Pasolini in Friuli 4 – La scelta di Casarsa

Se, dunque, il luogo da cui partire per riscoprire una civiltà è quello abitato da «uomini ingenui», ecco spiegata la scelta di Casarsa: quale modo dunque più immediato per raccontare le origini di una civiltà, partendo da luoghi, focolari, foglie, acque, volti che cantano, o meglio gridano le sue origini?
Autore:
Chieco, Mariella
Fonte:
CulturaCattolica.it

A questo punto non possiamo non chiederci perché Pasolini elegga proprio Casarsa come luogo del suo esordio poetico. La sua tensione nello scrivere è volta ad un progetto che va al di là della semplice ambizione, ma che è coscienza di una missione poetica che abbraccerà tutta la vita.
Da Bologna, nell'autunno del 1940, invia a Franco Farolfi il primo «capitoletto di un breve trattatello»: “Noi non vogliamo, amici, porci nel novero di chi vive nell'esilio decretato dagli efebi. (...) Noi non siamo il fantasioso poeta che si accontenta della realtà degli uomini come egli è uso nei suoi sogni mutarla. Questo fantasioso poeta fa come il falso uomo che musica ascolta, e la pensa come pretesto al proprio pigro sogno. Ma noi non siamo come il fantasioso poeta che si umilia, accontentandosi della realtà mutata in idea (...)” (34).
Questo è solo il "timido" dischiudersi della percezione del desiderio di autenticità che Pasolini voleva attribuire alla sua poetica. Solo un'intuizione di quella che qualche anno più tardi sarà la certezza di un «contributo» reale e «necessario» che la sua generazione di poeti poteva dare alla storia: riedificare una civiltà.
“Del resto la genesi di una civiltà nasce da profonde ragioni umane, e poi pratiche-economiche; e il contributo che noi letterati potremo arrecare (...) ci riguarda soprattutto come uomini «che hanno e che sanno», e se ora (...) si avverte una mancanza di una matura e alta civiltà che ci raccolga, noi, questa civiltà, la potremo ritrovare risalendo alle sue origini lontane e immutabili (...). La potremo ritrovare (...), muovendoci nello stretto cerchio che una vita familiare ci riserba, all'ombra del nostro focolare, sotto le foglie dei nostri orti, tra i gesti, che da secoli non mutano, degli uomini ingenui”. (35)
Se, dunque, il luogo da cui partire per riscoprire una civiltà è quello abitato da «uomini ingenui», ecco spiegata la scelta di Casarsa: quale modo dunque più immediato per raccontare le origini di una civiltà, partendo da luoghi, focolari, foglie, acque, volti che cantano, o meglio gridano le sue origini?
“(...) Jo i nas
ta l'odòur che la ploja
a suspira tai pras
di erba viva ... I nas
tal spieli da la roja.

In chel spieli Ciasarsa
- come i pras di rosada -
di timp antic a trima”. (36)
Mosso da un desiderio di autenticità, dal desiderio di risalire al mistero profondo delle cose e soprattutto del suo essere, Pasolini, nell'eleggere Casarsa, elegge anche la lingua della sua gente.
“Io scrissi i primi versi in friulano a Bologna, senza conoscere neanche un poeta in questa lingua, e leggendo invece abbondantemente i provenzali. Allora per me il friulano fu un linguaggio che non aveva nessun rapporto che non fosse fantastico col Friuli e con qualsiasi altro luogo della terra (...)”. (37)

NOTE
34. In PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p.16.
35. Filologia e morale, in «Architrave», Bologna, n. III, l dicembre1942,ora in P.P. PASOLINI, Saggi sulla politica e sulla società, Mondadori, Milano 1999, p. 16.
36. O me donzel, in P. P. PASOLINI, Tutte le poesie, tomo I, cit., p.13. Trad.: "Nasco / nell'odore / che la pioggia / sospira dai prati / di erba viva... Nasco / nello specchio della roggia. / In quello specchio Casarsa / - come i prati di rugiada - / trema di tempo antico".
37. Lettera dal Friuli, in «La Fiera Letteraria», 29 agosto 1946; ora in P. P. PASOLINI, Un paese di temporali e di primule, cit., p. 211.