Pasolini in Friuli 13 – L’Academiuta di lenga furlana

Il 18 febbraio 1945 viene formalmente costituita l'Academiuta di lenga furlana. I componenti sono Pasolini, Cesare Bordotto, Nico Naldini, Bruno Bruni, Ovidio ed Ermes Colussi, Pina Kalz, Rico De Rocco e Virgilio Tramontin.
Autore:
Chieco, Mariella
Fonte:
CulturaCattolica.it

Pasolini vuole farsi portavoce di una sensibilità informe, quella dei giovani friulani, e portarla all'espressione; vuole sperimentare la «melodia infinita» di cui è intrisa la lingua friulana la quale si presta «quietamente a farsi tramutare in linguaggio poetico». (107)
Con queste prerogative, il 18 febbraio 1945 viene formalmente costituita l'Academiuta di lenga furlana. I componenti sono Pasolini, Cesare Bordotto, Nico Naldini, Bruno Bruni, Ovidio ed Ermes Colussi, Pina Kalz, Rico De Rocco e Virgilio Tramontin. (108)
“(...) che dolcissime Domeniche passammo quell'inverno e quella primavera in grazia della poesia e della musica di P. ! (109) Io e mio cugino N. le ricordiamo come le più belle che abbiamo mai trascorso (...). Ci si riuniva nella mia camera, o nel piccolo retro cucina dei Cicuto (...), o, da ultimo nel casello in cui facevo scuola.(...), e dove non giungeva neppure l'eco di quei tremendi scoppi che notte e giorno scuotevano la terra (...). Si pensi che è nato in una di quelle Domeniche il nostro félibrige friulano”. (110)
L'esperienza poetica in casarsese costituisce la parte fondamentale degli incontri; dai ragazzi il dialetto viene recuperato nella scrittura attraverso le potenzialità musicali della loro parlata, le cui voci racchiudono ancora intatte l'essenza cristiana e la radice romanza. Sono queste infatti, le caratteristiche del nuovo felibrismo (111) casarsese: vivezza, nudità e cristianità.
Il manifesto dell'Academiuta appare nell'agosto del '45 nello «Stroligùt», che ha perduto il sottotitolo «di cà da l'aga»; inoltre, per sottolineare l'apertura dell'iniziativa a programmi culturali più alti, la rivista ricomincia la numerazione da 1. Sulla copertina del nuovo fascicolo è rappresentato un cespo di dolcetta (ardilút in friulano), disegnato da Rico De Rocco. La dolcetta come spiega lo stesso Pasolini nel manifesto dell'Academiuta, è un'umile pianticella che da secoli i friulani -accolgono «tra l'ora q'a mour la lus dal dì e l'ora q'a nas la una» (112) e che da mille sere mangiano davanti al focolare. Questa «erbuta» è lo stemma dell'Academiuta, la cui ambizione
è recuperare la lingua friulana che ci è pervenuta intatta nel suo splendore attraverso i secoli; la parlata rustica casarsese al pari:e la dolcetta è da secoli testimone dei gesti rituali e ripetitivi di un popolo.
L'Academiuta vuole far risplendere e rendere degna di riconoscimento letterario la lingua casarsese, proprio come la rugiada rende la dolcetta brillante e degna di essere colta nei campi inariditi dal gelo invernale.
Pasolini all'interno del suo "cenacolo" trasmette agli imberbi neòteroi le sue conoscenze sulla tradizione romanza e provenzale, e con estrema convinzione indica il '300 letterario come il periodo dove ritrovare la propria tradizione.
Il Friuli, a differenza di quanto si possa pensare, ha una tradizione letteraria, dei poeti in cui riconoscersi; Pietro Zorutti, per esempio, «un poeta piccolo borghese che vede il paesaggio con lo spirito della scampagnata domenicale» (113), è un saldo punto di riferimento nella tradizione vernacolare friulana, «un dolo che commuove da cento anni il cuore dei Friulani». (114) Ma è proprio questo aspetto vernacolare e sentimentale di cui è intrisa la tradizione poetica zoruttiana che Pasolini condanna e verso cui punta i piedi.

