Pasolini in Friuli 9 – La guerra schifosamente orribile

Pasolini scrive a Franco Farolfi nell'estate del '43:
“La guerra non mi è mai sembrata tanto schifosamente orribile come ora: ma non si è mai pensato cos'è una vita umana?”
Autore:
Chieco, Mariella
Fonte:
CulturaCattolica.it

La sensibilità del giovane Pier Paolo lo porta a sentir battere in lui il cuore di tutto il paese, il cuore di tutti quei ragazzi, compagni di nuotate, che parlano solo di aeroplani e che lui definisce ironicamente «ignavi di storia e di letteratura». (74) Pasolini, invece, conosce Ippolito Nievo, la sua amata fontana di Venchiaredo che l'ha visto vivere, ridere, e improvvisamente morire. (75) L'idea che la morte, la guerra possano privarlo del volto di suo padre o dell'amico Ermes Parini (76) lo ferisce con un dolore «quasi fisico» che non riesce nemmeno ad esprimere perché «è troppo vivo, violento». E il felice ricordo di momenti sereni non suscita in lui vaghi tremori, ma lo richiama al presente crocifisso nel dolore scavato sul volto della madre.

“(...) E quegli incanti
- il fuoco acceso nella casa, il fumo
greve dell'aria fresca, i melanconici
lumi, la voce stanca di mia mamma –
ravviva questo odore
(...)".(77)

Scrive a Franco Farolfi nell'estate del '43:
La guerra non mi è mai sembrata tanto schifosamente orribile come ora: ma non si è mai pensato cos'è una vita umana?” (78)
Ma nonostante, o meglio, con tutto il dolore Pier Paolo rimane ancorato alla speranza che viene dalla poesia, dalla letteratura:
“(...) probabilmente devo la mia salvezza (non diventare maniaco, non consumarmi) alla mia fantasia, che sa trovare un'immagine concreta ad ogni sentimento (...). Così al doloroso e continuamente sofferto urgere dei sentimenti, corrisponde in me, un riordinamento poetico (... )” (79).
Pasolini continua a lavorare molto, la sua fantasia matura e raggiunge «una chiarezza di invenzione, che lo fortifica a vivere» (80); ma contemporaneamente, sente il peso dei suoi pensieri “(...) che da mille anni nascono uno dall'altro e sono soltanto miei. Vorrei gettarmi sugli altri, trasfigurarmi, vivere per loro.” (81)

NOTE
74. Cfr. il saggio di Cesare Bordotto dal titolo Con Pasolini nel tempo di Casarsa, in AA. VV., Ciasarsa, cit. p. 331.
75. Cfr. PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p. 173.
76. Nel '43 Pier Paolo non vede il padre, prigioniero in Kenya, da due anni mentre dell'amico Ermes Parini (detto Paria), che combatte in Russia, non sa più nulla e «può solo immaginarlo ferito, disperso, prigioniero».
77. La pioggia, in PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p. 164.
78. In PASOLINI, Lettere 1940-1954, cit., p. 179.
79. A Franco Farolfi, Casarsa, primavera 1943, in PASOLINI, Lettere 1940-1954, p. 170.
80. A Luciano Serra, Casarsa, 4 giugno 1943, in ibid., p. 174.
81. Cfr. ibid., p. 167.