Testo giovanneo

Il "vedere" in Giovanni
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Il Vangelo pone non pochi problemi agli studiosi, problemi cui, per correttezza, vogliamo qui solo accennare brevemente, poiché esulano dall’intento della nostra lettura che vuole essere principalmente contemplativa.
Il vangelo di Giovanni ha diversi punti di contatto con i Sinottici, si riconoscono però in esso fonti e tradizioni proprie risalenti alle chiese giovannee.
Giovanni condivide con gli altri sinottici: il ministero e testimonianza di Giovanni Battista (Gv 1,19-36; Mc 1,4-8); la purificazione del Tempio (Gv 2,14 16; Mc 11,15-19); la moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-13; Mc 6,34-44); il cammino sulle acque (Gv 6,16-21; Mc 6,45-52); la richiesta di un segno (Gv 6,30; Mc 8,11); la confessione di Pietro (Gv 6,68-69; Mc 8,29); l’unzione di Gesù (Gv 12,1-8; Mc 14,3-9); l’ingresso in Gerusalemme (Gv 12,12-15; Me 11,1-10); l’ultima cena e la predizione del tradimento (Gv 13,1-30; Mc 14,17-26); l’arresto (Gv 18,1-11; Me 14,43-52); la passione (Gv 18,12-19,30; Mc 14,53-15,41); la sepoltura e la tomba vuota (Gv 19,38-20,10; Mc 15,42-16,8); Gesù appare alle donne (Gv 20,11-18; Mt 28,1-10); Gesù appare ai discepoli in Gerusalemme (Gv 20, 19-23; Lc 24, 36-49); Gesù appare ai discepoli in Galilea (Gv 21,1-19; Mt 28,16-20; un’apparizione in Galilea; Lc 5,1-11 una pesca miracolosa). La guarigione del figlio di un funzionario regio in Gv 4,46-54 può essere collegata con le guarigioni in Mt 8,5-13 e Lc 7,1-10, e la guarigione del cieco nato in Gv 9 è parallela alle guarigioni di ciechi nei sinottici (p. es., Mc 8,22-26; 10,46-52).
La fonte indipendente a cui Giovanni fa riferimento è invece riconoscibile, ad esempio, nei lunghi discorsi di addio (Gv cap 15-17); in alcuni miracoli – che nella tradizione giovannea sono sempre definiti segni – come quello delle nozze di Cana o di Lazzaro (Gv 2,1-12 e Gv 11, 1-54); nel discorso sul Pane della Vita a Cafarnao (Gv 6); in alcune figure come Natanaele (Gv 1,45-51), la Samaritana (Gv 4, 1- 42) e Nicodemo (Gv 3, 1-21); alcuni particolari degli eventi della passione come ad esempio la lavanda dei piedi (Gv 13, 1-11) che, come è noto, sostituisce l’Istituzione dell’Eucaristia – assente in Giovanni –, oppure alcune espressioni del dialogo con Pilato, la consegna di Maria al discepolo amato e le parole di Gesù sulla croce.

Il quarto Vangelo differisce dagli altri sinottici anche nella forma: è scritto - per così dire - a cerchi concentrici, gli elementi, i temi sono concatenati. Da qui derivano diverse proposte di lettura. È possibile leggere il Vangelo guardando alla scansione delle feste giudaiche. A differenza dei Sinottici, infatti, Giovanni distribuisce il ministero di Gesù nell’arco di tre Pasque, variando così anche l’ambientazione geografica del suo Vangelo. Mentre i Sinottici collocano la vita pubblica di Gesù per gran parte in Galilea, ponendo in Giudea gli episodi che riguardano soprattutto l’ultima parte della sua vita, Giovanni alterna episodi della vita di Gesù ora in Giudea ora in Galilea, concentrando tuttavia la sua attenzione soprattutto a quelli ambientati in Giudea.
È possibile ancora ripercorrere l’intero Vangelo inseguendo alcuni temi fondamentali, come quello dell’«ora» connesso al tema della gloria, oppure quelli della luce e dell’acqua connessi al tema della vita e della morte.
Si potrebbe guardare al Vangelo anche attraverso i segni o i miracoli, che hanno il compito risuscitare la fede in Gesù. A differenza dei Sinottici, che ci testimoniano fino a trenta miracoli, Giovanni ne racconta solo sette. Numero certo non causale che ha il compito di condurre all’ottavo e ultimo grande segno, quello della Pasqua di Gesù, della sua risurrezione. Va detto che, tra i segni che riguardano guarigioni prodigiose, Giovanni non riporta alcun esorcismo, Gesù e i discepoli sono chiamati a lottare con un nemico la cui potenza è di questo mondo e dunque rimane intessuta nelle pieghe della storia, nelle trame del potere e dell’egoismo umano, in definitiva nella cecità di chi si ostina a non vedere la Presenza.
Alcuni dividono il Vangelo in due grandi parti definendo la prima - quella che interessa la vita pubblica di Gesù - il libro dei segni e la seconda parte - quella degli ultimi eventi della vita di Gesù - il libro della gloria.

Noi vogliamo leggere il quarto vangelo cercando di entrare nello sguardo del suo Autore. Il verbo «vedere» ha, infatti, un’importanza particolare in Giovanni. Lo studioso de la Potterie rileva quattro diversi verbi per dire una particolare maniera di vedere.
Il primo verbo, il più neutro è βλέπειν (blèpein - blepo) cioè scorgere. Lo troviamo nelle prime pagine del Vangelo quando il Battista scorge Gesù (Gv 1,29)
Il secondo verbo, usato più spesso nel Vangelo, è Θεωρειν (theorein - theoreo da cui teoria). Il verbo descrive lo sguardo attento, osservatore viene usato da Giovanni nei riguardi di chi vede i segni che Gesù fa (Gv 2,23; Gv 6,29). È già lo sguardo della fede, anche se non una fede piena bensì quella di un cuore che è potenzialmente aperto al Mistero.
Il terzo verbo è Θεασθαι (theasthai - da cui deriva il termine teatro). È il verbo che indica il contemplare è lo sguardo stupito da ciò che vede e, in qualche modo, già conquistato. Quando è applicato al modo con cui i discepoli guardavano Gesù, indica il loro vedere oltre la sua umanità per considerarne già la gloria della divinità. Esempio tipico lo troviamo nel Prologo di Giovanni: Abbiamo contemplato la sua gloria, la gloria dell’unigenito, venuto da presso il Padre (Gv 1,14).
Il quarto verbo è il più comune dal punto di vista lessicale, ma è anche il più denso di significato, la forma verbale più completa: si tratta del verbo comune orao - vedere usato però al perfetto: έώρακα (èoraka da cui eureka). È il verbo appunto di chi ha visto e ne dà testimonianza perché ne conserva memoria. L’espressione implica l’aver visto e compreso, indica il vedere simbolico che di fronte a una fatto è capace di rievocare, mediante la memoria, molti altri fatti e giungere alla comprensione che trasforma la vita (es Gv 14,9).

È, quindi, attraverso la molteplicità di questi sguardi che iniziamo ad avventurarci tra le pagine del vangelo di Giovanni.