Cantici d’Amore tra stupore e Mistero - 2: Il Museo Biblico

Fonte:
CulturaCattolica.it

Chagall incomincia a lavorare attorno alla serie dei dipinti sul Messaggio Biblico nel 1955, è un periodo fecondo per lui, di rinascita. Nel 1944 infatti, 11 anni prima, durante il suo soggiorno americano la amatissima moglie Bella, muore improvvisamente a causa di una misteriosa infezione virale. Per nove mesi Chagall si rifiuterà di dipingere e anche in seguito, allorché riprese, i colori delle sue tele si erano spenti. ("Tutto diventa nero ai miei occhi" Chagall, 2 settembre 1944) Una relazione con la sua segretaria, Virginia – dalla quale avrà un figlio, David -, risollevò un poco l'animo di Chagall, ma non fu sufficiente, sette anni più tardi Virginia lascerà Marc portando con sé il figlio.
Ida, figlia di Chagall e Bella, le presentò l'anno dopo, nel 1952, una donna di 25 anni più giovane di lui, Valentina Brodski, di origini ebreo-russe. Fu un colpo di fulmine, nel luglio del 1952 i due si sposarono. Vavà resterà al fianco di Marc tutta la vita.
A Vavà ma femme ma joie et mon allegrésse è la dedica di Chagall alla moglie, che compare all'ingresso della sala del Cantico dei Cantici

Bella e Vavà furono il grande amore di Chagall, senza un riferimento ad esse, è impossibile comprendere il Cantico. Fu amore duplice, eppure inscindibile perché unica e intensa fu l'esperienza di pienezza vissuta da Chagall.
Queste due donne entrano in vario modo nelle opere di Marc, ma nel Cantico esse sono presenti in particolare nel tema delle due città: Vitebsk e Saint Paul de Vence. Bella è da associarsi a Vitebsk per l'amore che questa donna ebbe nei confronti della cultura jiddish; Bella fu insieme profondamente russa profondamente ebrea. Vavà, invece, fu piuttosto indifferente alle sue origini ebraiche, lavorava nel campo della moda quando conobbe Marc, e apparteneva in tutto alla cultura occidentale, in lei si ravvisa la città di St Paul de Vence.
Come le due donne si fondono nell'esperienza unica e irripetibile dell'Amore così le due città si fondono in un'unica città ideale, la città eterna, Gerusalemme. Nel quarto quadro del Cantico, infatti, quello dell'amore pienamente realizzato, compare solo Gerusalemme che assume in sé le due città.

Addentriamoci allora lentamente nelle stanze del Museo tenendo sullo sfondo alcuni dati, necessari per capire l'alfabeto di Chagall.
Il Museo Biblico è anche tempio, nasce e si sviluppa a partire da un'antica cappella di Vence, Chagall volle che fosse un inno alla creatività umana, attività che rende l'uomo vicinissimo a Dio. Bereshit barà elohim (In principio Dio creò…): il volto del Dio creatore è il primo ritratto che la Bibbia ci offre dell'Eterno.
Tra le varie attività creative dell'uomo, due stavano particolarmente a cuore a Chagall: l'arte figurativa e l'arte musicale. Forma, colore e musica sono per Chagall gli strumenti dell'uomo perché la vita divina canti in lui. Nel Museo Biblico l'auditorium e la sala del Cantico sono quegli estremi che includono e serrano l'intera architettura, entrambi sono a pianta esagonale. Anche nell'auditorim ricorre il tema della coppia umana, Chagall infatti ha dipinto all'interno del coperchio del clavicembalo Isacco e Rebecca.
Nel tragitto disegnato dalle stanze del Museo Biblico di Chagall, il Cantico dei Cantici è l'ultima tappa. Entrando il visitatore si trova immerso nell'abbraccio caldo e passionale del rosso delle tele, la stanza esagonale invita a collocarsi al centro per contemplare le immagini. Come nella rivelazione ebraico cristiana il termine è anche il cuore della fede del credente – pensiamo alla valenza della promessa di una discendenza per Abramo, o a quella dell'era messianica per Davide, pensiamo alla promessa del ritorno di Gesù per un cristiano - così il Cantico risulta essere punto d'arrivo e insieme cuore della meditazione biblica chagalliana.

