“La domenica uliva” 3 – La chiara sera di Pasqua

Autore:
Chieco, Mariella
Fonte:
CulturaCattolica.it

“La domenica uliva”, la cui prima stesura risale al 1941, anno in cui viene a crearsi una salda coscienza poetica dell'autore, si pone su questa linea interpretativa.
La stessa sperimentazione linguistica nel componimento sembra esigere, come ha sottolineato Stefano Casi, la forma teatrale, che imponendo una lettura non silenziosa
“(...) diventa il mezzo più coerente per Pasolini per porre la questione del rapporto tra scrittura e pronuncia. “La domenica uliva” "deve" assumere la forma del dialogo drammatico(...)” (15).
Nel dialogo, la scena si apre con la figura del Figlio, immagine di Pasolini «trasportato un po' così, fantasticamente, nei panni di un giovane casarsese», che, nel sole della Pasqua si rivolge alla Madre, «imperlata di vespro» (16), evocando con sgomento immagini del paese natìo:
Sère, àrbui bagnàs,
ninìns lontàns che sìghin
(...)” (17).

Nella clàre sère di Pàsche, si sente improvvisamente la voce della Madre che appare sulla scena sotto le spoglie di un fanciullo che reca l'ulivo ed esorta i giovani del paese a prenderne una frasca. Con un breve ritornello pasquale, la Madre-fanciullo invita il Figlio a godere del «dòls ciantà di fuèis» e del giorno di festa cristiana, la Pasqua, che «plan pian (...) sùne pierdùde pai rivàls» (18). A questo punto del dialogo il Figlio esprime con decisione la sua drammatica volontà ad essere poeta, che si attua non con l'accettazione dell'omologazione alle regole cristiane a cui esorta la Madre, ma con l'affermazione di sé.
“(...) parsè `i no sai prejère no sint intòr un ciànt.
Pierdút ta la mé vós, `i sint sól la mé vós, `i ciànti la mé vós
” (19).

Il permanere del Figlio nella sua voce afferma la sua ostinata presa di posizione contro quella religione predicata in “Glisie scure e lontane(20)” e che costringe a ripetere lo stesso linguaggio che “riperpetua in noi l'accettazione, la schiavitù, la vergogna”. (21).


NOTE
15. STEFANO CASI, Pasolini. Un'idea di teatro, cit., p. 30.
16. Cfr. L'aulif di Pasca, in PASOLINI, Tutte le poesie, tomo I, cit., p. 293.
17. La domenica uliva, in PASOLINI, Tutte le poesie, tomo I, cit., p. 185. Trad.: "Sera, alberi bagnati, / fanciulli lontani che gridano, (...)".
18. Cfr. STEFANO CASI, Pasolini. Un'idea di teatro, cit., p. 188. Trad.: “dolce cantare delle foglie” "Piano piano (...) suona / perduta, pei fossali".
19. Ibid. p. 189. Trad.:"(...) poiché non so preghiera, / non sento intorno un canto. / Perduto nella mia voce / io sento solo la mia voce / io canto la mia voce".
20. Cfr. Cant pal Siciliano di Bach, in FRANCESCA CADEL, La lingua dei desideri, Manni, Lecce 2002, p. 92. Trad: "Chiese scure e lontane".
21. Cfr. ANNA PANICALI, Le voci e la parola, in AA. VV., Pier Paolo Pasolini. L'opera e il suo tempo, cit., p. 170.