Madre Angela Margherita Sacchi

Fonte:
CulturaCattolica.it

Madre Angela Margherita, al secolo Angela Federica Sacchi, era la priora in carica al tempo dell’istruttoria processuale.
Viene eletta abbadessa del monastero di S. Margherita, il 29 luglio 1606, cioè il giorno seguente l’omicidio della conversa Caterina Della Cassina da Meda, uccisa da Gio Paolo Osio con la compartecipazione di sr. Virginia e delle suore sue amiche e complici. Anzi, qualcuno sostiene che fu proprio la “misteriosa scomparsa” di Caterina, a far prevalere, in sede elettiva, il “partito” più intransigente ed “ostile” alla Signora.
Madre Sacchi è sicuramente al corrente della relazione esistente tra sr. Virginia e l’Osio. La cosa, infatti, va avanti da diversi anni e troppi sono i fatti, accaduti nel frattempo, che danno implicitamente conferma di tale “intensa amicizia”, senza contare che, sussurrato o apertamente sostenuto, questo è l’argomento che “va per la maggiore” nelle chiacchiere interne al monastero e nei discorsi che circolano in tutta Monza... e oltre.
Alla domanda iniziale, per così dire, “di rito”, se sappia il perché è stata chiamata a deporre, Madre Sacchi risponde apertamente: “Io mi immagino la causa per la quale v.s. è venuta qua et mi vogli esaminare sia per il sospetto che si ha che il signor Gio Paolo sia venuto in questa casa” e poi, dopo aver assicurato, dicendo “dirò quello che saprò”, che intende “collaborare con la Corte al fine di appurare la reale entità di quanto accaduto tra l’Osio e sr. Virginia”, risponde esaurientemente, anche se, a nostro giudizio, anche in modo “abbastanza superficiale”, a tutte le domande che le vengono poste.
Il suo atteggiamento, nei confronti di questa storia ci appare, infatti, piuttosto “distratto e distaccato”. La sua linea di condotta, stando alla testimonianza resa al processo, dà l’impressione di essere quella del “vivi e lascia vivere”. Non si schiera dalla parte di sr. Virginia, non tenta, cioè, di proteggerla o giustificarla come aveva fatto Madre Homati. Questo no. Ma neppure mostra di essersi, durante l’anno del suo priorato intercorso tra la sua elezione e il trasferimento di sr. Virginia nel Monastero milanese del Bocchetto, opposta apertamente al perdurare di questa situazione, intervenendo e prendendo provvedimenti, come aveva fatto Madre Imbersaga. No, Madre Angela Sacchi non prende posizione né a favore né contro. Si mostra “neutrale”, o almeno tale sembra voler essere.
Inoltre, dalla sua deposizione, imperniata spesso sul “sentei dire che…”, sul “so che alcune monache dicevano che…”, sul “si sospettava che”, sul “Io non lo so perché non l’ho sentito dire da persone che stiino fuori dal monastero ma ne habbiamo parlato così tra noi monache…”, sul “si vociferò che”, sull’“ho sentito dire per casa che…”, si deduce anche un altro aspetto del suo modo di rapportarsi a questa “storia”. Madre Sacchi si accontenta del “sentito dire”, non approfondisce i sospetti; non appura la veridicità di “certe voci”; non indaga in “foro esterno” su quanto si va dicendo, ormai sempre più apertamente, sia sulla piccante relazione di una sua monaca con il vicino, sia sui fatti ad essa correlati; ma si accontenta del “pettegolezzo” interno delle varie suore.
È come se preferisse “lasciar stare per quieto vivere”, quasi come se volesse, in un certo senso, “negare a se stessa” che la cosa esista realmente e non è solo una “malevola diceria” creata per alimentare “ghiotte chiacchiere”.
Eppure, interrogata durante il processo, mostra di “sapere”. Le risposte da lei date alle domande formulatele, dimostrano che ella “era al corrente” di quanto stava accadendo. Solo non prendeva posizione. La sua coscienza le impediva sicuramente di “approvare” tale situazione, ma, nel contempo, il timore, che probabilmente provava in sé, dei grattacapi e del “putiferio” che si sarebbe scatenato, qualora si fosse opposta a che sr. Virginia continuasse la relazione, sembrano bloccarla, spingendola, di conseguenza, ad una tattica di “mistificazione” se non di vera e propria “negazione”, di quanto sta accadendo entro le “sacre mura” del suo monastero.
La sentenza formulata al termine del processo, nei suoi confronti come in quelli di Madre Imbersaga, ed emessa sottoforma di “raccomandazione segreta di diffida”, è anche per lei la seguente: “in quanto colpevole ecc. … dovrebbe essere privata del suo incarico; tuttavia, per non recarle disonore, consiglierei che termini il mandato e non possa più essere eletta ad esercitare alcun incarico in detto monastero”.