Se Pietro Zorutti non può essere considerato un poeta, gli Zoruttiani della seconda categoria poi, non sono di natura poco diversa da quella dei suoi «tacchini» e dei suoi «maiali» e della sua eterna luna, insulsa come una polentina senza sale (...), il Friuli, infine è quello che paga le spese di tutto quel buon umore non richiesto da nessuno”. (115)

La poesia degli Zoruttiani è dettata da una faciloneria borghese che si arreca il diritto di cantare con uno stile dimesso, con una mediocre retorica sentimentale, con un umorismo da beoni quei paesaggi che non gli appartengono. Essi cantano la storia del Friuli con dei versi, il cui tono «serba in qualsiasi stagione dell'anno un'ineffabile euforia natalizia” (116), dei versi che non fanno altro che sminuire, impoverire la loro così poetica terra e la loro così poetica lingua.
Verso quella terra e verso quella lingua la scuola casarsese invece si è assunta un grande impegno: le poesie dei neòteroi casarsesi generate in seno all'Academiuta fanno cantare altri paesaggi, non con uno stile dimesso, con un'allegria paesana, ma con la coscienza di un popolo che conosce la drammatica storia del Friuli:

Esiste un paesaggio friulano fuori dalla réclame sia turistica che sentimentale? Ebbene quello è divenuto il nostro paesaggio(...)” (117).

NOTE

107. Volontà poetica ed evoluzione della lingua, «Il Stroligùt», aprile 1946; ora in L'Academiuta e le sue riviste, cit.
108. Tra i membri dell'Academiuta, non tutti sono poeti; alcuni sono pittori e partecipano ad alcune tra le molteplici attività del piccolo circolo letterario, i restanti componenti, sono gli alunni della scuoletta pasoliniana, lanciati in questa nuova avventura poetica.
109. Pina Kalz, violinista slava sfollata con Pier Paolo Pasolini nella casa di Versuta. Grazie a lei il nostro giovane poeta scopre la passione per la musica e in particolare per Bach. Pina accompagnerà anche la sua esperienza didattica a Versuta, componendo le musiche di alcuni testi poetici (villotte) scritti dallo stesso Pier Paolo per i suoi ragazzi.
110. Appendice ad «Atti impuri», in P. P. PASOLINI, Romanzi e racconti 1946-1961, tomo I, cit., p. 151.
111. Ci sembra molto interessante l'analisi etimologica dell'espressione "félibre" che ci offre Fernando Bandini: «L'etimo è nel tardo latino felebris (-ibris), dal verbo fellare, "succhiare", poppare", suo significato originario, prima di assumere quello osceno che è il più noto. Il parlar materno quindi come latte, come nutrimento. Il sottoscritto ha iniziato un suo remoto intervento su Pasolini con la frase: "In principio era la parola e la parola era presso la madre"». Cfr. saggio di Fernando Bandini dal titolo Il "sogno di una cosa" chiamata poesia in P. P. PASOLINI, Tutte le poesie, cit., p. XVIII.
112. Cfr. «Il Stroligùt» n. 1, agosto 1945, ora in P. P. PASOLINI, Saggi per la letteratura e per l'arte, cit., p. 28.
113. Cfr. Il Friuli, in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 191.
114. Cfr. Presentazione dell'ultimo «Stroligùt», in «Libertà», 26 maggio 1946, ora in Saggi sulla letteratura e sull'arte, cit., p. 163.
115. Cronacuta di Paisdòmini, in «Stroligùt di cà da l'aga», agosto 1944, ora in Saggi sulla letteratura e sull'arte, cit., p. 68.
116. Lettera dal Friuli, in «La fiera letteraria», 29 agosto 1946, ora in Un paese di temporali e di primule, cit., p. 211.
117. Motivi vecchi e nuovi per una poesia friulana non dialettale, in «Il Tesaur», n.2, 1949, ora in Un paese di temporali e di primule, p. 239.