet come il Palazzo di vetro dell’ONU, i gruppi delle famiglie dei quartieri di Milano come le grandi aggregazioni sociali. Non era pensabile una comunità radicata nell’esperienza della fede che non fosse protesa a comunicare questa certezza agli uomini che incontrava nell’ambiente. L’ambiente è una dimensione antropologica – diceva Giussani –, non una condizione situazionale».

Tenere presente ciò aiuta a capire perché la parola amicizia abbia una rilevanza fondamentale per Negri, il quale scrive: «la storia per noi, che abbiamo incontrato Giussani e, seguendolo, abbiamo contribuito alla vita del Movimento di Comunione e Liberazione, a partire da quanto accaduto nelle aule del Berchet, è innanzitutto la storia di un’amicizia. L’amicizia del Signore verso di noi: “non vi chiamo più servi […] ma vi ho chiamato amici” (Gv 15, 15)». Sono così dedicate a questo tema riflessioni molto intense e significative dove si precisa che l’amicizia è «uno dei termini cristiani per eccellenza» sui quali è necessario fare chiarezza, soprattutto a causa della concezione di carattere sentimentalistico alla quale si rischia di ridurla secondo la mentalità dominante.

Un altro aspetto – insieme a molti altri sui quali non è qui possibile soffermarsi –, particolarmente evidenziato nel libro, è la dimensione culturale, indicata come una delle dimensioni costitutive dell’esperienza cristiana. L’autore, oltre a descrivere come essa abbia inciso profondamente sulla propria vita e sulla propria vocazione, attraverso i tanti incontri con le molte personalità che sono diventate, anche grazie a Giussani, suoi maestri, mostra come essa sia stata vissuta come parte integrante della vita del Movimento, in Gioventù studentesca prima e in Comunione e Liberazione poi. A questo riguardo, oltre a ricordare i tanti episodi significativi che vengono menzionati, come quelli legati alle revisioni culturali necessarie per contrastare il clima laicista che si stava affermando nella scuola, oppure l’insistenza di Giussani con gli studenti del Clu perché non mancassero di giudicare le vicende che accadevano nel mondo, può essere utile, per fare intuire la centralità di tale termine, riportare le parole dello stesso Giussani citate nel libro: «una tradizione e in genere un’esperienza umana non possono sfidare la storia, non possono sussistere nel fluire del tempo, se non nella misura in cui giungono a esprimersi e a comunicarsi secondo modi che abbiano una dignità culturale».

Quella descritta in questo libro è, pertanto, un’esperienza di fede capace di dilatare l’intelligenza, allargandone gli orizzonti secondo dimensioni «neanche lontanamente immaginabili allora», soprattutto se si considera il fatto che all’origine ebbe degli studenti liceali come principali protagonisti. Tanto che essa viene presentata da Negri come una prospettiva caratterizzata da un orizzonte universale, capace di favorire il dialogo con le realtà più diverse, l’incontro con moltitudini di uomini, con storie ed esperienze anche molto lontane, senza mai però rinunciare alla propria identità e, soprattutto, allo slancio missionario che fin dai primi giorni caratterizzò l’azione educativa di Giussani. Anzi, proprio nella missione è indicato il vero obiettivo del dialogo e, allo stesso tempo, la condizione che ha reso possibile il continuo approfondimento della propria identità.

Nel libro sono evidenziati anche i profondi legami e la sintonia, a tratti sorprendente, tra Giussani e Giovanni Paolo II. Oltre a richiamare alcuni dei momenti e degli aspetti fondamentali attraverso i quali tale incontro si è andato consolidandosi, Negri identifica proprio nel tema della missione il principale punto di convergenza: «In che cosa consiste il nesso straordinario tra Giovanni Paolo II e don Giussani? Certamente in una affinità di temperamento, in un’ampiezza di cultura che per certi aspetti aveva visitato gli stessi grandi autori. Ma dove si radicano l’apertura intellettuale, la vivacità umana, il non clericalismo di Giovanni Paolo II e di Giussani? Nell’idea che la missione è il movimento che compie la Chiesa. Ricordo ancora il momento in cui, sentendo il Papa affermare, durante un suo intervento, che la missione è l’autorealizzazione della Chiesa, che la Chiesa diventa sé stessa se va in missione, Giussani si voltò e disse, con l’entusiasmo travolgente di cui era capace: “amici, egli è noi e noi siamo lui”».

Infine, una breve considerazione sulla seconda parte del volume. Essa raccoglie le omelie di mons. Luigi Negri, tenute in occasione degli anniversari della morte di Giussani. Sono anche queste pagine molto importanti perché «un momento che, come può accadere a tutte le ricorrenze, avrebbe potuto diventare ripetitivo e retorico, si è invece continuamente arricchito, riuscendo a rinnovare l’esperienza della fede, fatta con lui e grazie a lui, secondo prospettive sempre nuove, capaci di illuminare le circostanze nelle quali, di volta in volta, è stata fatta memoria di questo grande cristiano, permettendoci così di sperimentare la sua presenza e la sua intercessione presso il Signore nella grande e misteriosa comunione dei santi».