“La domenica uliva” 2 - Teatro di “voce”

Autore:
Chieco, Mariella
Fonte:
CulturaCattolica.it

“La domenica uliva” di Pasolini, «spina dorsale» (10) del suo libretto poetico, nella quale non a caso riecheggia il titolo della famosa “Rappresentazione di Santa Uliva” allestita a Firenze nel 1933, si inserisce coerentemente nel progetto culturale della sua generazione, ma nello stesso tempo si distingue per la sua matrice autobiografica. Inoltre, ci sembra che nel componimento venga meno quell'aspetto corale, quell'attenzione al pubblico che caratterizzava la sacra rappresentazione medievale (11), ma si risolva in un dialogo intimistico e introspettivo.
Come abbiamo già accennato, “La domenica uliva”, risponde al desiderio di confrontarsi con la dimensione orale della parola. A questo punto, verrebbe da chiederci: come si inserisce nell'esperienza letteraria di Pasolini la tensione all'oralità, quando la sua poesia nasce proprio dal desiderio di rendere grafica la lingua casarsese che fino a quel momento è stata considerata semplicemente un suono, un flatus vocis? Abbiamo cercato di dare una giustificazione a quest'operazione, senza discostarci dal progetto poetico con cui Pasolini si era affacciato all'esperienza letteraria. La sua ambizione verte a trasformare in poesia, in parola tutto quello che è semplicemente suono, voce; il suo essere poeta lo spinge a desiderare di far cantare tutto ciò che non parla. (12) La poesia (o la parola), esperienza originaria, «anziché ripetere il già noto» (le voci, i suoni) «vuole conoscere e rivelare qualcos'altro che, pur essendo profondamente reale, sfugge alla comunicazione ed è intraducibile nel linguaggio cui siamo abituati». (13)
Le parole sono (...) metafore naturali. E consistono in un portare al di là. Infatti da una parte c'è la natura inconoscibile delle cose, dall'altra la nostra, e le parole aprono il rapporto incredibile tra i due mondi”. (14)
La scoperta del dialetto friulano, con le sue inflessioni intrise di «melodia infinita», ha accompagnato il nostro autore allo svelamento della parola riposta nelle semplici voci; solo così dopo aver imparato a parlare, solo mutata in poesia la realtà può ritornare ad essere declamata. Quindi il teatro.


NOTE
10. Cfr. AA. VV., Pasolini nel dibattito culturale contemporaneo, Amministrazione Comunale di Pavia, Pavia 1977, p. 92.
11. La sacra rappresentazione del XV secolo assume, nell'aspetto formale, delle caratteristiche differenti rispetto al teatro religioso precedente. Al fervore mistico della lauda per esempio, si sostituisce la trattazione dilettevole e inizia a istituirsi la distinzione tra attori e spettatori. Risulta sempre più uno spettacolo che fa parte di una festa e che ha funzione di intrattenimento proprio come il teatro profano e che, quindi, conosce la distinzione tra "intrattenitore" e "intrattenuto". Cfr. Il teatro religioso, in AA. VV., Dal testo alla storia. Dalla storia al testo, Paravia, Torino 1993, p. 1204.
12.Cfr. Orgia, in PASOLINI, Teatro, Mondadori, Milano 2001, pp. 252-255.
13. Cfr. ANNA PANICALI, Le voci e la parola, in AA. VV., Pier Paolo Pasolini. L'opera e il suo tempo, p. 171.
14. I nomi o il grido della rana greca, in P. P. PASOLINI, Saggi sulla letteratura e sull'arte, p. 160.