Entrati nella stanza siamo al centro di un esagono: siamo all'interno di un cerchio racchiuso da sei lati: siamo dentro la promessa dell'eternità – del giorno del riposo - sigillata dentro i sei giorni della ferialità. Sei è anche il numero degli ordini della Mishnà, parte fondamentale del Talmud. L'esagono è la figura geometrica incastonata entro la stella di David, motivo ricorrente nelle opere di Chagall: la storia di un popolo, la storia di questo popolo ha dischiuso all'uomo il disegno eterno di Dio, il progetto di un amore senza confini e senza termine. Attorno a noi contempliamo cinque tele: cinque come i poemi del Cantico, cinque come anche i rotoli della torà. Per giungere alla sala del Cantico siamo passati attraverso un percorso biblico di dodici quadri: dalla creazione dell'uomo a Mosè che riceve la tavole della legge. Un piccolo atrio separa le due sale, un vano bianchissimo in cui riposare lo sguardo ed essere poi immersi nell'infuocato panorama del Cantico.
Là dodici dipinti, qui cinque quadri in sei lati. Cinque più sei, cioè undici. Il centro entro il quale ogni visitatore viene invitato a porsi per contemplare le opere è il dodicesimo spazio, è quell'Uno a cui tutta l'opera vuole far pervenire.
La vita, la torà e l'amore segnano lo sviluppo della sinfonia di forme e di colori di Chagall. Il Cantico si sviluppa attorno a simboli bipolari che l'amore ha il compito di ricondurre all'unità. La parola vita, ad esempio, come Gerusalemme, nell'ebraico è parola duale. Vita è anche il nome della prima donna, Eva. L'altro volto della donna è l'uomo, l'Adam, il cui nome ha la stessa radice della parola terra. La terra quando "incontra" la vita fiorisce nel giardino, un simbolo ricorrente nelle tele del Cantico. Il giardino è allora l'unità dei due prefigurata e benedetta dalla Presenza dell'Uno.
Altro simbolo presente nel Cantico, oltre a Davide - cantore di Dio e dell'amore umano -, è l'albero della vita. Il perno, il capitolo, attorno al quale si avvolge il rotolo della torà è chiamato in ebraico "albero della vita" (sarebbe interessante a questo proposito ripensare all'espressione di Paolo secondo cui Cristo è il capitolum, Colui che ricapitola, l'intera creazione, Cristo la cui croce è albero della vita, Cristo così ricorrente nell'arte di Chagall). La torà riporta l'uomo alla bellezza originaria, l'amore che lega un ebreo alla torà è amore passionale e ardente, con la torà si danza, la torà è la guida dentro le oscurità del mondo, perciò torà e donna, donna e vita, sono gli accordi dell'unica grande sinfonia dell'amore.

Ecco perché le tele sono in rosso, il colore dell'amore passionale, il colore del sangue in cui scorre la vita, il colore dei veli che proteggevano la torà. Il rosso è il cantus firmus il tema musicale dominante che avvolge lo sviluppo cromatico dell'intera melodia.

Ogni tela è un frammento del Cantico integrale. Le immagini non obbediscono alla sequenza della lettura del testo biblico, ma evocano continuamente i motivi dominanti e i dettagli simbolici dell'intero poema.
Collocati al centro della stanza possiamo, dunque, guardare il Cantico partendo da qualunque punto. Spontaneamente però lo sguardo si dirige verso la prima tela a sinistra dell'entrata. I quadri non hanno titolo, alcuni titoli sono stati suggeriti da un grande amico e conoscitore di Chagall: Padre Klaus Mayer. Saranno questi titoli ad aiutarci nella lettura del Cantico di Chagall.