Cantici d’Amore tra stupore e Mistero - 2 Tela: Cantico notturno
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L’imbrunire ha lasciato il posto alla notte. E’ il momento dell’attesa:
Io dormo, ma il mio cuore veglia.
Nell’albero della vita dalla inequivocabile forma dell’utero, la sposa giace addormentata. La ricerca dell’amato è costante; il richiamo dell’amore, quello vero, non cessa mai, perdura nell’inconscio:
sul mio letto, lungo la notte ho cercato l’amato del mio cuore.
L’allerta del cuore viene espressa nel profilo di un volto – quello della sposa stessa – dall’aria vigile e nella testa di animale con le corna ritte e l’occhio spalancato, posti tra le fronde dell’albero: un albero inclinato, mosso dall’austro o dall’aquilone simbolo dell’offerta piena e matura della donna. In questo amore-che-si-dona l’unità tra cielo e terra è ricomposta (in alto proprio sopra il capo dell’amata i due danzano tenendosi per mano). Nel sonno dell’amata l’unità dei due è misticamente ristabilita. Adamo infatti, grazie a un sonno mistico (tardemah in ebraico), aveva superato la sua solitudine scoprendo il volto di colei che gli era simile, un volto cercato e desiderato. Qui l’amata, come nuova Eva, celebra nel suo sonno un desiderio che superando i confini dell’eros, è anelito all’unione totale e totalizzante con l’amato.
Alla donna corrisponde la città addormentata, sulla quale vigila la luna. Essa ripete il profilo della chioma-grembo, è la città-madre, ma su di essa incombe la notte della dispersione. Vitebsk rappresenta in questo caso la città che si oppone al giardino, la città delle guardie che percuotono la sposa e che ritardano l’incontro con l’amato sul monte degli aromi. L’amata infatti, siede alla radice dell’albero, ha indossato di nuovo le sue vesti vagando alla ricerca dell’amato lungo la notte della solitudine.
La direzione della composizione è mutata rispetto al primo quadro. Qui l’orientamento è da destra verso sinistra, quello cioè della scrittura ebraica – lingua sacra per eccellenza nell’ebraismo -, segno del kairos, di un tempo che ha da compiersi perché voluto da Dio. L’amata, nel suo sonno, esprime l’attesa certa e fiduciosa di questo compimento; lo sposo, invece, nei panni di Davide cerca in un’altra direzione e canta solitario nel cielo dei sogni dell’amata. Il trono campeggia vuoto sul monte degli aromi: la donna della discendenza promessa è ancora lontana.
Nella prima tela veniva ritratto il mondo rotto in frammenti entro quale l’amore è il polo d’attrazione che riconduce tutto all’unità. Qui vediamo l’unità e circolarità dell’amore costantemente minacciata: La mano dell’amato si protende verso la luna, simbolo della sposa-Israele, ma non la può raggiungere:
Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio
e un fremito mi ha sconvolta.
Mi sono alzata per aprire al mio diletto
e le mie mani stillavano mirra,
fluiva mirra dalle mie dita
sulla maniglia del chiavistello.
Ho aperto allora al mio diletto,
ma il mio diletto già se n’era andato, era scomparso. (Ct 5, 4-6).