Pier Paolo Pasolini, una disperata passione 2 - Vita = Parola
Pasolini riaffermò di continuo che solo da una scintilla di follia d'amore - autentica adesione o indignazione autentica - può scaturire la poesia vera, e ogni verità politica, sociale o personale.- Autore:
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Ma in cosa consiste sostanzialmente questa radicale diversità dell'autore? Il brano che segue, mentre sintetizza acutamente gli atteggiamenti già considerati, e per inciso rileva la difficoltà estrema a perforare la censura laico-borghese (ricordiamo il silenzio corposo calato sulle novità più serie di «Trasumanar e organizzar», «Empirismo eretico», «La nuova gioventù» ecc.), è importante soprattutto perché ci indica il punto genetico della «differenza» pasoliniana e di tutta la dinamica del suo discorso.
«Prevedo altre situazioni politiche / su cui non richiesto intervenire; perché ormai è così: / non voglio l'avallo di nessuno, e nessuno vuole / che io parli in suo nome / [...] Ma il bisogno di amore ha una forza intrinseca, che non può / venire ignorata; quasi come l'aria di primavera. / Perciò parlerò, in nome mio no [...] Né in nome d'altri, che non mi considerano degno, e mi ignorano» (Libro libero- in Trasumanar e organizzar - Garzanti 1971, pag. 148).
La radice della novità del poeta, ciò che, al di là di ogni suo sbaglio incoerenza e peccato, ne definisce la dignità umana e artistica sta qui: nell'affermazione di uno straziante, furioso, insopprimibile amore all'essere, all'uomo, al VERO. «Questa disperata passione di essere nel mondo»(Le ceneri di Gramsci, ne Le ceneri di Gramsci, pag. 81) lo ha accompagnato fin dall’inizio della sua strada, facendosi criterio di esistenza, di conoscenza, «accorata sete di chiarezza» (Picasso, ne Le ceneri di Gramsci, pag. 33), di lotta ideologica e politica, di ricerca espressiva: in altri termini consapevolezza critica.
Dinanzi ai più svariati aspetti della realtà, con un rigore di giudizio ripetuto ed estremo (ma non mai monotono, sempre modulato in piena aderenza all'oggetto in discussione), Pasolini riaffermò di continuo che solo da una scintilla di quella follia d'amore - autentica adesione o indignazione autentica - può scaturire la poesia vera, e ogni verità politica, sociale o personale. E viceversa ogni agire e ogni discorrere, singolo o collettivo, se privati di quel barlume sono vuoti di PAROLA, sterili «terroristici» (cioè portatori di morte), destinati al fallimento politico ed estetico, in quanto ritornano ad essere espressione e strumento del sistema (così si pronuncia a proposito delle avanguardie letterarie degli anni '60 del P.C.I. - nel 1956 -, degli intellettuali pseudoprogressisti, degli extraparlamentari).
La «disperata passione» già fin dal 1957 aveva permesso al poeta di cogliere alcune dinamiche essenziali della persona: innanzitutto che l'analisi (storica, razionale, scientifica) non basta; può dare chiarezza, ma non dona vita: «Come io possiedo la storia / essa mi possiede; ne sono illuminato: / ma a che serve la luce?» (Le ceneri di Gramsci, cit., pag. 78). E poi, che il piegare il cuore alla realtà è una fatica da rifare ogni giorno - noi diremmo conversione quotidiana -; altrimenti ciò che era reale perde la sua verità e diventa ricordo evanescente: «Solo l'amare, solo il conoscere / conta, non l'aver amato, / non l'aver conosciuto. Dà angoscia / il vivere di un consumato / amore. L'anima non cresce più» (Il pianto della scavatrice, ne Le ceneri di Gramsci, pag. 97).
Le scoperte del poeta confluiscono sempre più consapevolmente in un unico discorso-atteggiamento-scelta: la coincidenza della vita con la parola, il rifiuto della frattura (borghese) tra ideologia - politica - letteratura ed esistenza personale. Anzi dirà che la parola più vera è innanzitutto una modalità di vita seria, santa: l'espressione santità ricorre continuamente nel lessico poetico pasoliniano, fino a quell'ultima lirica “Saluto e augurio” di cui è una delle categorie chiave.
Bisogna - dice - allargare la concezione del linguaggio, includendo nuove possibilità di comunicazioni umane, di segni "per comprendervi, santamente, anche l'esempio della vita (l'opera ideologica non scritta di Camillo Torres, tanto per dirne una)" (Ciò che è neozdanovismo e ciò che non lo è, in Empirismo eretico, pag. 166). L'opporsi al sistema, la lotta per l'uomo, implica un rischio radicale di sé: non esiste un'area pubblica della persona divisa da una area privata, non esiste l'intellettuale o il politico separato dall'uomo quotidiano.
«Ecco il nuovo motto di un impegno, reale, e non noiosamente moralistico: gettare il proprio corpo nella lotta». (Guerra civile, in Empirismo eretico, pag. 154).
E quanto quest'uomo credeva nelle cose che diceva mi sta conficcato in mente, perché mi è avvenuto di aver assistito a un fatto alla fine d'agosto del 1968: Pasolini va a parlare agli studenti - i sedicenti contestatori del sistema di Cà Foscari, la facoltà di architettura a Venezia. Sotto gli sputi, gli insulti, i gesti osceni di qualche centinaio di ignobili imbecilli urlanti, tenta, pallidissimo, con voce calma, umilmente, di spiegare perché, lui che ama e desidera la rivoluzione, non è d'accordo con il “modo” di intendere l'azione rivoluzionaria loro e degli altri studenti del 1967-'68: tenta, sul serio, per più di un'ora.