Associazione Cultura Cattolica

I personaggi di G. K. Chesterton: assassini & co 1 – Tre tipi di delitti

Gli assassini di GKC possono essere catalogati in tre grandi categorie: la prima raccoglie i colpevoli meno colpevoli o meglio i più umani tra i colpevoli; nel secondo gruppo vi sono gli uomini che fondano tutta la loro esistenza su di una passione prevalente, che giunge ad oscurare tutto il resto. La terza, più rara categoria è quella degli assassini di ordine si può dire, filosofico, in cui il delitto non è che l'esito inevitabile e la prova più lampante di un errore teorico.
Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it

Nelle storie di Padre Brown troviamo, è ovvio, abbondanza di delitti e di colpevoli, ognuno con la sua storia, i suoi moventi e il suo finale destino di pentimento e redenzione o di ostinazione e di suicidio, figura esteriore di quella interiore distruzione di sé che è la dannazione. Descriverli tutti sarebbe impossibile. Essi possono essere catalogati in tre grandi categorie: la prima raccoglie i colpevoli meno colpevoli o meglio i più umani tra i colpevoli, quelli che commettono il delitto quasi come si cade in una buca, per una improvvisa mancanza di equilibrio; stanno a ricordare la lezione profonda del metodo di Padre Brown, che c'è un assassino nascosto in ogni uomo e che ognuno può essere cattivo, tanto cattivo quanto voglia così come può esser buono solo che lo voglia. “Naturalmente sir Arthur non era, letteralmente, un demonio: era un uomo con un carattere che si era evoluto da una natura che avrebbe potuto anche volgersi al bene. [...]. Sapete, vi sono delle costituzioni fisiche su cui una ferita non cicatrizza. Sir Arthur aveva una mentalità di questa specie. Era come se gli mancasse la pelle; la sua vanità era sempre in febbrile tensione; quei suoi occhi sbarrati rimanevano aperti per un egoismo insonne. La sensibilità non è necessariamente egoismo. Sybil Rye, per esempio, aveva la stessa sensibilità esasperata e si comportava come una specie di santa. Ma Vaudrey aveva volto tutto in un orgoglio che lo avvelenava, in un orgoglio che non era neppure sicuro e soddisfatto di se stesso. Ogni graffio alla superficie della sua anima suppurava”. (GKC, I racconti di Padre Brown, pag. 692).
Nella seconda categoria raccogliamo quelli per cui il delitto è l'esito di uno squilibrio più fondamentale; in loro il delitto è come in agguato e più facile come esito: sono gli uomini che fondano tutta la loro esistenza su di una passione prevalente, che giunge ad oscurare tutto il resto. La terza, più rara categoria è quella degli assassini di ordine si può dire, filosofico, in cui il delitto non è che l'esito inevitabile e la prova più lampante di un errore teorico.
Non ci occuperemo qui degli assassini del primo tipo; concentreremo piuttosto la nostra attenzione sulle ultime due categorie.