Autodifesa al processo
Autodifesa al processo contro M. I. Chorev, ministro della chiesa evangelica battista, condannato ad un anno e mezzo di lager in base all'articolo 142 del CP (separazione della Chiesa dallo stato). Durante la persecuzione sovietica i battisti si distinsero per testimonianza di fede e fortezza di spirito, indisponibile al compromesso. Anche per questo si spiega l'espandersi delle loro comunità nella Russia attuale. Mosca giugno 1966.- Curatore:
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Per discolparmi non mi sarei mai servito della facoltà di difesa; se si trattasse soltanto di me. Ma trattandosi di un compito affidatomi dalla Chiesa, ho accettato di difendermi
E’ vero, io ho preso parte attiva nel lavoro del Consiglio delle chiese. Non ebbi da svolgere compiti, ma vi ho impegnato tutte le mie forze, tutto quello che potevo. A questo sono stato spinto dall’amore per il Signore e per la Chiesa.
Il Procuratore ha detto che ho lasciato il lavoro per vivere delle offerte dei fedeli, ma questo non ha alcun fondamento e nulla lo conferma. Altrettanto falso è dire che sia stato l’amor proprio a farmi assumere il ministero. Se avessi pensato all’avanzamento di carriera, avrei dovuto percorrere altre strade, la strada del tradimento e dell’opportunismo. Ma la coscienza me lo impedisce. Fin dall’inizio del mio ministero sapevo che questa strada mi avrebbe portato sul banco degli imputati, perché i credenti sono perseguitati sempre.
Ora intendo fermarmi più dettagliatamente sui documenti del Consiglio delle Chiese, nel diffondere i quali ho impegnato tutte le mie forze. I documenti venivano stesi nelle riunioni del Consiglio. Tutti erano di carattere religioso, fondati sulla Sacra Scrittura. Contenevano pure notizie sulla vita dei prigionieri a causa della Parola di Dio, affinché i fedeli pregassero per loro. Inoltre comunicavamo l’opera del Signore nelle nostre comunità.
Io vengo accusato per aver partecipato alla riunione del 5 settembre 1965. Un testimone dice che la riunione aveva un carattere politico perché noi in ogni servizio religioso preghiamo per i prigionieri. Per un estraneo questo poteva apparire come una cosa strana, dal momento che da noi la libertà di professione religiosa è garantita dalla legge; si può pensare che i fedeli si trovino in prigione per aver commesso un delitto. Ma noi sappiamo che i nostri amici sono in prigione per aver annunciato il Vangelo. La Chiesa prega sempre per i prigionieri, e il Signore ascolta la sua preghiera: i nostri fratelli, scontata la pena, sono stati riabilitati.
Non posso tacere la questione dei bambini. Il testimone dichiarò che in uno dei nostri scritti ci fu un invito a lottare affinché nelle scuole introducessero l’insegnamento della religione ai bambini. Voglio citare letteralmente i tre testi. 1. “Noi predichiamo Cristo crocifisso”, 2. “Signore, tu sai che io ti amo”. 3. Sii esempio per i fedeli nelle parole, nella vita, nell’amore e nello spirito, nella fede e nella purezza”. Come si può capire non c’è nulla che riguardi la politica. Non intendo accusare il testimone, ma penso che i testi fossero sufficientemente chiari da poterli intendere nel loro significato.
Non corrisponde a verità la deposizione del testimone che alla nostra riunione nella città di Kiev sarebbe intervenuto un ragazzo perché si facesse una campagna per ottenere l’insegnamento religioso nelle scuole. In realtà successe questo: durante la riunione il ragazzo chiese la parola. Rivolgendosi ai genitori e a tutti i presenti, osservò che da quattro giorni i genitori avevano accompagnato a scuola i loro figli perché venissero istruiti. Noi chiediamo che durante tutti i servizi religiosi venga fatta memoria di tutti i bambini perché anche noi, come tutti, abbiamo le stesse anime immortali. Egli poi domandò di pregare affinché Dio aiutasse tutti i bambini a sopportare le difficoltà e a restare fedeli al Signore. “E non esprimo soltanto il mio desiderio, ma il desiderio di tutti i bambini. Bambini siete d’accordo?”. E i bambini, in coro, risposero: “D’accordo”.
Per quanto riguarda l’accettazione dei bambini in chiesa, posso semplicemente dire che questo non avviene. Noi accettiamo in chiesa solo attraverso il battesimo ricevuto liberamente in età adulta. Nelle nostre riunioni invece avvengono frequentemente riti penitenziali. Nella riunione di Kiev, una ragazza di 18 anni si rivolse alla Chiesa dicendo: “Pregate per me, io voglio servire il Signore”. Allora il presbitero chiese se vi era qualche altra persona che desiderava donarsi al Signore. Si presentarono alcune decime d persone. Allora abbiamo invocato il Signore su di loro. Non ci siamo mai rifiutati di educare i figli. Grazie a Dio non ci sono leggi che ci impediscano di educare i propri figli, e se pur ci fossero, noi, per amore dei propri figli, siamo pronti a sacrificare la libertà, ed anche la nostra vita.
Ora vorrei parlare dei documenti che riguardano l’inchiesta. All’ispettore è spiaciuto che noi preghiamo per i prigionieri, che di venerdì digiuniamo e preghiamo per le opere di Dio. Non gli è piaciuto neppure il materiale che riguarda il rito della consacrazione e il concetto che abbiamo del peccato; ma tutto questo non deve preoccupare nessuno. Non piace all’ispettore la lettera che abbiamo inviato alla commissione costituzionale dove i credenti chiedono al governo di formulare in modo preciso l’articolo della Costituzione sulla libertà di professione religiosa. Ogni persona può esprimere le sue proposte alla commissione; che poi siano accolte o meno, è un’altra cosa.
Il Procuratore ci accusa che continuiamo a radunarci senza aspettare la risposta del governo. Dal 1981 i credenti si rivolgono al governo per ottenere la registrazione della comunità. Le lettere non sono anonime, ma noi non abbiamo ricevuto risposta alcuna. L’unica cosa che noi domandiamo al governo è che ci permetta di riunirci in congresso. Lo testimoniano numerose lettere di singoli fedeli, delle chiese come pure del Consiglio delle Chiese.
Perché noi ci riuniamo in edifici non ancora registrati? per la semplice ragione che, senza alcun motivo, ci rifiutano la registrazione, mentre tolgono la registrazione a quelle comunità che la possiedono. Porto come esempio la comunità di Barnaul nel 1961.
Giudice: Gli avvenimenti di Barnaul non ci riguardano.
Chorev Parlo di questo problema perché ne ha parlato il Procuratore. A Barnaul il presbitero Sabbin fu destituito dai fedeli, ma lui si rivolse alle autorità e queste pretesero che Sabbin reintegrato nel suo rango. I fedeli rifiutarono e le autorità chiusero la casa di preghiere.
Ultima parola.
Sarò breve. Come ho già detto non mi riconosco colpevole di nulla. Di tutto quello che ho fatto non mi pento, non mi rincresce; come ministro della Chiesa sono totalmente tranquillo e sono pronto ad accettare qualsiasi condanna.
Al giudice non ho nulla da chiedere.
Pongo tutto ai piedi di Cristo.